La privatizzazione di Rai Way è ormai avviata. Un progetto di cui si iniziò a parlare nello scorso gennaio, quando il Cda Rai, sotto la presidenza di Marinella Soldi, diede il via libera al testo definitivo del nuovo contratto di servizio, condiviso con il ministero delle Imprese.

Il 20 maggio scorso, infatti, il Consiglio dei ministri, con un decreto, ha messo la parola fine al controllo di Rai su Rai Way, la società attiva nella gestione e nello sviluppo di reti di trasmissione e diffusione radiotelevisiva per la Rai e altri broadcast, quotata in borsa, di cui la tv di stato è azionista di maggioranza e ne detiene il controllo.

I contenuti del Dpcm del governo

Il decreto della presidenza del Consiglio stabilisce che la Rai potrà cedere una quota di minoranza in Rai Way, con l’obbligo di non scendere sotto il 30% delle proprie quote azionarie. L’obiettivo è arrivare alla fusione con Ei Towers, società per azioni italiana, proprietaria dell'infrastruttura di rete necessaria alla diffusione e trasmissione del segnale del gruppo Mediaset.

Il provvedimento governativo, infatti, precisa che nella riduzione della partecipazione “sono privilegiate, ove compatibili e nel rispetto” delle norme di riferimento, “le operazioni funzionali ad assicurare l’aggregazione tra soggetti del medesimo settore”. Tutte le eventuali operazioni di cessione di quote di minoranza “possono dunque avvenire solo se coerenti e compatibili” con queste finalità.

È bene ricordare che attualmente la Rai detiene il 64,97% di Rai Way. Già nel 2022 il Governo Draghi aveva emanato un analogo Dpcm che autorizzava la Rai a scendere fino al 30%, ma con determinate condizioni tra cui: “In caso di operazioni straordinarie, Rai spa assicura la definizione di appropriati accordi di gestione e governance, e al fine di garantire la massima diffusione dell’azionariato, dovrà essere assicurato il mantenimento della quotazione delle azioni di Rai Way o della società risultante dall’operazione”.

La privatizzazione, più volte auspicata da Pier Silvio Berlusconi, a valle di questo intervento dell’attuale esecutivo, è cosa fatta.

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Gesmundo, Cgil: un favore ai soggetti privati

“Questa vendita ha caratteristiche diverse da Poste Italiane ed Eni, e forse ancora peggiori. Con un unico tratto in comune: un favore ai soggetti privati che beneficeranno di queste scelte”. Per il segretario confederale Cgil Pino Gesmundo, dopo la scelta “ideologica del governo di tagliare il canone Rai, la stessa si trova nelle condizioni di dover recuperare soldi per provare a vincere la sfida dell’innovazione digitale, predisponendo un piano industriale che trasformi la Rai in una digital company per tentare di rispondere all’approvazione dell’European media freedom act. Peccato che la Rai non riuscirà a rispondere alle garanzie chieste dall’Europa, rischiando così di essere esclusa dai futuri scenari delle aziende europee”.

La fusione, insomma, è “l’ennesimo regalo al privato che ha caratterizzato il duopolio televisivo italiano. Infatti, Ei Towers è pesantemente indebitata (oltre 700 milioni), a differenza di Rai Way, e con la fusione i soci diluiranno il debito nella nuova società. Allo stesso tempo otterranno la garanzia delle entrate certe derivanti dal pagamento della Rai per la trasmissione del segnale. Insomma, un gran regalo a Mediaset”.

Saccone, Slc: mera operazione per fare cassa

“La particolarità del decreto, al netto della decisione di vendere la quota maggioritaria di uno degli ultimi gioielli in mano a Rai, risiede nell’indirizzo vincolante della modalità di vendita che lo stesso decreto impone”, spiega Riccardo Saccone, nuovo segretario generale Slc Cgil.

“Si prevede, infatti, una vendita mirata a investitori istituzionali che dovranno favorire la fusione con Ei Towers, la società delle torri detenuta dal Fondo F2I che, a propria volta, l’ha acquistata dal gruppo Mediaset”, prosegue l’esponente sindacale: “Un’ingerenza dell’esecutivo intervenuta a valle di una deliberazione del Cda Rai, che favorirà anche economicamente i fondi poiché, qualora si fosse proceduto alla collocazione mediante un’asta pubblica, avrebbero dovuto riacquistare le azioni dal mercato”.

Saccone evidenzia che tale scelta “desta perplessità in quanto Rai Way da anni ha parallelamente avviato un piano di riconversione industriale mediante investimenti per la realizzazione di moderne infrastrutture di rete (come l’Edge data center) destinati sia agli operatori di contenuti sia alla pubblica amministrazione, utili a contribuire alla modernizzazione del Paese e a favorire i nuovi servizi di trasmissione digitali: motivo per il quale ci preoccupa la visione di chi ha deciso di relegarla al solo ruolo di operatore di broadcast. Insomma, un’incomprensibile retromarcia”.

Lo scopo, sulla carta, è quello “di favorire la nascita di un campione nazionale controllato dal pubblico, che, nelle more del dovere di assicurare un servizio efficiente e aperto a tutti gli operatori pubblici e privati, possa anche favorire delle economie di scala in grado di razionalizzare i costi, senza penalizzare gli investimenti”.

Un obiettivo “anche condivisibile, se l’assenza di un piano industriale in grado di favorire la fusione delle due società non riducesse la vendita di Rai Way a una mera operazione per fare cassa e dare una boccata d’ossigeno alle casse Rai che, certo, non vivono un momento particolarmente florido”.

A questi interrogativi, Saccone ne aggiunge altri, non meno importanti:

  • Se, come è emerso da numerosi organi di stampa, questa scelta è stata indirizzata da fondi internazionali piuttosto interessati a questo dossier, siamo sicuri che si tratti della scelta migliore per gli interessi nazionali?
  • Se la neocostituita new-co delle torri rimanesse quotata, quindi vincolata a produrre dei dividendi per i fondi (come riporta la stampa), siamo certi che questo comporterebbe investimenti in linea col passato, tanto da portare sviluppo per il broadcast pubblico e privato del paese?
  • Quando avverrà la vendita, i lavoratori e le lavoratrici di Rai Way che lo volessero, avranno la possibilità di rimanere in Rai o saranno costretti a seguire le torri?

Il segretario generale Slc Cgil così conclude: “A tutte queste domande ci auguriamo che l’esecutivo voglia dare risposta, dopo essersi ripetutamente e colpevolmente sottratto, anche se, in prima battuta, la risposta spetta al Cda, che, sebbene commissariato dal Dpcm, dovrà comunque autorizzare la vendita della quota di Rai Way”.