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Sono sedici le persone coinvolte nel blitz condotto la scorsa notte (9 dicembre) dai carabinieri a Manfredonia e in altri comuni della provincia di Foggia. Cinque arresti, undici persone con obbligo di firma. Tra loro spicca il nome della moglie del prefetto Michele Di Bari, alla guida del dipartimento per le Libertà civili e l’immigrazione del ministero dell'Interno che annuncia le dimissioni. Le accuse sono pesantissime: è caporalato. Ennesimo caso di lavoratori pagati 5 euro a cassone di pomodori e costretti a lavorare dalla mattina alla sera.
“La notizia ci riempie di sgomento. - commenta il segretario generale della Flai Cgil Giovanni Mininni - Si susseguono i casi in cui il fenomeno viene contrastato dalle forze dell’ordine senza che però nulla avvenga in termini di contrasto preventivo, con i mezzi che esistono e sono previsti dalla Legge 199”.
“Questo ennesimo episodio ci racconta di dimostra la necessità della piena applicazione della legge 199/2016, cioè l’attuazione concreta della parte preventiva che consentirebbe un accesso trasparente e regolare al lavoro. È necessario intervenire con controlli sulle condizioni di lavoro e applicazione dei contratti, con azioni su alloggi e trasporto, i nodi, cioè, su cui si sviluppa il caporalato e lo sfruttamento da parte di intermediari e datori di lavoro senza scrupoli. Lo strumento per fare tutto ciò – prosegue Mininni - lo indica la legge e sono le sezioni territoriali della rete del lavoro agricolo di qualità, delle quali chiediamo in tempi celeri l’istituzione in tutte le province, un tassello fondamentale per dare un colpo decisivo a chi approfitta dello stato di necessità di tanti lavoratori”.
Forte la preoccupazione per il coinvolgimento tra le 16 persone anche della moglie del prefetto Michele Di Bari. "Una circostanza - conclude Mininni - che leggiamo dalle cronache di questa mattina, che ci provoca grande preoccupazione e connota la gravità e l’estensione del fenomeno del caporalato e sfruttamento e del suo giro di affari”.