Tra il 2022 e il 2023, il numero di occupati nel pubblico impiego milanese è diminuito del 15%, corrispondente a oltre 32.000 dipendenti. Tale riduzione ha riguardato principalmente il servizio sanitario (-15%) e gli enti locali (-14%), ma investe anche i ministeri e la magistratura (-9,3%), le forze armate, la polizia, i vigili del fuoco (-8,3%).  Nel medesimo periodo, il trasferimento di risorse statali al settore pubblico è sceso dell'11%, passando da 7,1 a 6,3 miliardi di euro. Sono questi alcuni dei dati presentati da Fp Cgil e Camera del Lavoro milanese in un incontro dal titolo “Milano o cara”, scegliendo simbolicamente la data del 27 novembre: il giorno di paga.

Ma come sono messe le buste paga dei dipendenti pubblici? Secondo i dati Inps, scrive il sindacato in un comunicato stampa, la retribuzione giornaliera media ha raggiunto 125 euro, registrando un incremento dell'8% rispetto al 2022, quando la media era di 121 euro. Questo debole incremento non ha compensato l’effetto dell’inflazione, determinando anzi una riduzione del potere d’acquisto per tutti i comparti pubblici. Il divario di genere è rimasto invariato: le donne impiegate nei settori pubblici sono il doppio degli uomini (115.304 contro 64.175), ma percepiscono circa il 20% in meno di stipendio e ciò è dovuto ad una differente distribuzione tra le qualifiche.

Confrontando le condizioni economiche dei lavoratori soggetti a contrattazione collettiva con quelle dei dipendenti regolati da norme di legge, emerge una ulteriore disparità: nel decennio 2014-2023, i redditi dei primi (dipendenti di servizio sanitario, enti locali, scuole) sono aumentati del 13%, mentre quelli dei secondi (magistrature, forze armate, polizia ecc.) del 25%. Questo divario del 10% riflette una maggiore discrezionalità da parte dello Stato nel determinare le retribuzioni per categorie non contrattualizzate.

“La riduzione del personale pubblico e la crescente difficoltà di attrarre nuovi talenti sono ostacoli significativi per il futuro del pubblico impiego”, commenta il segretario generale Fp Cgil Milano Alberto Motta. La categoria sindacale segnala un ulteriore dato significativo: a Milano, tra il gennaio 2023 e il giugno 2024, oltre 6 mila dipendenti pubblici si sono dimessi. “È indice di una crescente insoddisfazione legata sia alle condizioni economiche sia alla scarsa valorizzazione del lavoro pubblico”, aggiunge Motta.

I giovani non vorrebbero solo guadagnare di più, potendosi permettere una vita a Milano. Vorrebbero, sul posto di lavoro, contare, partecipare, ma l’abbattimento della contrattazione collettiva e del ruolo delle parti sociali ostacola la riuscita del dialogo e del confronto.

Luca Stanzione, segretario generale Cgil Milano, commenta: “Stiamo attraversando una tempesta perfetta a livello economico, con indicatori che richiamano la crisi del 2008 e fattori strutturali simili a quelli del 1973: l’aumento del costo dell’energia, i dazi commerciali, la recessione economica in Germania (primo mercato di riferimento per l’Italia) e la crescente densificazione delle grandi aree metropolitane. Questi fattori incidono non solo sul costo della vita, ma anche sui salari, specialmente nel pubblico impiego. A questo si aggiunga un preciso disegno politico di smantellamento del welfare pubblico”.

“Un esempio – prosegue Stanzione – è l’aumento esponenziale del prezzo delle abitazioni, che riduce ulteriormente il potere d’acquisto dei lavoratori. Abbiamo avanzato una proposta concreta: istituire un fondo pubblico per sostenere la cooperazione a proprietà indivisa, un modello storico di successo, particolarmente a Milano. Questo fondo potrebbe fungere da garanzia per ottenere linee di credito dalle banche, permettendo la costruzione di nuove abitazioni. Non si tratta di un’utopia: enti locali e aziende pubbliche come Atm o Enel hanno già adottato soluzioni simili in passato”.

Il segretario conclude: “Questo modello di riduzione del welfare non è sostenibile. Occorre smontare l’attuale disegno politico ed economico e costruirne uno nuovo, capace di garantire diritti sociali e dignità ai lavoratori”. Tutte ragioni che portano allo sciopero venerdì 29 novembre.