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Finisce l’epoca del reddito di cittadinanza, stoppato dal governo con la manovra di bilancio 2023. Da oggi (martedì 1° agosto) 169 mila nuclei familiari che hanno già fruito quest’anno di sette mensilità non lo riceveranno più, ad avvisarli un sms dell’Inps inviato nei giorni scorsi. Per tantissimi, dunque, l’ultima rata è stata quella di luglio. E altri 80 mila lo perderanno da oggi a dicembre.
“Il governo fa cassa sui più poveri”, commenta il segretario generale Cgil Maurizio Landini: “Sono mesi che se ne parla, ma il governo non ha preparato nulla e oggi si dimostra che non sono nemmeno in grado di offrire un’opportunità di lavoro a chi ne ha bisogno. Scaricano la questione sui Comuni, stanno raccontando delle balle”.
Una bomba sociale, dunque, che sta provocando in tutta Italia tensione sociale e proteste da parte degli ex percettori. La Cgil, con i suoi centri servizi, si trova in prima fila: dalla Puglia all’Abruzzo e alla Toscana, da Potenza a Catania, le sedi del sindacato sono invase da migliaia di famiglie disperate che chiedono aiuto e sostegno.
Puglia
“In queste ore le nostre strutture sono prese d'assalto, in presenza e con telefonate: le persone sono disperate, non sanno come fare ora senza quel sussidio”. A dirlo è la segretaria generale Cgil Puglia Gigia Bucci: “Dal 1° gennaio 2024 il reddito di cittadinanza sarà abrogato per tutti. Siamo di fronte a un governo che fa cassa sui poveri, sul disagio sociale, che favorisce gli evasori e si accanisce sulle aree più deboli del Paese”.
Per Bucci la misura è stata uno strumento “utile per attenuare le povertà crescenti nel Paese”. L’esponente sindacale ricorda che in Puglia “il 27,5% delle famiglie vive in condizioni di povertà relativa. Il superamento del reddito di cittadinanza porterà a un aumento della povertà proprio in aree dove il mercato del lavoro è più debole e i salari più bassi, come nel nostro caso”.
La segretaria generale Cgil stigmatizza anche i “titoli sprezzanti e vergognosi che abbiamo letto su alcuni giornali della destra, si è parlato di ‘pacchia finita’. Vivere con poco meno di 600 euro al mese - questo il reddito medio percepito dai beneficiari in Puglia - è una pacchia? Siamo al darwinismo sociale, al classismo ottocentesco, questa è la destra italiana”.
Bucci cita anche i report di Anpal e Inps sull'emergenza sociale. “In Puglia oltre 80 mila persone sono povere benché occupate”, conclude: “Oltre il 90 per cento dei rapporti di lavoro attivati è precario e a tempo. Il mercato del lavoro, in alcuni settori come agricoltura e turismo, è legato alla stagionalità, quindi a impieghi frammentati e con forti irregolarità. Il 19,8% dei beneficiari del reddito di cittadinanza percepiva la misura di sostegno benché occupato”.
Abruzzo
“Un sms dell’Inps ha generato disperazione e sconforto tra chi già quotidianamente doveva fare i conti la povertà”, spiega la Cgil regionale. In Abruzzo sono 14.700 (su complessivi 24.200 mila) i percettori del reddito o pensione di cittadinanza che da oggi rimangono senza sussidi. Le province più interessate dallo stop sono Pescara (4.100 nuclei familiari) e Chieti (4 mila), l'importo medio mensile ammontava a 530 euro.
Gli ex percettori del reddito ora passano in carico ai servizi sociali dei Comuni, che possono eventualmente riattivare la misura (ma solo fino al 31 dicembre). “Gli uffici comunali – prosegue la Cgil – non sono in grado di smaltire il lavoro che questa nuova incombenza comporta, sia per strutturali carenze di personale sia per mancanza d’informazioni su come attivarsi e nei confronti di chi, visto che non sono ancora chiari alcuni passaggi nei rapporti con i Centri per l'impiego né chi saranno coloro che potranno effettivamente essere presi in carico”.
