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Debole strutturalmente e ben lontano dai risultati, nemmeno questi tanto buoni, della media nazionale: soffre il mercato del lavoro in Sardegna, per il basso tasso di occupazione e l’elevata diffusione della precarietà. Non è un caso che la Cgil dedichi questo Primo Maggio alla raccolta firme per i quattro referendum promossi dall’organizzazione: “Restituire centralità e valore al lavoro è per noi il senso di questa grande giornata di mobilitazione”, ha detto il segretario generale della Cgil Sardegna Fausto Durante, sottolineando che “il lavoro deve recuperare dignità e sicurezza, e questa Festa dei Lavoratori, con la campagna referendaria, vogliamo segni finalmente una svolta”. Ovunque possibile, il sindacato raccoglierà le firme per i quattro quesiti contro la precarietà, i licenziamenti facili, la giungla di appalti e subappalti.
Secondo i dati Istat il tasso di occupazione è passato dal 54,9% (2023) al 56,1% ma fatica a raggiungere la media italiana, già indietro nel confronto con i Paesi Europei più competitivi, sopra il 60%. L’occupazione cresce per le donne mentre resta stabile quella maschile, con una precisazione: si tratta di valori che non compensano la differente partecipazione al mercato del lavoro tra i generi (63% a fronte del 49,1%). Le analisi sulla qualità della domanda di lavoro da parte delle imprese, come mostrano i dati Inps sulle nuove assunzioni nel 2023, confermano la prevalenza di rapporti di lavoro precari o a termine. I contratti stabili sono appena l’11,2% sul totale delle assunzioni. Lo svantaggio è sulle spalle delle lavoratrici: il 45,4% firma un contratto precario contro il 41% dei lavoratori, percentuale che arriva all’88,8% di contratti a tempo determinato, (86% quelli degli uomini). Questa condizione genera una percezione di insicurezza anche tra le donne che una occupazione ce l’hanno, magari anche stabile: il 5,4%, circa un punto percentuale in più rispetto agli uomini, ritiene di poter perdere il posto di lavoro nei prossimi sei mesi e di avere scarse possibilità di trovarne un altro.
E ancora, significativo l’indicatore relativo al part-time involontario. Il rapporto Bes posiziona la Sardegna al secondo posto, dopo la Sicilia, per percentuale di occupati che non riescono a trovare un lavoro a tempo pieno: il 16,1% a fronte di una media nazionale del 10,2%, ma per le donne il dato sale al 23,4% (in Italia il 15,6%).
Oltre alle donne, i giovani si confermano tra i più vulnerabili: seppur in crescita rispetto all’anno precedente, il tasso di occupazione tra i 15 e i 24 anni è appena il 18,5%, a conferma di un mercato del lavoro che non solo trattiene più a lungo ma favorisce i lavoratori più adulti. Alle difficoltà di inserimento si aggiunge la precarietà: 9 rapporti di lavoro su 10 che hanno riguardato i giovani non erano stabili. Davanti a questo scenario, i più istruiti o si adattano a un lavoro meno qualificato rispetto al proprio livello di istruzione o scelgono di emigrare in regioni o Paesi dove le competenze hanno un valore.
“In questo contesto – aggiunge Fausto Durante – i provvedimenti annunciati dal governo nel decreto 1 Maggio non sembrano in grado di determinare sviluppi positivi: l’una tantum sulle tredicesime varrà solo per il 2025 e la prevista decontribuzione per le nuove assunzioni ha già dimostrato di non influire, se non in maniera marginale, nei programmi di incremento del personale delle imprese”.
Secondo la Cgil “servirebbe, invece, agire per contrastare la precarietà, gli abusi nei contratti a termine, la riduzione di diritti e tutele nella catena degli appalti, i tempi di rinnovo dei contratti collettivi”.