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“La Cgil ha legato il tema della difesa e del rilancio del Servizio Sanitario Nazionale, del diritto alla salute e delle tutele ai non autosufficienti a quello della cosiddetta autonomia differenziata e dello stravolgimento della Repubblica parlamentare”. A scriverlo, in una nota congiunta, Angelo Sposato, segretario generale Cgil Calabria, Alessandra Baldari, segretaria generale Fp Cgil Calabria, Carmelo Gullì, segretario generale Spi Cgil Calabria e Francesco Masotti, Fp Cgil Medici Calabria.
Ricordando il lungo percorso di mobilitazione messo in campo da Cgil e Uil in questi mesi, la nota ricorda la “tempesta perfetta” che si è scatenata sul Servizio Sanitario Nazionale e i “segnali” del suo graduale ma inarrestabile declino. Dal persistente definanziamento (37 miliardi di euro di tagli negli ultimi 10 anni), alle disuguaglianze e alle divisioni create da 20 diversi sistemi sanitari regionali, fino ad arrivare al crescente invecchiamento della popolazione e alla riduzione progressiva del personale per la fuoriuscita anticipata di decine di migliaia di medici e operatori sanitari, con la difficoltà, quindi, di riuscire a tenere aperti i reparti ospedalieri o di assicurare l’assistenza di base ai cittadini.
I dirigenti della Cgil calabrese citano i dati dell’Osservatorio nazionale sulla salute, secondo cui nei prossimi dieci anni il Servizio Sanitario Nazionale si troverà con circa il 25% di personale in meno. Una carenza cui sarà impossibile ovviare “importando” medici stranieri o richiamando in servizio medici in pensione.
“In un Paese dove aumenta la vita media e crescono le malattie croniche – si legge nella nota – il problema diventa l’assistenza e la cura della persona. Senza investimenti e risorse adeguate il Servizio Sanitario Nazionale pubblico e universale non potrà sopravvivere. Serve, invece, come sosteniamo da tempo, un piano straordinario di riordino dei servizi, di assunzioni e di investimenti nella sanità pubblica con un incremento stabile del finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale che lo riporti in linea con la media degli altri paesi europei e l’eliminazione dei vincoli del tetto di spesa per il personale degli enti dei Servizi Sanitari Regionali”.
La grave situazione della Calabria
In Calabria, denuncia la Cgil, la situazione è persino più grave. “Già a distanza di dieci anni dalla regionalizzazione della sua sanità, la regione è piombata all’interno di un pesantissimo piano di rientro, con ricadute negative in termini di blocco delle assunzioni e di mancate risposte ai bisogni di salute dei cittadini”.
“A oggi – si ricorda – siamo all’attuazione del quinto Programma Operativo senza alcun risultato concreto: livelli essenziali di assistenza sotto la soglia della sufficienza e una migrazione sanitaria che mette in serie difficoltà i cittadini e svuota le casse regionali. Situazione che, negli ultimi quattro anni e mezzo di guida della Regione da parte del centrodestra calabrese, è peggiorata. Lo attestano i cittadini che chiedono assistenza e cure ed è certificato dal sistema di monitoraggio dei Lea dall’Agenas e da organismi indipendenti come la Fondazione Gimbe”.
“E, intanto, la Calabria continua a non spendere per garantire l’assistenza sanitaria ai suoi cittadini, a tal punto che i tecnici dei ministeri della Salute e di Economia e Finanza nell’ultimo verbale dello scorso 22 gennaio scrivono che ‘l’avanzo che si osserva dopo le coperture nell’anno 2022 è collegato al ritardo degli interventi, come anche evidenziato dai numerosi accantonamenti delle risorse del Fondo sanitario regionale indistinto e vincolato, che avrebbero dovuto essere messi in atto per il potenziamento dei Lea, auspicati dalle numerose iniziative legislative nazionali a sostegno della Regione Calabria intervenute negli anni e dall’iscrizione dei contributi dello Stato a sostegno del Piano di rientro della Regione Calabria che appaiono non utilizzati’.
Dello stesso avviso l’ultima relazione annuale della Corte dei Conti, citata nel comunicato, che parla di “contributi dello Stato a sostegno del Piano di rientro della Regione Calabria che appaiono largamente non utilizzati” e di “ritardo degli interventi che avrebbero dovuto essere messi in atto per l’erogazione dell’assistenza sanitaria attraverso il potenziamento dei LEA. L’avanzo al 31 dicembre 2022 – chiosa la Corte dei Conti – non fotografa in maniera veritiera e corretta la situazione del sistema sanitario calabrese”.
“Rilanciamo con forza – scrive la Cgil Calabria – l’impegno assunto dalla presidenza di Giunta regionale, a oggi disatteso, ad attivare tavoli di confronto continuo di livello regionale prima e delle Aziende Sanitarie Provinciali a seguire in cui operare la contrattazione socio-sanitaria territoriale, quale aspetto di fondamentale importanza nel complesso lavoro di riorganizzazione del Servizio Sanitario Regionale”.
“Se l’impegno assunto non sarà rispettato mobiliteremo lavoratori e i cittadini a difesa e tutela del diritto a curarsi ed essere assistiti nel territorio in cui vivono per fermare i processi di emigrazione sanitaria, di privatizzazione e per rilanciare un Servizio Sanitario Regionale pubblico e un sistema socio-sanitario che garantisca tutte le comunità, con particolare attenzione a quelle delle aree interne e contribuisca a evitarne lo spopolamento”.
“Diritti rispetto ai quali il disegno di legge per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle regioni, il cosiddetto ddl Calderoli, non solo non risolverebbe le gravi problematiche della nostra regione, ma ne accentuerebbe le disuguaglianze e il divario rispetto alle altre regioni italiane”.