Licenziano, sperperano i soldi, se ne fregano dei lavoratori. Il meschino stupidario delle ultime settimane, che abbiamo letto e ascoltato sulle pagine di alcuni giornali e tra i banchi del Parlamento, racconta bene l'isteria generale di questo governo. Nervoso dal consenso calante, mostra i muscoli per nascondere una realtà ben diversa e più complicata rispetto a quella fumosa vaneggiata nelle promesse elettorali divenute irrealizzabili.

E così, non essendo avvezzo a un confronto sociale e non contemplando l'idea che possa esserci un’opposizione nel Paese reale, l’arma più congeniale da utilizzare è quella della denigrazione. Tipica tecnica squadrista abusata in un passato a loro caro e ora sfoderata come un moschetto contro l’avversario di turno che prova, in estrema solitudine, a raccontare un’altra Italia, diversa dalla patinata brochure del primo anno meloniano.

La precarietà dilaga, l’inflazione galoppa, la povertà aumenta, il disagio esplode ma la risposta non è cercare soluzioni bensì silenziare e infangare chi prova a disturbare il manovratore avanzando proposte a un’emergenza a tratti drammatica. Silenziare e infangare con ricostruzioni infondate, refusi di forma e di sostanza, numeri sparati a caso, veline senza riscontro, fonti anonime e probabilmente inesistenti. C’è tutto quello che un aspirante giornalista non dovrebbe mai collezionare se volesse intraprendere con onestà deontologica questa vituperata professione.

La Cgil avrà pure dei difetti, ma sul rigore nel difendere i diritti dei lavoratori può dare lezioni a tutti. Da chi a sinistra ha precarizzato il lavoro a chi a destra lo ha svuotato della sua dignità. Non siete d’accordo sull’introduzione del salario minimo? Non vi convince la battaglia contro i voucher e il subappalto? Ve ne infischiate della progressività fiscale o dei morti sul lavoro? Bene, rispondete nel merito, argomentate la vostra idea di Paese, proponete un'alternativa, ma non inquinate il dibattito aggrappandovi allo specchio viscido di una campagna mediatica patetica e farlocca.