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Superata quota 300 mila. A un mese esatto dall’inizio della raccolta firme per i quattro quesiti referendari sul lavoro proposti dalla Cgil, la campagna va a gonfie vele e prende velocità. Un successo per il Quadrato Rosso che, con uno sforzo organizzativo e logistico enorme, sta vincendo la battaglia della visibilità e sta dimostrando che anche dove mancano i riflettori è possibile avere un rapporto stretto con le persone sul territorio.
Non è una novità per il sindacato di Corso d’Italia, forse l’ultima grande organizzazione sociale di massa di questo Paese. In un quarto di secolo, il primo di questo nuovo millennio, si è assistito e si continua ad assistere alla perdita di terreno della politica, alla partecipazione sempre più scarsa dei cittadini. Le percentuali dell’astensionismo, voto dopo voto, disegnano un baratro fatto di disinteresse, frustrazione, mancanza di fiducia, persino nelle elezioni che dovrebbero designare i decisori più vicini, quelli di quartiere, di municipio, quelle per i sindaci, per i presidenti delle regioni, per chi firma direttive e leggi che influiscono in modo inequivocabile sulla nostra quotidianità. Ma la gente si allontana, fugge dalle urne.
Sulle proposte del sindacato questo non sta accadendo. Ai banchetti è una fila continua, le persone si informano, vanno online, chiamano le camere del lavoro per sapere dove firmare, come poter sottoscrivere i quattro quesiti. Le campagne social su come firmare e su che cosa viene proposto attraverso questi referendum registrano numeri altissimi di interazioni e condivisioni, per la maggior parte tra chi non è militante, tra chi non è follower delle pagine Cgil. La possibilità di firmare online sta andando oltre le più rosee previsioni.
A dimostrazione del fatto che quando si mette sul tavolo un argomento che tocca davvero la vita delle persone - come la precarietà, i diritti sul lavoro, la sicurezza - le persone si mobilitano, si interessano, firmano e fanno firmare. A dimostrazione del fatto che la Cgil continua a godere di un patrimonio di credibilità coltivato ogni giorno sui luoghi di lavoro grazie all’impegno delle sue delegate e dei suoi delegati e negli uffici dedicati ai servizi grazie alla professionalità degli operatori, i sindacalisti della tutela individuale, che incontrano e assistono le persone nelle sedi dell’Inca o nei centri di assistenza fiscale. A dimostrazione del fatto che la presenza della Cgil in ogni comune e in ogni zona del Paese mantiene viva quell’idea di presidio di prossimità che si traduce, nella testa delle persone, con un concetto semplicissimo: la Cgil c’è, la gente la percepisce per quello che è, un soggetto vicino alle persone, che fa di tutto per rappresentarle e per difenderle.
Non è un caso che il primo bilancio sulla campagna di raccolta firme sia stato reso noto nella stessa conferenza stampa nella quale si è parlato del tesseramento. Perché la crescita degli iscritti tra i lavoratori attivi, tra i giovani, tra gli stranieri, in quelle categorie che da tempo sono tra le più fragili e indifese, dimostra quanto grande sia la fiducia nei confronti della Cgil.
E allora ecco spiegate le oltre 300mila firme già raccolte. Che se la matematica non è un’opinione, con due mesi ancora davanti, potrebbero diventare quasi un milione di adesioni alla lotta referendaria sul lavoro lanciata dalla Cgil. Tra quelle centinaia di migliaia di firme ce ne sono tantissime di personaggi noti della politica, della società civile, del mondo accademico, della cultura, dello spettacolo. Sindaci, parlamentari, capi di partito, personalità che nel tempo hanno ricoperto incarichi ministeriali, attori teatrali, scrittori, giornalisti, professori. Persone e personalità che conoscono bene e hanno difeso per tutta la loro vita la nostra Costituzione, che all’articolo 1, quello più famoso, recitato e anche tradito, in quasi 80 anni di storia, recita: “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”. Questi referendum propongono che si torni al Lavoro con la L maiuscola, stabile, tutelato, dignitoso e sicuro. Che aspettate a firmare?