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Una legge di bilancio che continua a “non scegliere le politiche industriali come strumento per costruire un nuovo modello di sviluppo sostenibile socialmente e in grado di creare buona occupazione”. Giudizio netto, quello della Cgil nazionale, sulla finanziaria 2023 che si appresta a varare il Governo Meloni. Una manovra caratterizzata da “poche risorse effettivamente stanziate”, in cui si continuano a “erogare incentivi a pioggia, senza indirizzare il cambiamento necessario”.
Mezzogiorno
Il credito d’imposta per la Zes unica del Mezzogiorno, invece che “aiutare i processi di reindustrializzazione del Sud, produrrà solamente un generalizzato abbattimento delle tasse pagate sugli utili per tutte le imprese, comprese quelle ludiche”. E c’è di più: “Il tutto sarà realizzato centralizzando l’intera gestione presso il ministero e non velocizzando i tempi autorizzativi che sono legati a investimenti nella pubblica amministrazione”.
Imprese
Poche le risorse stanziate per i contratti di sviluppo (solamente 190 milioni), cui si aggiungono 100 milioni per le micro e le piccole imprese “senza condizionalità e senza aiutare una diversa strutturazione delle stesse”. La Cgil giudica grave anche lo stanziamento di soli 110 milioni di euro per la crescita sostenibile, che “produrrà un ulteriore ritardo nella gestione della transizione ambientale introdotta dalle politiche europee con il Green Deal”. La manovra, inoltre, si limita a estendere le garanzie concesse dalla Sace per investimenti infrastrutturali e produttivi “non sostenendo in alcun modo la ricostruzione delle filiere produttive da ricreare a sostegno delle due transizioni in corso”.
Ponte sullo Stretto
Nella manovra trova spazio il provvedimento “identitario” del ponte sullo Stretto, attraverso un finanziamento per l’anno corrente di 780 milioni (non sufficienti nemmeno a garantire lo sviluppo di un progetto definitivo), lasciando “aleatorio il percorso per il finanziamento del resto dell’opera, rinviato al reperimento di ulteriori risorse non individuate”. Ponte che rimane una “non-priorità”, considerati “i ritardi e l’assenza di risorse necessarie a completare i collegamenti ferroviari, oggi finanziati solamente sino a Battipaglia, e all’interno della Sicilia”.
Infrastrutture e Giubileo
Poche le risorse stanziate per gli investimenti in infrastrutture, con un importo aggiuntivo del fondo per la prosecuzione delle opere pubbliche di soli 200 milioni di euro. Anche il Giubileo del 2025 ha “un finanziamento del tutto inadeguato, che rischia di far giungere il Paese impreparato a quell’appuntamento: 75 milioni da ripartire per la spesa corrente e 50 milioni di spesa capitale non sono nemmeno sufficienti a colmare il taglio di bilancio causato dalla sentenza della Corte costituzionale sull’Imu per le seconde case”.