PHOTO
Sciopero delle giornaliste e dei giornalisti dell'agenzia di stampa Dire a seguito della “grave decisione dell'azienda” di procedere a 15 licenziamenti, nonostante quasi due anni di pesanti decurtazioni degli stipendi dovuti al ricorso agli ammortizzatori sociali, come affermano i lavoratori. L’astensione dal lavoro è stata proclamata per le giornate del 14 e 15 dicembre.
Come rende noto anche la Federazione nazionale della stampa, schierata con i colleghi, si è infatti “conclusa con un mancato accordo al ministero la procedura di licenziamenti collettivi avviata dall'editore della Dire, Stefano Valore, che lascerà senza lavoro 15 giornalisti nonostante le risorse che riceverà dal governo. All'agenzia, infatti, dal 2024 arriveranno oltre 2 milioni di euro l'anno per un triennio, grazie al decreto per i servizi d'informazione da parte della pubblica amministrazione. Un'importante iniezione di risorse che però non è servita a scongiurare questo attacco a tutta la nostra categoria. Insomma, da una parte ci sono milioni di euro dal governo, che gli imprenditori si mettono in tasca, e dall'altra si riduce l'occupazione senza se e senza ma".
"Basta finanziamenti pubblici a chi licenzia", afferma dunque l’Fnsi, chiedendo al governo di azzerare i contributi pubblici agli editori che nonostante gli aiuti decidono di tagliare i giornalisti.
"Tutto questo è inaccettabile – prosegue la Federazione in una nota - tanto più che il presidente della Fieg, Andrea Riffeser Monti, continua a battere cassa chiedendo più soldi per l'editoria anche in questi giorni. Gli editori pensino a investire e a creare occupazione con questi fondi invece di volersi sostenere solo grazie allo Stato. I soldi pubblici non possono essere dati a chi mette alla porta i dipendenti, lasciando famiglie nell'incertezza. Nella trattativa con la Dire sono stati solo i sindacati a proporre alternative ai licenziamenti mentre l'azienda, affiancata dalla Fieg, ha seguito caparbiamente la strada dei tagli e della riduzione del personale".
Il sindacato si dice quindi “disponibile a collaborare con gli editori per uscire dalla crisi che attanaglia il settore, però solo in presenza di una controparte che sia costruttiva e che non abbia come unico obiettivo quello di ridimensionare le redazioni, colpire il lavoro e sostenersi coi soldi dei cittadini senza mai investire o proporre progetti innovativi”.