Come fa una società a gestire centri estivi senza nemmeno un dipendente? È presto detto: basta non assumerli e retribuirli come “collaboratore occasionale”. È illegale? No, certamente non è esattamente regolare, mentre è certamente conveniente, visto che la paga oraria è assai bassa.

Qui comincia l’avventura

Accade a Roma, nella zona Nord della capitale. Francesca (il nome è di fantasia, la storia è reale) è una studentessa universitaria: a giugno ha completato, assai brillantemente, tutti gli esami previsti per quest’anno, che fare? Ad agosto partirà per un viaggio e allora decide di cercare un lavoro per le settimane che la separano dalla partenza, così da non pesare economicamente sulla famiglia pure per le vacanze. Detto fatto, trova su “Subito.it” l’annuncio di un centro estivo alla ricerca di personale che si occupi dei bimbi e delle bimbe iscritti per le settimane di luglio e agosto.

Colloquio rapido e indolore

Francesca, contenta di aver individuato un possibile lavoro nel territorio del proprio municipio, anche vicino ai propri interessi visto che studia pedagogia, chiama il numero indicato. Dalla telefonata al colloquio son passate solo 36 ore. Il suo interlocutore le ha chiesto se si fosse mai occupata di bambini, ottenuta risposta affermativa ha spiegato: “Si lavora dalle 8 alle 16.30, dal lunedì al venerdì, la paga è di 170 euro a settimana. Puoi mangiare quello che arriva dal catering e che dovrai distribuire ai bimbi e alle bimbe, ovviamente mangi mentre fai mangiare loro”. Quale contratto? Domanda Francesca. “Nessuno” è la risposta: “Ogni venerdì vieni in segreteria, firmi una ricevuta che rimane a noi e ti facciamo il bonifico”. La causale del bonifico recita “prestazione occasionale”.

La giornata tipo

“Tra le 8 e le 9.30 accogliamo i bimbi e le bimbe – dice Francesca –, mano mano che arrivano li portiamo a giocare. Verso le 10 la prima merenda, quella che portano da casa, poi fino a ora di pranzo attività in giardino, a volte li portiamo in piscina. Alle 12.30 si va in mensa, distribuiamo i pasti che arrivano e mangiamo con loro. Poi dalle 14.30 alle 16.30 le fasce di uscita, quindi quando arrivano i genitori li accompagniamo all’ingresso. Nel frattempo giochi, lavoretti, e merenda a base quasi sempre di frutta”. Certo, non un minuto di riposo, non ci si può distrarre mai: sono piccoli e vanno seguiti sempre, il centro accoglie bambini e bambine dai 3 agli 8 anni. C’è chi si è spalmato sano sano di crema solare, e chi ha bisogno di essere accompagnato in bagno. E sono tanti: “Fino a metà luglio in 4 ci occupavamo di 45 bimbi e bimbe – aggiunge - ora sono meno circa 26, dipende dai giorni”.

Lavoro povero

Una collaboratrice domestica – se assunta regolarmente anche a tempo determinato – riceve una paga base oraria minima di euro 5.30 più il super minimo, anche se per questa cifra giustamente non se ne trovano. Di solito, per occuparsi della casa – altro prevede il Ccnl per chi si occupa anche delle persone che abitano tra le mura domestiche – non si scende sotto il livello C del contratto: la paga oraria è di 7,42 più il super minimo. Il valore della paga oraria di Francesca è di 4 euro. il conto è semplice: basta dividere 170 per i cinque giorni di lavoro settimanali e poi per le 8,5 ore giornaliere. Con buona pace di chi afferma, Meloni e il suo governo, che nel nostro Paese non serve introdurre il salario minimo legale perché basta la contrattazione.

Oltre al danno anche la beffa

Non solo debbono accontentarsi di 4 euro l’ora, ma non avendo contratto non godono nemmeno degli altri benefici contrattuali. Mentre le colf, oltre ad avere i contributi versati all’Inps, hanno anche ferie, tredicesima e Tfr pagate, le tante Francesche che assicurano la cura e l’intrattenimento dei nostri figli nei centri estivi non sanno proprio cosa siano.

Fannulloni

La storia appena raccontata è vera: andrebbe fatta leggere a chi si lamenta di non trovare personale per le proprie imprese. Se queste sono paga e condizioni contrattuali che si offrono ai ragazzi e alle ragazze che passano i mesi invernali a studiare e si affacciano al mondo del lavoro, non ci si può meravigliare che rifiutino.

Il lavoro, sempre, dovrebbe essere dignità. Queste sono paga e condizioni contrattuali anche per molte altre attività legate al turismo, e magari le condizioni di lavoro sono pure peggiori: nei bar o ristoranti o negli alberghi e nelle strutture ricettive si lavora per più ore, spesso senza pause o riposi.

Nulla può giustificare questo che assomiglia molto a sfruttamento, nemmeno il fatto che in fondo così i ragazzi fanno un’esperienza che serve a pagarsi le vacanze, mica a mantenere una famiglia.