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Se un rider è “loggato” su una piattaforma digitale, cioè si è registrato ed è in attesa di ordini per effettuare ritiri e consegne, è un lavoratore dipendente. La sua attività è di carattere subordinato e non autonomo. E come tale deve essere retribuito. I giudici non sanno più come ripeterlo e nelle loro sentenze continuano a rafforzare il concetto che chi si mette a disposizione di un datore di lavoro digitale non può essere considerato un cottimista, un free-lance, una partita Iva, un occasionale.
A ribadirlo stavolta è la sezione lavoro del tribunale di Torino, che ha riconosciuto a Enrico Francia, ciclofattorino e delegato Nidil e Filt Cgil, l’applicazione del contratto collettivo terziario, distribuzione e servizi per il suo rapporto con Foodinho, ovvero Glovo. Di più. Ha imposto all’azienda anche il pagamento degli arretrati derivanti dalle differenze retributive maturate nell’attività svolta dal 2019 al 2021 come collaboratore autonomo occasionale, rispetto a quanto dovuto ai sensi del contratto del commercio.
“Tra le parti si è instaurato a partire dall’8 maggio 2019 e sino quanto meno al deposito del ricorso un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato – è scritto nero su bianco nella sentenza -, con il diritto del ricorrente all’inquadramento nel VI livello del Ccnl terziario, distribuzione e servizi”.
Il giudice ha inoltre riconosciuto come tempo di lavoro tutto l’orario, dal momento della timbratura on line, la “loggatura” appunto, fino all’effettiva conclusione degli slot lavorativi. “Questo è un aspetto davvero innovativo – commenta Silvia Simoncini, Nidil Cgil nazionale -. La sentenza interviene sulla definizione di ora lavorata, chiarendo nei fatti che è da intendersi quella legata interamente agli slot prenotati dai lavoratori, cioè al tempo in cui il rider è a disposizione dell’azienda”.
Un ulteriore passo in avanti, quindi, nelle rivendicazioni per cui la Cgil e le categorie Nidil, Filt e Filcams si battono nel chiedere il riconoscimento di diritti e tutele per i rider.
“Sebbene sia necessario attendere le motivazioni, che saranno depositate entro i prossimi 60 giorni – aggiunge Iacopo Dionisio, Filcams Cgil nazionale – la sentenza parla chiaro: il turno in cui il lavoratore è loggato sulla piattaforma è da considerarsi tempo di lavoro, a prescindere dalle consegne svolte. E la possibilità di rifiutare una consegna non è sufficiente a qualificare l’attività del rider come lavoro autonomo. Si tratta di un passaggio importante, che sconfessa ancora una volta la logica del cottimo dell’accordo Assodelivery-Ugl utilizzato dalla maggior parte delle piattaforme, che ancora non applica un contratto collettivo nazionale”.
“Non c’è alcuna autonomia, il rider non sceglie, prede un ordine e lo consegna – chiarisce Danilo Morini, della Filt Cgil nazionale -. E anche quando aspetta, sta lavorando. Il tempo di lavoro che va retribuito è tutto il periodo di disponibilità, indipendentemente dalle consegne. Questo è un principio fondamentale. Il contratto applicato dal giudice è quello del terziario, in altri casi era stato individuato quello della logistica. L’importante è che ci siano le stesse garanzie di tutele e diritti, che sia riconosciuto e sottoscritto dalla una parte rappresentativa dei lavoratori”.
La vittoria del ricorso, promosso dal coordinamento rider della Cgil di Torino, attraverso la legale Silvia Ingegneri e patrocinato anche dagli avvocati Carlo De Marchis, Matilde Binetti, Sergio Vacirca ed Elena Poli, è l’ennesima dimostrazione della necessità di riconoscere a questa categoria i trattamenti economici e le tutele del lavoro subordinato, all’interno di un contratto collettivo nazionale. Si tratta di una vertenza che Filcams, Filt, Nidil e Cgil sostengono da tempo a tutti i livelli, per la salute e la sicurezza, il salario e i diritti dei rider e che oggi ha ottenuto un altro successo.