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“Ricostruire dal basso il Paese”. È questa l’ambizione della Cgil. Un’aria nuova che si respira nella sede romana di Corso Italia e, nelle ultime ore, sotto il cielo di Rimini, dove oggi avrà inizio l’Assemblea organizzativa del più grande sindacato italiano. “Ricostruire dal basso il Paese”, ci ha ripetuto più volte la segretaria organizzativa della Cgil, Ivana Galli, per darci un’idea del viaggio che la confederazione vuole intraprendere a partire da oggi. “Cgil 2030: il lavoro crea il futuro” non è un titolo scelto con leggerezza, ma il tentativo di sintetizzare il cuore di un pensiero che si fa strategia e modello organizzativo.
Ivana Galli interviene dal palco del XVII Congresso Nazionale della CgilNel giro di pochi minuti lo capiamo bene, isolando concetti e parole che scorrono tra le righe degli appunti con i quali mettiamo in fila i pensieri di Ivana Galli. La confederalità contro la frammentazione sociale, il sindacato di strada contro la solitudine, la rappresentanza contro la precarietà. Le armi con cui il quadrato rosso vuole ribaltare un modello sociale sempre più appesantito, le scosse con cui liberarlo dalla crisi economica e del lavoro.
L’appuntamento arriva dopo due anni esatti di pandemia. Anni nei quali la Cgil non si è mai tirata indietro. Anzi, spesso è rimasta l’unico punto di riferimento, l’unico presidio di prossimità per quei lavoratori e quelle lavoratrici investiti in pieno dal terremoto sociale causato dal Covid.
“Non ci siamo mai fermati – dice con orgoglio Ivana Galli –. Va dato atto a strutture, categorie, al mondo della tutela. Alle sedi che sono rimaste aperte sempre, anche nei giorni surreali del primo lockdown. La nostra azione, sindacale e politica, è andata avanti nonostante le difficoltà. Come ha dimostrato anche lo sciopero organizzato il 16 dicembre, il culmine di un lungo percorso di assemblee. Una giornata in cui abbiamo riempito cinque piazze e registrato una partecipazione altissima”.
“La verità è che le persone – complice anche questa lunga pandemia – si sentono sempre più sole, fragili e arrabbiate. Che il lavoro ha perso valore, si è impoverito, è meno tutelato. Di fronte alla complessità del quadro, accanto alla contrattazione, che resta la nostra principale ragion d’essere, quello della rappresentanza deve diventare sempre di più lo scopo prioritario della nostra azione. E l’obiettivo deve essere quello di costruire un modello di società più giusto, più inclusivo, che combatta la precarietà esistenziale nella quale sono sprofondate molte persone”.
È così che la Cgil intende creare il futuro partendo dal lavoro. Ed è questo ciò di cui decine di migliaia di compagne e compagni, lavoratrici e lavoratori, pensionate e pensionati hanno discusso con passione, animando un lungo percorso di partecipazione e democrazia che è iniziato lo scorso 21 settembre e ha visto lo svolgimento di 1.517 assemblee d’organizzazione sul territorio, 1.237 tra le categorie degli attivi, 151 tra i pensionati, 129 confederali, tra Camere del lavoro e regionali. Nonostante gli stop and go dei protocolli imposti da un’emergenza contagi che ha reso, a più riprese, complicato non fermarsi. Mettendo in campo qualsiasi strumento utile, dai tamponi alle piattaforme online, pur di arrivare in tempo all’appuntamento di oggi. Pur di portare sulla ribalta nazionale di Rimini la sintesi dei diversi pensieri, contributi, testimonianze, esperienze di quelle decine di migliaia di delegate e delegati intervenuti, che ogni giorno agiscono la rappresentanza nei singoli luoghi di lavoro e nella società.
Quali sono i punti cardinali che orienteranno il cammino della Cgil? “La formazione - risponde Galli -, uno strumento trasversale per raggiungere l’eccellenza nell’attività di tutela, di rappresentanza e di contrattazione a tutti i livelli. Per preparare i delegati e le delegate, ma anche il gruppo dirigente. Per dare identità ai nostri iscritti, anche a chi si avvicina alla Cgil solo per ottenere un servizio, per svolgere una pratica. Per insegnargli i nostri valori, i nostri ideali, svelargli qual è il nostro mondo di riferimento. La digitalizzazione, per arrivare tempestivamente ovunque e superare gli ostacoli che eventi come il Covid possono frapporre nei nostri rapporti con gli iscritti, i delegati, gli enti, l’amministrazione pubblica. La comunicazione, per raccontare quello che facciamo concretamente, ogni giorno. Per alimentare il proselitismo. Le risorse, per investire nella nostra azione sul territorio. Zona per zona, città per città, luogo di lavoro per luogo di lavoro, lì dove arriva più vivo e più forte il respiro della nostra organizzazione”.
