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L’inchiesta Professionista Oggi, proposta ed elaborata da Apiqa e Cgil nazionale insieme alla Fondazione Di Vittorio e alle altre categorie della Cgil, nasce dalla volontà di approfondire, anche a seguito della pandemia, la condizione dei professionisti e delle professioniste autonome per individuare quali strumenti e quali azioni possano essere utili a migliorare la qualità del lavoro di questi lavoratori e queste lavoratrici.
Un'inchiesta che si inserisce certamente in un momento complesso del nostro Paese – e del mondo intero –, non solo per la situazione pandemica con la quale conviviamo da ormai oltre due anni, ma per la fragile tenuta stessa del tessuto sociale, economico, politico e collettivo italiano e globale. Bauman diceva che “la modernità è la convinzione che il cambiamento è l'unica cosa permanente e che l'incertezza è l'unica certezza".
Proprio in questo quadro, con la crisi del concetto di comunità è importante recuperare e affermare il valore di concetti come dignità, libertà, inclusione. Lo vogliamo fare in questo caso, a partire dal mondo del lavoro autonomo, in un’ottica di ricomposizione pluralistica e partecipata del mondo del lavoro. Per la Cgil non è nuova l’attenzione e la presa in carico dei lavoratori e delle lavoratrici freelance, e abbiamo in questi ultimi anni intensificato la nostra azione di contrasto alla precarizzazione del professionismo autonomo al fine di garantirne una maggiore tutela.
In questo spirito sono stati previsti ed erogati servizi individuali specializzati, costruite azioni collettive e reti sindacali, cercando di affermare i diritti dei professionisti e delle professioniste in una prospettiva inclusiva di rappresentanza generale del mondo del lavoro, come nella proposta della Carta dei Diritti universali sul lavoro. Nella fase recente, la crisi economica determinata dalla pandemia di Covid-19 ha aggravato le difficoltà in termini di protezioni occupazionali e tutele economiche anche per i professionisti autonomi così come le criticità per le loro condizioni di lavoro.
Il rischio all’orizzonte è un pericoloso amplificatore di disuguaglianze sociali, a partire dalle conseguenze prodotte sul lavoro: l’effetto “selettivo” sul tessuto economico (che colpisce in particolare alcuni settori), le ricadute differenziate sul lavoro e conseguentemente sui redditi, l’emergere di nuove modalità di prestazione lavorativa, come il lavoro da remoto, sono stati moltiplicatori delle tradizionali segmentazioni del mercato del lavoro.
I dati sul 2020 e 2021 pubblicati da Istat mettono in evidenza come la pandemia abbia fatto ricadere i propri effetti in maniera preponderante sulle componenti di lavoro autonomo, a tempo determinato e precario, salvaguardando solo in parte la componente a tempo indeterminato. Lo stesso quadro drammatico ci viene restituito dal Censis sul reddito di questi lavoratori e lavoratrici: il 56,8% dei professionisti autonomi ha visto diminuire il proprio reddito, in molti casi anche dimezzandolo, rispetto a prima della pandemia.
Sono quindi aumentati i professionisti e le professioniste che vivono una profonda crisi economica, previdenziale e fiscale. E si inserisce anche qui il tema del gender gap: i dati di Eurostat rivelano che è proprio nell’area dell’autonomia e delle libere professioni che il gender pay gap si presenta più radicato e diffuso, aggirandosi intorno al 45%.
E poi c’è Il lavoro del futuro prossimo, da qui al 2030. Di recente il McKinsey Global Institute ha pubblicato una ricerca (The future of work after Covid-19) il cui scopo è quello di studiare gli impatti duraturi sulla domanda di lavoro, il mix di occupazioni e le competenze della forza lavoro richiesti. Sarà un mercato del lavoro contrassegnato da professionisti iper-qualificati e competenze molto verticali quello che si prospetterebbe nel breve-medio termine, in cui bisogna fare i conti necessariamente con i tempi dettati dall’intelligenza artificiale e dall’automazione industriale.
A cui si aggiunge la proiezione derivante dai dati sul fabbisogno e le previsioni occupazionali nel periodo 2019 2023 contenuti nell’annuale rapporto Excelsior confezionato da Unioncamere e Anpal, che evidenzia la richiesta, solo in Italia, di 2,5 milioni di nuovi occupati, e tra questi cresce in maniera importante il numero degli autonomi, con oltre il 70% di questa forza lavoro che dovrà possedere competenze elevate per ricoprire mansioni specialistiche e tecniche.
È imprescindibile, dunque, lavorare per sostenere un impianto che risponda a un tema di giustizia sociale a cui tutti devono contribuire. E accompagnare questo al tema dell’accrescimento delle competenze, della formazione, della riqualificazione. Contenuti centrali anche per il mondo dei professionisti e delle professioniste autonome, cui vogliamo provare a dare risposta anche a partire da quest’inchiesta. Perché è così che la Cgil vuole dare spazio e allargare la propria rappresentanza: partendo dall’ascolto delle esigenze e dei bisogni anche di questa platea di cittadini e cittadine, per costruire percorsi e azioni collettive che diano diritto di cittadinanza e allarghino le tutele a tutte e tutti i lavoratori e le lavoratrici.
Federica Cochi, presidente Apiqa
Tania Scacchetti, segretaria confederale Cgil