Ulteriori incentivi all’esodo volontario e percorsi di outplacement a carico dell’azienda. Questo il contenuto del nuovo accordo tra Benetton e sindacati territoriali per fronteggiare la crisi che da tempo colpisce la notissima azienda tessile italiana. Il bilancio 2023 si è chiuso con una perdita di 230 milioni di euro, l’obiettivo è arrivare nel 2025 a raggiungere i soli 50 milioni di perdite.

L’intesa è stata siglata martedì 3 dicembre e prevede aumenti fino al 30 per cento agli incentivi all’uscita volontaria concordati nei mesi scorsi. Il che significa la possibilità per i lavoratori di uscire con un incentivo che può arrivare fino a 70 mila euro (prima dell’accordo la cifra massima era 50 mila euro), sulla base dell’anzianità. Previsti anche percorsi di outplacement del valore di 4 mila euro a carico dell’azienda, ma anche l’opportunità, per un massimo di 20 dipendenti, di un impiego di 12 mesi con un’agenzia di lavoro interinale.

Sindacati: “Già 40 uscite, ma per Benetton non bastano”

“L’accelerazione del cambiamento e le difficoltà finanziarie - dichiarano Massimo Messina (Filctem Cgil Treviso), Gianni Boato (segretario generale Femca Cisl Belluno-Treviso) e Rosario Martines (Uiltec Uil Belluno-Treviso) - hanno messo in difficoltà gli accordi precedenti, ma siamo riusciti a mantenere fermo il limite di solidarietà individuale massimo al 40 per cento. Fino al 28 febbraio 2025, data in cui scadrà l’accordo, nessun lavoratore potrà essere coinvolto in più di due giorni di solidarietà”.

Gli esponenti sindacali, però, sono preoccupati dalle intenzioni dell’azienda, che “ha dichiarato che se si vorrà discutere ancora di contratto di solidarietà, dal 1° marzo dovrà interessare la totalità dei dipendenti, e si ragionerà di percentuali medie di solidarietà, con conseguente decadenza del limite personale”. Il contratto di solidarietà, in vigore fino al 28 febbraio 2025, attualmente riguarda circa 900 dipendenti (su 1.300 complessivi).

Riguardo le uscite del personale (nel luglio scorso l’azienda aveva dichiarato dover essere circa 180), da novembre 40 lavoratori “hanno colto l’opportunità dell’incentivo all’esodo, ma per l’azienda non è sufficiente. Per favorire ulteriori uscite è stato siglato un nuovo accordo, limitato alla parte incentivante, che prevede aumenti significativi per chi decidesse di lasciare la Benetton entro il 15 gennaio”.

L’attenzione, proseguono Messina, Boato e Martines, ora è tutta rivolta ai lavoratori che rimarranno e che “dovranno essere adeguatamente formati e ricollocati all’interno del nuovo progetto aziendale, che prevede importanti tagli ai costi, con lo scopo di eliminare le situazioni non profittevoli, come i 500 negozi chiusi nel mondo che hanno generato crediti inesigibili per circa 160 milioni di euro”.

Riguardo i 500 negozi, ben 202 sono in Italia (comprendendo anche gli outlet e quelli con brand Sisley e intimo Undercolors). Nel nostro Paese il gruppo Benetton ha complessivamente 699 punti vendita, fra negozi diretti e indiretti (quindi in franchising o in fitto di ramo d'azienda). Le chiusure, dunque, riguardano quasi il 30 per cento degli store.

Tornando al progetto di riorganizzazione aziendale, questi include anche “un’analisi relativa alla possibilità di proseguire o meno con lo sviluppo del prodotto industrializzato nelle fabbriche di proprietà europee o del Mediterraneo e un progressivo spostamento della produzione verso il segmento commercializzato dal Sud-Est asiatico”.

I rappresentanti di Filctem, Femca e Uiltec territoriali così concludono: “Continuiamo a lavorare per mantenere viva la possibilità di accordi difensivi che tutelino i posti di lavoro, promuovendo al contempo uscite incentivate per offrire opportunità a chi oggi desidera lasciare l’azienda”.