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A decorrere dalle ore 24 dello scorso 9 settembre 2022 e fino alla chiusura dei seggi elettorali, è vietata per legge la pubblicazione dei sondaggi. Si possono però pubblicare le interviste ai sondaggisti. Se infatti su stampa e social siano inondati di rilevazioni di qualsiasi tipo, poco o nulla sappiamo su chi ci lavora e come vengono fatte. Achille Mena, laureato in matematica e insegnante, che per BiDiMedia si occupa di analizzare i dati ed elaborare, insieme all’intero team, i dati delle rilevazioni. La squadra è giovane, nata 12 anni fa in occasione delle Regionali 2010. La produzione è iniziata nel 2012 in vista delle elezioni politiche dell’anno successivo per poi crescere sempre di più, specializzandosi in sondaggi, valutazioni e analisi pre-elettorali (ma anche analisi di mercato) a qualunque livello, dal locale al nazionale.
Come si diventa sondaggisti in Italia?
Non esiste una laurea in “scienze sondaggistiche”. Certamente fare sondaggi richiede competenze statistiche e matematiche, come anche un’ottima capacità di analizzare il campione di interviste e leggere attraverso i numeri. E, come in tante altre attività, anche la realizzazione di un sondaggio necessita del lavoro di squadra. C’è poi un altro ingrediente, a mio avviso, almeno in Italia, non trascurabile: la conoscenza politica. I numeri possono dirci tanto, ma sicuramente ci rivelano ancora di più se conosciamo a fondo lo storico elettorale, le abitudini di voto degli italiani, i fenomeni sociologici che si attivano negli ultimi giorni prima del voto. BiDiMedia nasce proprio seguendo questa passione, le elezioni e tutto quello che comportano. Nella nostra community già dal 2010 ci siamo ritrovati a commentare i numeri delle diverse elezioni, dai sondaggi agli exit poll e proiezioni. Ad un certo punto abbiamo pensato di crearne di nostri, di mettere in gioco le competenze a disposizione.
Come vengono realizzati oggi i sondaggi, che metodo si utilizza?
Un sondaggio necessita di un campione che deve essere il più possibile rappresentativo dell’elettorato (per esempio percentuale di genere, di provenienza geografica, di età). Per ottenere questo campione ci si può affidare a diverse modalità: il Cati, che consiste nel raccogliere telefonicamente le interviste, integrato oggi con il Cami (contattare il rispondente sul cellulare); oppure il Cawi, che permette di formare il campione sfruttando internet e le sue piattaforme, anche attraverso la costruzione di panel con mailing list. Non esiste il metodo perfetto: tutti hanno pregi e difetti. Perché se è vero che il Cati permette di raccogliere un campione più casuale (e potenzialmente più rappresentativo), è anche vero che solo 1/10 dei contatti accetta di essere intervistato; viceversa il Cawi raggiunge più persone e rende più facile la raccolta dati, però tende a favorire i settori più politicizzati della popolazione.
I campioni di intervistati sono realmente rappresentativi della società?
Se il sondaggio è fatto bene, la risposta è sì. La rappresentatività del campione è fondamentale. Va comunque detto che alcuni settori della popolazione sono spesso difficili da raggiungere, le donne per esempio tendono a rispondere in percentuale minore ai sondaggi elettorali. In questi casi bisogna tener conto dello scostamento dalla realtà e ponderare conseguentemente.
Che differenza c’è tra un sondaggio e una proiezione?
Il sondaggio fotografa la situazione al momento della rilevazione dei dati, e quindi viene effettuato prima della competizione elettorale. La proiezione invece è fatta dopo la chiusura delle urne e cerca di predire il risultato finale basandosi sui primi dati reali. I sondaggi sono spesso accusati di essere poco precisi, ma l’errore sta anche nel credere che essi debbano fornire il risultato delle elezioni. Non è così, dato che al massimo permettono di cogliere le tendenze in atto e ipotizzare come possano evolvere le intenzioni di voto.
Il parlamentare Graziano Delrio ha detto che i sondaggi si ribaltano. “I sondaggi estivi sono come i temporali estivi: durano un momento”. È così?
Lo storico elettorale è pieno di risultati completamente diversi da quanto raccontato dai sondaggi, è avvenuto praticamente in tutte le elezioni politiche! Quanto dice l’onorevole Delrio ha quindi sicuramente del vero: poiché il sondaggio non predice il futuro, ma fotografa il presente, la battaglia va combattuta fino alla fine, inseguendo gli indecisi, il cui voto può potenzialmente cambiare l’esito elettorale o quanto meno favorire (o sfavorire) una formazione politica piuttosto che un’altra. Talvolta è importante “generare una narrazione”, che può essere quella di una elezione scontata, oppure di una rimonta in atto, oppure del voto utile. Questi sono elementi del tutto incontrollabili, soprattutto in Italia, dove per legge è vietato diffondere sondaggi nei 15 giorni precedenti il voto.
Che possibilità di errore ci può essere rispetto ai risultati del 25 settembre? Quanta possibilità c’è che due terzi del parlamento siano in mano a Meloni, Salvini e Berlusconi?
Ogni sondaggio ha il suo margine di errore e se lo interpretiamo come predizione del futuro si rischia di fare un errore ancora più grande. Invito a guardare i sondaggi per quello che sono, senza forzare i trend in atto o immaginando cosa possa succedere nelle urne. Quello che vediamo dai sondaggi è che il centrodestra ha altissime possibilità di ottenere la maggioranza dei seggi e, se dovesse attivarsi l’effetto bandwagon (la salita sul carro del vincitore, per dirla all’italiana) su Giorgia Meloni, che stando agli ultimi sondaggi aveva il vento in poppa, non si può escludere il raggiungimento dei due terzi dei seggi. Sicuramente è una possibilità, ma le variabili in gioco sono tante, come ad esempio la crescita di Conte e del M5S nel centro-sud. Lo ripeto: i sondaggisti possono ipotizzare, non profetizzare.