Un momento dell'Assemblea Organizzativa della Cgil Lombardia dello scorso 13 gennaioFare rete è la declinazione pratica di quella solidarietà che da sempre è il sentimento d’ispirazione di un sindacato e della Cgil in particolare. Fare rete per rispondere prima e meglio ai bisogni delle persone. Per anticiparli, se possibile, “recuperando, attraverso lo scambio interno di dati e informazioni, quella confederalità che gli anni bui della crisi prima economica, poi sanitaria hanno sbiadito. Puntando sull’integrazione tra categorie, sistema servizi e confederazione. Rendendoci promotori di campagne proattive. Con un modello che metta ancora di più al centro le persone che credono in noi e a noi si rivolgono”, precisa Galli.
Qual è il tema centrale, il nodo da sciogliere? “Quello del tesseramento. Non possiamo dimenticare che siamo un’organizzazione di rappresentanza. Non possiamo più puntare al mantenimento, dobbiamo crescere, darci degli obiettivi strategici. Nel disastro della società attuale ci sono praterie da percorrere, sulle quali intervenire: dal precariato alla frammentazione. Nelle giungle degli appalti, tra i diseredati delle campagne e della logistica, tra i rider, c’è un bisogno di sindacato, di solidarietà, di attenzione, di rappresentanza, c’è un vuoto che dobbiamo e possiamo riempire. Per farlo dobbiamo abbandonare questa idea burocratica del tesseramento. Questa pratica essenziale per la nostra sopravvivenza e per la nostra crescita deve farsi cultura del tesseramento, deve guadagnare il primo posto nella nostra strategia”.
L'Assemblea Organizzativa della Cgil Napoli e Campania dello scorso 11 gennaioQual è il modello organizzativo da seguire? “Il sindacato di strada. La capacità di farsi trovare, di esserci, di essere raggiunti da chiunque abbia bisogno di essere rappresentato. Vivere nei luoghi di lavoro, un concetto sempre più astratto. Perché il luogo di lavoro che un tempo si individuava facilmente nella grande fabbrica, oggi è diluito nella catena di appalti ed esternalizzazioni, tra i magazzini della logistica e le strade delle nostre città, dove pedalano nella solitudine migliaia di ciclofattorini vessati dall’algoritmo. È lì che dobbiamo riuscire a essere, che dobbiamo tornare e tornare per capire come individuare le persone che hanno bisogno di noi, come vincere la loro diffidenza e la loro paura. Per questo, almeno lì dove ci sono, i delegati e le delegate diventano figure cruciali della nostra organizzazione. Sono il nostro biglietto da visita. E proprio per questo formarli dal punto di vista identitario e valoriale diventa essenziale per ampliare i confini della nostra rappresentanza”.
Ivana Galli si infervora, è un fiume in piena, cercando di spiegare il percorso che inizia oggi e che deve portare la Cgil al di là del guado. Si commuove ancora se le nomini l’assalto fascista del 9 ottobre. “Perché quell’attacco ha tentato di sciupare qualcosa di bello – dice testualmente, cercando di dare corpo a un sentimento più che a un pensiero –. Perché quell’attacco è maturato nel clima di questi anni, aggravato dalla pandemia. I fascisti hanno cavalcato e strumentalizzato paura e disagio. Un clima nel quale le disuguaglianze sociali sono diventate tali e tante, e incidono a tal punto sulla vita delle famiglie e delle persone, da provocare quella rabbia cieca, che colpisce tutto, guidata dalla paura, un istinto irrazionale che i fascisti, da sempre, sanno come sfruttare. Il 9 ottobre hanno voluto attaccare la democrazia. Per questo sono venuti qui in Corso d’Italia, perché la Cgil rappresenta i valori costituzionali. Era un bersaglio preciso, non casuale. Devastare e ferire la nostra organizzazione per dare un segnale al Paese”.
Questo viaggio inizia oggi a Rimini. Sarà lungo e difficile. Nessuno si illude del contrario. Ma sarà bello esserci e ne varrà la pena, perché la destinazione, ricostruire questo Paese stanco, diseguale e deluso – sperando che le risorse del Pnrr vengano investite nella creazione di posti di lavoro di qualità – è una sfida alla quale la Cgil, con coraggio e lucidità, non può e non vuole sottrarsi.