La Cgil sottolinea che questo è “un lavoro complesso e che va svolto con la massima urgenza: tanto più tempo passerà, quanto più queste persone rimarranno senza quell'unica somma che adesso gli consente di andare avanti”. E conclude, rimarcando la necessità “di una proroga della scadenza per dare il tempo alle strutture comunali di acquisire tutte le informazioni necessarie e organizzare un’adeguata presa in carico di un'utenza particolarmente fragile”.
Toscana
“Le sedi dei nostri servizi in questi giorni registrano un aumento delle telefonate e delle richieste di informazioni di percettori del reddito di cittadinanza, altamente preoccupati per il venir meno della misura”, commenta la Cgil regionale, garantendo “a tutti che non verranno lasciati soli, ma continueremo a seguirli e assisterli nelle pratiche di tutela individuale, in attesa di capire meglio quali saranno i percorsi”.
Con la fine della misura “tante persone si ritrovano senza sostegni”. La Cgil regionale, allora, lancia “un allarme sociale per le misure del governo” e rivendica all’esecutivo “che queste persone hanno bisogno di risposte”. E così conclude: “La responsabilità politica di questa scelta sul reddito di cittadinanza è tutta del governo che continua nella guerra ai poveri, anziché alla povertà. Anche per questo torneremo a scendere in piazza”.
Basilicata
“La cancellazione del reddito di cittadinanza è una scelta sbagliata, che sottende una visione colpevolizzante della povertà da parte del Governo Meloni”. A dirlo sono Vincenzo Esposito (segretario generale Cgil Potenza) e Giuliana Pia Scarano (segretaria generale Fp Cgil Potenza): “In una inaccettabile logica punitiva, invece di investire sul lavoro e sulla solidarietà, si abbandona da un giorno all'altro chi è in condizioni di bisogno”.
Per i due esponenti sindacali quanto sta accadendo “è la miccia che farà esplodere la situazione nella quale versano i Centri per l'impiego e i servizi sociali dei Comuni. Tutto questo mentre la Regione Basilicata si permette il lusso di non destinare risorse al Fondo unico autonomie locali (Fual) e ai Piani sociali di zona”.
Esposito e Scarano rilevano che “l'impatto si scaricherà sia sui Centri per l’impiego sia sui servizi sociali. Ma nei Centri mancano all'appello ancora circa 30 unità, mentre nei servizi sociali, nonostante la presenza di risorse, non si sono ancora in larga parte fatte le stabilizzazioni degli operatori previste in deroga ai vincoli di contenimento della spesa del personale. Occorre evitare che i lavoratori, in quanto prossimi all'utenza, restino soli ad affrontare questa gravissima situazione sociale”.
Sicilia
“Troncare la speranza di un domani migliore a migliaia di famiglie catanesi in difficoltà è disumano”. Giudizio netto, quello del segretario generale Cgil Carmelo De Caudo sull’interruzione del reddito di cittadinanza a 8.974 nuclei familiari. Una revoca che pone Catania al quarto posto nella graduatoria per stop alla misura (dopo Napoli, Roma e Palermo): “Persone che non possono pagare affitti e che non trovano lavoro si sono viste ‘bocciare’ ogni possibilità di sostegno dal governo. Tutto ciò, attraverso un freddo sms”.
Per la Camera del lavoro si tratta di un nuovo allarme che pregiudica una situazione già drammatica. “Senza sostegno per troppe famiglie è impossibile sopravvivere”, prosegue Carmelo De Caudo: “Altrettanto impossibile è che le responsabilità di queste persone vengano ora scaricate sui Comuni che non hanno le possibilità economiche né il personale per intervenire con efficacia”. Il segretario generale, inoltre, smentisce che “si tratti di cittadini che non cercano lavoro. Molti di loro hanno superato i 50 anni e sono tagliati fuori dal mercato, vorrebbero lavorare ma non trovano opportunità”.
