Più precaria e di breve durata. È questa la fotografia dell’occupazione a Roma secondo il report sulla precarietà redatto dalla Cgil capitolina, che raccoglie i dati dal 2009 al 2023. Nel 2023 sono stati 1.959.616 i contratti di lavoro attivati, il 18% in più rispetto al 2019. Contestualmente le cessazioni sono state 1.868.044, pari al 95,3% dei contratti attivati. Il 79% dei contratti è cessato al termine della data della validità del contratto stesso, l’11,8% per dimissioni volontarie, il 6,1% per cause involontarie , lo 0,5% per cause demografiche, come i pensionamenti o i decessi, e il 2,6% per altre cause.

(Leggi qui i report)

Nel 2023 i nuovi tempi indeterminati sono stati l’8% del totale dei contratti di lavoro attivati

“Nel Lazio il rapporto tra contratti a tempo determinato e indeterminato evidenzia un progressivo assottigliamento del lavoro stabile tra le nuove attivazioni”, si legge nella sintesi del report pubblicata sul sito della Cgil territoriale. “Nel 2023 i nuovi tempi indeterminati sono stati l’8% del totale dei contratti di lavoro attivati, nel 2022 erano il 9%. A livello territoriale ci sono delle differenze, ma il trend resta invariato. A Roma nuovi contratti stabili passano dall’8% al 7%, nell’area metropolitana dal 15% al 13%, a Frosinone dal 16% al 14%, a Latina restano stabili al 7%, a Rieti scendono dal 15% al 12% e a Viterbo dal 10% al 9%”.

A Roma il 49% dei contratti attivati (690.492) è durato un solo giorno

Negli ultimi anni sono aumentati soprattutto i contratti di brevissima durata. Nel Lazio ad aver lavorato con contratti di un giorno sono state 108.644 persone, di cui 99.298 nella città di Roma. A Roma il 49% dei contratti attivati (690.492) è durato un solo giorno. Nel 2022 la percentuale era del 48%. In valori assoluti c’è un aumento di 5.441 contratti, come ad aumentare sono anche i contratti di 2 o 3 giornate lavorative, che passano da 96.517 a 106.573. Complessivamente, nel 2023, il 70% dei contratti di lavoro a Roma è durato meno di un mese.

A Viterbo i contratti di un giorno sono stati pari al 3,7%, a Latina il 7,1%, a Rieti il 7,2% e a Frosinone del 10,5%, al di sotto della media nazionale, evidenziando la peculiarità tutta romana del lavoro iperprecario.

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Nel complesso, le nuove attivazioni di contratti interessano sempre più le fasce anagrafiche medio alte della popolazione: l’incidenza degli over 64 a cui viene fatto un contratto è triplicata e più che raddoppiata quella degli over 55, come cresce la percentuale degli over 45. Se nel 2009 queste fasce di età rappresentavano il 22%, oggi raggiungono il 36%. I dati in valori assoluti evidenziano come non ci sia una riduzione delle fasce più giovani ma che aumentino le persone con età medio alta a venir assunte nel corso dell’anno, segno di una maggiore precarietà anche su queste fasce di età.

Natale Di Cola, Cgil capitolina: “L’ambizione è di non perdere un’occasione come quella del Giubileo per favorire l’occupazione stabile”

Natale Di Cola, segretario generale della Cgil di Roma e deLazio

“L’ambizione è di non perdere un’occasione come quella del Giubileo per favorire l’occupazione stabile – ha detto a Repubblica il segretario generale della Cgil di Roma e del Lazio, Natale Di Cola –. Tra le dieci proposte che abbiamo avanzato al Campidoglio per l’Anno Santo ci sono un piano straordinario di assunzioni e la stabilizzazione dei precari che lavorano nei servizi pubblici e nelle società partecipate, a partire da Ama dove nei mesi scorsi c’è stata una selezione per 250 operatori a tempo determinato. Ovviamente anche le imprese dovranno fare la loro parte”.

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“Le ragioni di questa tendenza – scrive la Cgil di Roma e del Lazio – sono diverse. Innanzitutto è una scelta delle imprese: nessuno le obbliga ad assumere con contratti così brevi e la normativa nazionale che lo consente è sbagliata. Motivo per cui la Cgil ha raccolto oltre un milione di firme per chiedere l’abrogazione di alcune norme con un referendum che si voterà nel 2025. Poi ci sono le scelte prese nel territorio. A Roma il sistema delle imprese, trascurando serie politiche industriali, si è orientato in settori caratterizzati da un’occupazione più debole, determinando salari più bassi oltreché posti di lavoro instabili. A questo si aggiunge un’importante presenza di settori ancora caratterizzati dalla discontinuità, come il mondo dello spettacolo, privo di tutele ad hoc, dove le lavoratrici e i lavoratori hanno mediamente 13 contratti di lavoro l’anno. Infine l’arretramento del perimetro pubblico e una gestione degli appalti che in troppi casi ancora non tutela i salari e i diritti di chi lavora”.