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Il rapporto fa paura. Un positivo ogni tre lavoratori. In tutto 182 operai contagiati su 560 tamponi eseguiti. Sono i numeri del focolaio che si è sviluppato nello stabilimento agroalimentare Aia di Vazzola, nel trevigiano. Tutto è iniziato qualche giorno fa. Si tratta di lavoratori asintomatici, ora in quarantena. Lo stabilimento però non ha chiuso. Dopo un vertice in prefettura tra azienda, istituzioni sanitarie e locali e organizzazioni sindacali è stato deciso di dimezzare la produzione, distanziare le postazioni operative e diminuire il numero degli addetti per turno. Una chiusura totale dell’attività avrebbe comportato un rischio igienico sanitario dovuto all’aumento del numero dei capi di pollame.
Per Sebastiano Calleri, responsabile salute e sicurezza della Cgil nazionale, la scelta è stata giusta. “Nell’allevamento e nella macellazione delle carni – spiega il sindacalista – il rischio di contagio è alto per via del tipo di lavorazioni, dell’ambiente in cui queste avvengono e del contatto ravvicinato tra lavoratori che inevitabilmente comportano. Ricordiamo infatti i focolai esplosi in diversi Paesi europei come Francia e Germania. In questo caso specifico si è reagito correttamente attivando un comitato territoriale in prefettura che adottasse misure di contenimento adeguate. Eppure - prosegue Calleri – questo caso ce la dice lunga su quanto abbiamo ancora in ballo nel prossimo futuro in tema di salute e sicurezza”.
A marzo scorso e poi ad aprile sono stati siglati dei protocolli che, a livello nazionale, hanno consentito di gestire l’emergenza e poi via via le varie fasi della riapertura. Il riaccendersi di nuovi focolai in prossimità della terza fase che prevede il riavvio delle scuole e il ritorno per molti all’attività in presenza rende le prossime settimane tra le più delicate. Situazioni come quella del trevigiano impongono la domanda se quei protocolli siano applicati a dovere e se siano ancora attuali.
“Quelle misure – spiega ancora Calleri - hanno avuto un buon livello di diffusione che abbiamo potuto concretamente testare nel gran numero di accordi siglati sul territorio e nelle varie aziende. Qualche problema serio sull’applicazione però c’è e lo abbiamo fatto presente al governo durante l’ultimo incontro con il ministro del Lavoro Nunzia Catalfo. Però abbiamo anche ottimi esempi e l’efficacia del protocollo è dimostrata dal fatto che in sua assenza la conta della morbilità sarebbe stata sicuramente più pesante ed elevata. Come in tutte le cose ci sono esigenze di adattamento e questa è una situazione in divenire. Non ci troviamo sicuramente nelle stesse condizioni di marzo e aprile e disponiamo di mezzi migliori per comprendere il virus, detto questo non possiamo certo cedere alla tentazione di mollare e tornare a ‘come era prima’, insomma l’attenzione non deve scemare e il protocollo andrà di volta in volta adeguato alla realtà che la pandemia ci presenterà davanti”.
Come nel caso dello stabilimento trevigiano dell’Aia saranno determinanti anche i meccanismi di concertazione e confronto. “È ovvio – conclude Calleri – che non esistono compartimenti stagni. Che i settori economici così come le persone e le loro reti sociali sono sempre interdipendenti. Vale per questo caso – alcuni dei lavoratori positivi erano rientrati dalle vacanze – ma è vero sempre. Pensiamo quindi all’impatto che avrà la ripresa delle attività in presenza e la riapertura delle scuole sui trasporti pubblici dove si viaggia assieme. Ignorare il problema del contagio sulla base di statistiche variamente interpretate che considerano tutto finito già a giugno sarebbe un errore grave. È comunque responsabilità di tutti rendersi conto che questa situazione va presa in carico dall’intera comunità come dalle istituzioni. Laddove ci sono questa consapevolezza e istituzioni che agevolano processi decisionali che possono indurre le aziende ad adottare comportamenti più adeguati e a organizzarsi in modo da tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori e della cittadinanza si possono evitare i cluster che invece potrebbero, se fuori controllo, costringere a nuove isole di lockdown e chiusure”.