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Il 24 aprile a Massa Carrara i lavoratori delle cave, ma anche tanti cittadini, sono scesi in piazza per manifestare la propria indignazione contro le frasi di un imprenditore del marmo, Alberto Franchi, catturate da un fuori onda della puntata di Report dello scorso lunedì, 22 aprile. “Qua si fanno male perché sono deficienti”, ha detto l’ad della Franchi Umberto Marmi, parlando dei cavatori.
"Un’offesa a un’intera comunità”, ci dice Rossano Rossi, segretario generale della Cgil Toscana, raggiunto al telefono mentre partecipava al corteo carrarese mercoledì scorso, 24 aprile. La voce ci arriva accompagnata da un mare di fischietti e cori, tutto intorno. “Una bella risposta di popolo, pacifica, sottolineerei, perché nessuno qui ha accettato la provocazione. Civilissima, perché non caschiamo nella trappola di rispondere al singolo soggetto”.
La questione è molto più grande di così, ci spiega Rossano Rossi. Quella frase è solo un termometro che segnala a che punto è la situazione, quale sia il grado di impunità di certo modo di fare impresa, quale sia il distacco da una realtà che, proprio in Toscana, meno di tre mesi fa, ha vissuto una strage sul lavoro che è costata la vita a 5 operai, sepolti dal crollo del cantiere dell’Esselunga. In un Paese che nell’ultimo anno ha visto altri 5 operai morire sulle rotaie di Brandizzo e altri 7 lavoratori perdere la vita nell’esplosione della centrale Enel di Suviana. Per non parlare dei tre morti al giorno sul lavoro che da anni ormai a stento arrivano sulle pagine di cronaca o nei servizi dei tg. Per tacere dei dati impressionanti sulle percentuali di infortuni che si verificano nelle cave di marmo di Carrara rispetto al totale degli infortuni dell’intera Toscana.
“Frasi inaccettabili – commenta il segretario della Cgil regionale –, purtroppo niente di nuovo sotto il sole. Non vorrei focalizzare l’attenzione sul singolo però. Il problema vero è il modello di sviluppo, il modello di produzione, portato avanti da tanti imprenditori. Il settore lapideo poi è un settore molto pericoloso, dove si potrebbero fare grandi operazioni e interventi sulla sicurezza, sulla redistribuzione della ricchezza nel territorio e sulla sostenibilità ambientale. La realtà è che molti imprenditori hanno un atteggiamento predatorio”. Il profitto è l’unica ragione e la stella polare del loro fare impresa.
“La verità è che questo enorme problema andrebbe affrontato in due modi. A livello normativo, ci vorrebbero più controlli e meno appalti a cascata. A livello politico sarebbe urgente e necessaria la ricomposizione del mondo del lavoro: fino a quando il lavoro sarà un lavoro povero e precario, ci troveremo davanti al lavoro purchessia, il sostrato ideale degli infortuni. Gli imprenditori potranno sempre dire: ‘se non ti va bene, fuori c’è la fila di chi è pronto a sostituirti alle stesse condizioni’”.
E allora, la risposta qual è? “Noi vogliamo il salario dignitoso, altro che il Jobs Act che stabilisce che puoi essere licenziato con tre palanche. Ecco la coerenza dei referendum lanciati dalla Cgil con la mobilitazione per la salute e la sicurezza: abolirlo, il Jobs Act, è la vera scelta politica e questa è una questione di scelte politiche e di volontà politiche”.
La domanda cui rispondere, seguendo il filo del ragionamento di Rossano Rossi, è proprio questa: “Come fa un lavoratore a difendere la propria condizione e a rivendicare i propri diritti e le tutele se può essere licenziato senza aver fatto assolutamente nulla di sbagliato, a discrezione del padrone?”.
“Quando lavoravo io i subappalti che vediamo ovunque tutti i giorni – e abbiamo visto anche nel cantiere della strage di Firenze – non c’erano. Io sono orgoglioso di aver lavorato in fabbrica e ricordo bene che allora uno dei momenti più importanti della giornata era il cambio turno. C’erano le consegne, si avvisava il collega, io che lavoravo con il muletto lo avvertivo, ‘attento che qui funziona male, attento che non frena bene’. Oggi, con tutte queste ditte in appalto, non ci si conosce più tra operai. Tanti lavoratori stranieri spesso non parlano neanche bene la lingua e sono lasciati senza l’adeguata formazione. Come fai – si chiede Rossano Rossi – a replicare quel modello?”.
“Ma la Cgil non si arrenderà. Noi ci siamo e ci saremo sempre, portiamo avanti la battaglia politica, al fianco di tutti i lavoratori”.