Ricordate La dismissione di Ermanno Rea? Lì era Bagnoli, ma dal Sud al Nord certe dinamiche non cambiano. Nicolò Sgarellino, da 25 anni alla Safilo, è stato chiamato a uno dei compiti più tristi che si possano immaginare: dismettere con le proprie mani un capannone dove ha lavorato per un quarto di secolo. La vicenda della Safilo è nota. Il gigante – o forse ex gigante – del distretto dell’occhialeria del bellunese, dopo aver perso le licenze Gucci e Dior, ha deciso un piano di chiusure lacrime e sangue: 250 esuberi a Martignacco (in provincia di Udine, dove lavora Sgarellino), 400 a Longarone (Belluno) e 50 a Padova.
Uno scontro tra competitor globali, Lvmh e Kering, rispetto al quale a pagare sono sempre i lavoratori e se a Longarone perlomeno ci sarà un anno di “solidarietà”, per Martignacco dopo la cassa, lo smaltimento delle ferie arretrate e la Naspi, più nulla. Ad aggravare la situazione, il fatto che a Martignacco l’80 per cento della manodopera è femminile. Una situazione complicata, in un territorio non facile in cui però spicca la professionalità e la competenza dei lavoratori di uno di quei distretti che ha fatto la fortuna del made in Italy: se è vero che il 70 per cento degli occhiali di lusso prodotti nel mondo vengono proprio da lì.