Secondo le nuove regole, chi è occupabile potrà chiedere di frequentare un corso di formazione, ma questo (nel migliore dei casi) non avverrà prima di settembre. “Non può essere questa la soluzione per i nostri concittadini, siamo pronti a far sentire la nostra voce”, conclude De Caudo: “Le prossime settimane saranno di impegno massimo. I nostri governanti devono comprendere che gli atteggiamenti punitivi e le scelte poco concrete non portano da nessuna parte”.
Lazio
“Siamo fortemente preoccupati per le pesanti ricadute economiche e sociali per decine di migliaia di famiglie, e per le ripercussioni negative sulle lavoratrici e sui lavoratori dei servizi sociali, dell’Inps e dei Centri per l’impiego”. A dirlo è la Cgil Roma e Lazio, assieme ad altre associazioni, in una lettera inviata al presidente della Regione Lazio Francesco Rocca e al sindaco di Roma Roberto Gualtieri.
“Nel Lazio – spiegano – sono 120 mila le famiglie che percepiscono il reddito di cittadinanza, principalmente nella Capitale. Ma almeno il 60% di loro non potranno beneficiare dal 1° gennaio 2024 dell’assegno di inclusione, perché nei loro nuclei non sono presenti né minori né persone con disabilità. E già dal mese di agosto per circa 15 mila famiglie non ci sarà più alcuna misura di sostegno al reddito”.
Cgil e associazioni firmatarie sono anche preoccupate per il “rischio dell’acuirsi dell’emergenza abitativa: molti dei percettori grazie al sussidio, ora venuto meno, riuscivano a pagare il canone dell’affitto”. Ai due rappresentanti istituzionali chiedono di sollecitare il governo per ottenere una proroga delle sospensioni e maggiori risorse per rafforzare i servizi sociali, necessarie “per evitare l’esplosione di una bomba sociale e compensare gli effetti negativi del taglio del reddito di cittadinanza”.
Campania
"In giugno a Napoli erano 133 mila i nuclei familiari che beneficiavano del reddito di cittadinanza. A fine anno, quindi, ci ritroveremo con 360 mila persone che non avranno più un sostegno economico". Così il segretario generale Cgil Napoli e Campania Nicola Ricci, intervenendo alla trasmissione di Raiuno Uno Mattina Estate: "Già sette mesi prima dell’avvio della procedura di cancellazione del reddito di cittadinanza tutti sapevano, ma i Centri per l’impiego non si sono fatti trovare pronti a intrecciare offerta e domanda di lavoro, lasciando da soli Comuni e Inps”.
A Napoli si stanno svolgendo manifestazioni di protesta e di fronte a questo "serve senso di responsabilità da parte di tutti. Se non si fa un’operazione di chiarezza e verità, e si mettono Inps e Centri per l’impiego nella possibilità di dare risposte a queste persone, non si farà altro che gettare benzina sul fuoco. Responsabilmente tutti i soggetti in campo, a partire dai sindacati, non possono consentirlo".
Ricci evidenzia che a Napoli "il reddito di cittadinanza ha compensato anche salari legati a lavori di poche ore, seppure in trasparenza. Vedersi ridurre della metà il sostegno, da 700 a 350 euro, senza una prospettiva di occupabilità e per appena dieci mesi non serve a nulla. Soprattutto se la platea è composta anche da over 55".
Per il segretario Cgil "in un sistema di politiche attive del lavoro bisogna programmare le scadenze. C’è una parte di Italia che non può stare al passo con questa riforma, che riteniamo sbagliata, per questo abbiamo chiesto almeno sette mesi di proroga. E poi c’è un problema di banche dati che non comunicano. L’incrocio tra domanda e offerta non ci può essere in queste condizioni. Per accedere a questa nuova misura bisognerà sostenere dei colloqui che vanno dai 40 ai 50 minuti, quindi immaginiamo cosa succederà negli uffici dei Centri per l’impiego e dei servizi sociali, che sono da tempo alle prese con carenza di personale".
Friuli Venezia Giulia
"Il taglio del reddito di cittadinanza non è certo un fulmine a ciel sereno, trattandosi di uno degli obiettivi programmatici della coalizione di centrodestra che da quasi un anno governa il Paese", commenta Villiam Pezzetta, segretario generale Cgil Friuli Venezia Giulia: "Proprio il fatto che si tratti di una misura annunciata, e prevista già dalla legge di bilancio, rende ancora più criticabili le sue modalità, a partire dall’annuncio del taglio via sms".
