“Un brutto gesto d'inciviltà nei confronti dei lavoratori, che protestano per un contratto negato da oltre dodici anni. Ma se pensano di spaventarci o di rimanere asserragliati dietro un cancello chiuso, si sbagliano di grosso. Questa mobilitazione crescerà ancora e non ci fermeremo fino al rinnovo dei contratti”. Così Natale Di Cola, Roberto Chierchia e Sandro Bernardini, segretari generali di Fp Cgil Roma e Lazio, Cisl Fp Lazio e Uil Fpl Roma e Lazio, dopo che stamattina un centinaio di lavoratori in presidio davanti alla sede nazionale dell’Aris, l’associazione datoriale della sanità religiosa, si sono trovati di fronte una porta sbarrata. E di ricevere i rappresentanti sindacali che chiedevano d'incontrare i vertici dell’associazione, neanche a parlarne.
“Hanno chiuso le trattative qualche settimana fa, proponendo un rinnovo a zero euro. Non basta negare salario, diritti e tutele, ora chiudono anche le porte in faccia ai lavoratori ”, denunciano i tre dirigenti sindacali. “La maschera che pretendono d'indossare di fronte a cittadini e utenti è caduta. Ecco di che pasta sono fatti gli imprenditori della sanità accreditata religiosa: dentro i profitti e fuori le professionalità, dentro i soldi e fuori i lavoratori. Una vergogna, su tutta la linea”.
“Intanto, domani saremo all’ospedale San Carlo di Nancy e il 22 marzo alla sede Aiop, l’associazione della sanità privata laica”, rilanciano i sindacalisti. “Rabbia e risentimento non si fermeranno certo con gesti come questo. Ci sono 25.000 lavoratori che pretendono il sacrosanto rispetto del diritto costituzionale alla giusta retribuzione e al contratto. Gli stessi, che da più di un decennio mandano avanti, nonostante tutto, quasi la metà dei servizi pubblici alla salute della Regione Lazio. Il tempo della pazienza è finito: contratto subito”.