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425 lavoratori rischiano di restare a casa il 31 dicembre. Sono i somministrati di Adecco in missione alle Poste che da tre anni combattono per vedersi riconosciuta la continuità occupazionale e che il 21 dicembre scioperano in tutta Italia e fanno un presidio alle 10 a Roma, in viale Europa, davanti alla sede dell’azienda. La mobilitazione è stata proclamata da Nidil Cgil, Felsa Cisl e Uiltemp, le categoria che rappresentano gli atipici, che ritengono non più accettabile il permanere della condizione di precarietà di una categoria di lavoratori che si è distinta per professionalità e continuità, assicurando il servizio anche durante i lockdown.
È paradossale che la più grande rete di distribuzione di servizi in Italia, con 159 anni di storia, 12.800 uffici, circa 123mila dipendenti e 572 miliardi di euro di attività finanziarie e 35 milioni di clienti, non riesca a trovare una soluzione per garantire il lavoro a 425 somministrati. Tanto più che stiamo parlando di un’azienda dello Stato, e che questa vertenza coinvolge il ministero dello Sviluppo economico presso il quale è aperto un tavolo e con il quale si sono sottoscritti impegni precisi. Per questo, i sindacati chiedono che il Mise si faccia garante degli impegni presi, chiamando Poste Italiane alle proprie responsabilità verso i lavoratori e verso le loro famiglie, anche per evitare che si affermi un meccanismo di precarietà generale.
Su questa lunga e ancora irrisolta vertenza dei somministrati è stata anche lanciata una petizione su change.org dal titolo “Poste italiane: diritto al lavoro” che è stata firmata da più di 36mila persone. “perché – si chiedono i promotori - la prima azienda italiana per numero di dipendenti, in attivo e in carenza di personale che difficoltà avrebbe a farci continuare a lavorare, non dovrebbe stabilizzare i lavoratori invece di "fabbricare" precari, non dovrebbe dare l’esempio?”.
La vicenda è finita anche alla Camera, dove l’onorevole Erasmo Palazzotto, di Liberi e uguali, ha presentato un’interrogazione a risposta scritta i cui chiede “quali iniziative di competenza il governo intenda assumere affinché si giunga alla proroga”, e “se il governo non intenda convocare urgentemente un incontro con Poste Italiane e le organizzazioni sindacali affinché, facendosi garante degli impegni già sottoscritti presso il ministero dello Sviluppo economico, si richiami Poste alle proprie responsabilità”. Le stesse domande che i sindacati pongono da due anni.