Anno nuovo problemi vecchi. Questa mattina (3 gennaio) i docenti precari di sostegno sono tornati a protestare a Roma davanti alla sede del ministero dell’Istruzione e del merito. Insieme ai diversi comitati, c’era anche la Flc Cgil che dà pieno supporto a una protesta che intende mettere sul piatto due nodi cruciali che si incontrano in questa vertenza: i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici e il diritto a una qualità dell’istruzione che in questo caso tocca uno dei segmenti più fragili della popolazione scolastica: quello degli alunni con disabilità.

Diritti che, agli uni e agli altri, non sono garantiti da un sistema ormai fondato su una precarietà diventata strutturale. Non va infatti dimenticato che nel sostegno i precari sono ormai 200 mila, con 100 mila posti in deroga.

Un'immagine della protesta romana

l’incontro del 6 novembre con Valditara, né la legge di bilancio e la stabilizzazione di appena 1.800 docenti o misure come la conferma del docente a richiesta della famiglia - norma populistica che intercetta la disperazione di tante famiglie dando però un colpo ferale alla trasparenza democratica delle graduatorie - risolvono il problema. Anzi, si legge in una nota della Flc Cgil “rappresentano l’ennesimo slogan che non intaccherà la precarizzazione in questo settore, divenuta insostenibile. La continuità didattica va garantita con un piano di stabilizzazione dell’organico in deroga e con le assunzioni a tempo indeterminato di docenti specializzati. Ne va della qualità del sistema pubblico di istruzione e del modello di inclusione della scuola italiana e del diritto allo studio degli alunni con disabilità”.

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Di qui la protesta di questa mattina con il quale si chiede appunto l’incremento dell’organico di diritto, la stabilizzazione dei docenti precari e le assunzioni: unici strumenti per garantire con trasparenza la continuità didattica. “Manifestiamo dunque per il diritto allo studio degli alunni con disabilità e degli alunni tutti e per difendere la nostra professionalità, chiedendo la stabilizzazione di noi precari, attraverso un ampliamento dell'organico di diritto, unica via per la continuità didattica”, spiegano in una nota i comitati dei docenti precari.

Che chiedono anche il rispetto di chi per tanti anni da supplente ha garantito il regolare svolgimento dell'attività didattica: “Intendiamo inoltre portare all’attenzione del pubblico le istanze di altri docenti precari: gli idonei 2020 che hanno diritto giuridico al ruolo e devono essere assunti, tutti, nel più breve tempo possibile e i docenti idonei del concorso ordinario 2023/2024, cosiddetto Pnrr, migliaia di colleghi, i quali, dopo aver superato le prove di un concorso pubblico, si vedono costretti a rifare le stesse identiche prove”.

Altro tema spinoso riguarda il fatto che sui titoli di specializzazione - e non solo per quanto riguarda il sostegno - si è scatenato un vero e proprio mercato, spesso con offerte addirittura a saldo. Chi ha acquisito titoli all’estero, molto costosi e generalmente scadenti, è stato inserito a pettine nelle graduatorie, danneggiando così chi ha invece conseguito una specializzazione seria.

I precari del sostegno davanti alla sede del ministero dell'Istruzione

Sono titoli, tra l’altro, in attesa di un riconoscimento che non è ancora mai arrivato. Il compito è stato affidato con un finanziamento di 4 milioni e mezzo di euro al Cimea (il Centro di informazione sulla mobilità e le equivalenze accademiche), perché il ministero sosteneva di non essere in grado di sbrigare la gran mole di istanze, circa 12 mila. Ma nulla pare sia stato fatto e questo il governo ha chiamato in causa l’Indire che però, per la Flc Cgil, non ha né il personale né le competenze per svolgere questo ruolo e quindi probabilmente si rivolgerà alle università con accordi di partenariato per fornire i 30 cfu necessari.

Anche i comitati dei precari puntano il dito contro questi “corsi di specializzazione per le attività di sostegno erogati a distanza, in pochi mesi, probabilmente senza criteri di selezione in entrata, senza tirocini, né esami intermedi mentre noi specializzati in università italiane abbiamo superato tre selezioni in entrata, svolto tirocini, sostenuto esami intermedi, affrontando un corso oneroso, della durata di otto mesi e in presenza, in università italiane, per conseguire la specializzazione”.

Il rischio insomma è quello di avere migliaia di nuovi specializzati, spesso con percorsi scadenti, senza alcuna seria programmazione dei fabbisogni territoriali (le carenze sono soprattutto al Nord). “Ribadiamo la contrarietà rispetto all’avvio dei percorsi di formazione abbreviati e semplificati per acquisire la specializzazione sul sostegno e la necessità di implementare l’offerta formativa delle università relativamente ai Tfa sostegno, legandola all’effettivo fabbisogno del sistema scolastico e abbassando i costi a carico dei docenti”, conclude la Flc Cgil.