Continua il sindacalista: "Si è tagliato senza curarsi delle pesanti ripercussioni sociali di questa scelta, scaricata di punto in bianco sui Comuni e sui loro servizi, già poveri di risorse umane e finanziarie. Tutto questo a opera di un governo che ha scelto di portare da 65 mila a 85 mila euro il tetto per l’accesso dei lavoratori autonomi alla flat tax, di concentrare il taglio delle aliquote fiscali sui redditi medio-alti, di non aumentare il prelievo sulle rendite finanziarie e gli extra-profitti, di rimandare a oltranza il confronto sull’introduzione del salario minimo e di limitare a uno sgravio temporaneo del cuneo contributivo i benefici per i lavoratori dipendenti, a fronte di un costo della vita che negli ultimi due anni è aumentato del 20%".
Se l’obiettivo fosse quello di favorire l’accesso al lavoro dei cosiddetti “occupabili”, continua l'esponente sindacale, "la transizione dal reddito di cittadinanza all’assegno di inclusione e le modalità di presa in carico delle fasce più deboli avrebbero dovuto essere definite in anticipo, condivise per tempo con gli organi di rappresentanza dei Comuni. Non è stato così, e questo è emblematico".
Altrettanto emblematica, conclude Pezzetta, è l’incertezza "sulla platea di beneficiari che saranno colpiti dal taglio tra agosto e dicembre. Platea che stimiamo in almeno 800 mila famiglie a livello nazionale e 7 mila in Friuli Venezia Giulia. Dal taglio sono esclusi infatti soltanto i titolari di pensione di cittadinanza, le altre famiglie con componenti over 60, quelle con minori o disabili e quelle che sono (o meglio saranno) prese in carico dai servizi sociali dei Comuni. In tutti gli altri casi la scure cala dopo l’erogazione della settima mensilità di reddito nel corso del 2023".
Umbria
"Stimiamo che circa 2.500 nuclei familiari in Umbria, di cui oltre 1.600 in provincia di Perugia, perderanno da oggi il reddito di cittadinanza dopo la scellerata decisione del Governo Meloni di accanirsi contro i poveri”. A dirlo è Simone Pampanelli, segretario generale Cgil Perugia, sottolineando come il sindacato sia al lavoro in questi giorni per cercare di aiutare e accompagnare le persone che si vedono private, dall’oggi al domani, di questa vitale forma di reddito.
“Le nostre sedi - spiega Pampanelli - sono sempre aperte per accogliere le tante persone che si sentono abbandonate e disorientate e si stanno chiedendo cosa succederà adesso. Per capirlo, con i nostri servizi stiamo effettuando una prima estrazione di dati sulle pratiche di Rdc da noi gestite”. Tra queste, in almeno 450 casi il sindacato ha riscontrato la perdita del diritto al sostegno economico, con conseguente necessità di verificare la possibilità di fare domanda per il "Supporto per la formazione e il lavoro" già da agosto. Inoltre, chi perde il reddito di cittadinanza potrebbe avere necessità di rifare la domanda per l’assegno unico universale per i figli a carico, cosa che prima era inclusa nello stesso Rdc.
“Siamo di fronte a una vera emergenza sociale, causata da scelte politiche molto chiare, una guerra dichiarata ai poveri in un Paese che ha cento miliardi di evasione fiscale all’anno", continua Pampanelli: "Siamo di fronte a un governo forte con i più deboli e debolissimo con i forti, come dimostra la vicenda Santanché. Per di più, quest'emergenza oggi viene scaricata sui territori e sui Comuni, che non hanno risorse e strumenti per fronteggiarla. Le persone che si rivolgono a noi sono disperate, non sanno come fare senza quel sussidio che era per loro vitale".
Pampanelli così conclude: "Faremo tutto quello che è possibile per non lasciare sole le persone più fragili in questo momento davvero drammatico. Perché, nonostante i tentativi del governo di dividere i buoni dai cattivi, è la povertà stessa a rendere le persone fragili, e la povertà è oggi una realtà enormemente diffusa anche sul nostro territorio”.
