Roma si prepara. Era iniziata un anno fa con questo nome la grande vertenza che la Cgil capitolina ha portato avanti in questi dodici mesi per difendere le lavoratrici e i lavoratori e, più in generale, i cittadini, dai rischi del Giubileo 2025.
La Cgil ha aperto la vertenza smart working e i cittadini sono d’accordo
“In questo autunno, lo sapevamo già, si sta registrando la maggior concentrazione di cantieri in città – ha spiegato Natale Di Cola, segretario generale della Cgil di Roma e del Lazio –, per questo abbiamo chiesto che venisse potenziato il trasporto pubblico e che si agevolasse la diminuzione dell’utilizzo dei mezzi privati. Lo abbiamo fatto lanciando, circa un mese fa, la vertenza smart working, accompagnata da un sondaggio nel quale siamo riusciti a coinvolgere circa 15 mila cittadini residenti a Roma, che ci hanno consegnato un risultato straordinario: la stragrande maggioranza si è detta favorevole all’implementazione del lavoro da casa”.
La Cgil ha chiuso due accordi, con i privati e con le amministrazioni pubbliche
“Una soluzione, quella dello smart working, che ridurrebbe l’inquinamento, permetterebbe un consistente risparmio e migliorerebbe i tempi di conciliazione tra lavoro e cura”. Per questo la Cgil capitolina ha portato a casa due accordi importanti, con i privati e con le amministrazioni pubbliche, per implementare lo smart working durante il Giubileo allo scopo di evitare che i pellegrini si sommino a lavoratrici e lavoratori, congestionando la città e gettandola nel caos già nel mese di Natale.
“Lo smart working non risolve tutti i problemi – dichiara Natale Di Cola –, ma può dare una mano, è uno strumento importante che fa bene a lavoratrici e lavoratori e fa bene a Roma. Perché il Giubileo sia un grande momento di trasformazione per tutta la città”.
I risultati del sondaggio
La quasi totalità delle persone che hanno risposto al sondaggio della Cgil di Roma e del Lazio, il 98%, svolge mansioni idonee allo smart working e nel 93% dei casi lavora in un ente pubblico o un’azienda privata in cui è previsto il ricorso allo smart working.
Nel dettaglio, il 17,2% lavora nella pubblica amministrazione, il 5% nell’istruzione, università e ricerca, il 21,4% nel settore della comunicazione e dell’informazione, il 12,9% nei servizi assicurativi e finanziari, il 12,7% nell’industria e manifattura, il 7,3% nei trasporti e magazzinaggio, il 3,2% nel commercio e nel turismo e l’1,1% nelle costruzioni. Il 17% ha risposto di lavorare in altri settori pubblici o privati.
Allo smart working non sono interessati solo i giovani
Il 22% di coloro che hanno risposto ha fino a 35 anni, il 26% tra i 36 e 45 anni, il 32% tra i 46 e 55 anni e il 20% oltre i 56 anni. Segno che, anche in rapporto alla modalità di autoselezione del campione del sondaggio, lo smart working non è un tema su cui sono sensibili esclusivamente le nuove generazioni.
Rispetto alla modalità con cui le lavoratrici e i lavoratori partecipanti al sondaggio si recano al lavoro, il 68,8% ha dichiarato di dover usare la propria automobile, sia per raggiungere un punto di interscambio dove prendere un mezzo pubblico sia per l’intero tragitto.
Solo il 4% dei romani arriva al lavoro in meno di 15 minuti
Solo il 4% dei partecipanti dichiara di arrivare sul posto di lavoro in meno di 15 minuti, il 15% di arrivare entro mezz’ora, il 21% entro i 45 minuti, il 26% entro un’ora e il 33% oltre un’ora di tempo. Sulla distanza da percorrere il 25% deve fare un tragitto massimo di 10 chilometri, il 31% fino a 20, il 16% fino a 30, l’11% fino a 40 e il 17% oltre i 40 chilometri.
Il 52% delle lavoratrici e dei lavoratori può lavorare in smart working per due giornate a settimana, nel pubblico questa percentuale scende al 49% e nel privato sale al 53%. La ripartizione della restante quota è speculare: nel pubblico è più concentrata su meno giornate di smart working e nel privato su più giornate di smart working. Ad esempio, il 20% dei lavoratori dei settori privati dichiara di avere tre giorni di smart working, nel pubblico la quota scende all’8%. Di contro, se il 28% dei lavoratori pubblici ha un solo giorno di smart working, nel privato tale quota scende all’8%.
Il 92% dei lavoratori vorrebbe fare più smart working
Il 92% dei partecipanti chiede di rafforzare lo smart working sul proprio luogo di lavoro, tale quota aumenta fino al 95% tra coloro che non hanno neanche una giornata di smart working, mentre diminuisce fino al 67% tra coloro che possono lavorare in smart working anche cinque giornate a settimana.
A incidere sulla necessità di rafforzare il ricorso allo smart working sono anche i tempi di percorrenza e la distanza chilometrica: tra coloro che devono percorrere almeno 40 chilometri o impiegare oltre un’ora di tempo il 95% chiede più smart working, mentre tra coloro che devono percorrere meno di 10 chilometri è dell’89% e per coloro che impiegano meno di 15 minuti è dell’81%.
Il 94% dei romani grazie allo smart working concilia meglio impegni di lavoro e personali
Il 92% dei partecipanti giudica positivamente la propria esperienza in smart working, il 94% dichiara di riuscire a conciliare più facilmente impegni professionali e personali, il 92% di avere un’abitazione adatta al lavoro da remoto, il 78% di sentirsi più motivato, il 79% di essere meno stressato e l’81% di vedere rispettati i propri orari lavorativi.
Il 56% dichiara di essere disponibile a cambiare posto di lavoro in cambio di più smart sworking, quota che nei settori privati è del 58% e nei settori pubblici del 48%; tra gli under 35 tale percentuale sale al 64, tra le altre fasce di età la percentuale diminuisce ma è comunque superiore al 50. Questi sono elementi che tanto le amministrazioni pubbliche quanto i datori di lavoro privati dovrebbero tenere molto in considerazione rispetto alle scelte sull’organizzazione del lavoro.
Il 43% dei lavoratori sarebbe disposto a lavorare solo in smart working
Infine, il 43% sarebbe disposto a lavorare full remote, nel pubblico tale quota scende al 33% e nel privato sale al 47%. Il 35% dichiara che sul proprio posto di lavoro c’è l’idea che solo chi è in presenza effettivamente lavori, nel pubblico tale quota sale al 42%, mentre nel privato scende al 33%, segno di una maggiore ritrosia delle amministrazioni pubbliche.