Calabria
“Sono 14.384 i destinatari del famigerato sms – dicono Cgil e Fp Cgil Calabria – con cui l'Inps ha comunicato la sospensione del reddito di cittadinanza che ha rappresentato l'àncora cui i cittadini più deboli socialmente ed economicamente si sono aggrappati per non sprofondare dalla povertà alla disperazione”.
Il sindacato rileva che in Calabria, una regione dove “le opportunità di trovare un lavoro stabile, dignitoso e a tempo indeterminato sono rarissime, tanto che sono attualmente ancora presenti consistenti bacini di precariato o part time involontari anche nei servizi pubblici, questa misura colpirà in maniera pesante chi in questi anni è riuscito a fatica a sbarcare il lunario”.
Cgil e Fp ricordano di aver chiesto “al governo di prorogare i termini almeno fino al momento in cui si siano create le condizioni di continuità per non lasciare indietro nessuno”. Alle istituzioni locali, Regione, Comuni e Inps, chiedono di “attivare con urgenza tavoli di confronto per superare le criticità che si presenteranno”.
Lombardia
In Lombardia sono 7.364 le persone cui è stato sospeso il reddito di cittadinanza. “Con questa abolizione il governo sta lasciando migliaia di persone in povertà assoluta. È una vergogna”, commenta Monica Vangi, segretaria Cgil Lombardia: “La superficialità con cui è stato fatto, inviando un sms da Inps, è emblematico di come la destra al governo stia affrontando una situazione drammatica, scaricando la responsabilità sui servizi pubblici che con organici ridotti all’osso dovranno sostenere le richieste agli sportelli”.
Prosegue Monica Vangi: “I requisiti previsti per accedere al nuovo Assegno di inclusione, oltre a essere molto stringenti, sono peraltro discriminatori”. Un esempio? “Il requisito dei due anni continuativi di residenza in Italia rischia di discriminare i lavoratori stranieri, stagionali in particolare, che tornano nel Paese di residenza per periodi prolungati”.
Sulla questione interviene anche Valentina Cappelletti. “Il sistema delineato dalle due nuove misure previste dal governo, l’Assegno per l’inclusione e il Supporto per la formazione e il lavoro, non tiene in alcuna considerazione l’esperienza già maturata nella presa in carico dei percettori di reddito di cittadinanza”, commenta la segretaria Cgil Lombardia.
“Il 70% dei percettori – prosegue – aveva un livello di scolarizzazione uguale o inferiore alla licenza media inferiore, basse o assenti competenze digitali, saltuarie o nulle esperienze lavorative precedenti e comunque in qualifiche professionali basse, assenza di mezzi propri per spostarsi e una condizione soggettiva di scoraggiamento”.
Senza un intervento “paziente su tutti questi fattori, il reinserimento occupazionale è semplicemente uno slogan privo del benché minimo riferimento alla realtà. Inoltre, i nuovi requisiti dimenticano l’esistenza della povertà di chi pure ha un lavoro. Una persona di 30 anni che lavora in condizione precaria, pur in possesso dei requisiti economici, non riceverà alcun sostegno”.
Vangi e Cappelletti evidenziano che “oltre a peggiorare di nuovo le norme sul mercato del lavoro, reintroducendo i voucher e favorendo il ricorso ai contratti a termine, con gli ovvi impatti negativi sul reddito di chi lavora, il governo preferisce lasciare senza sostegno economico chi è più in difficoltà, a differenza di quanto avviene in tutti i Paesi europei”.
Le due esponenti sindacali così concludono: “Ancora una volta la trappola del lavoro povero e la colpevolizzazione di chi è in condizione di povertà vanno di pari passo. Per parte nostra attiveremo un’immediata interlocuzione con i Comuni e con la Regione Lombardia per individuare percorsi di presa in carico delle persone che hanno perso il reddito di cittadinanza e che necessitano di interventi e servizi per sopperire il venir meno del sostegno economico”.