PHOTO
Siamo nel pieno di una “tempesta perfetta” e alla crisi sociale profonda e alle tensioni belliche internazionali si uniscono gli effetti della crisi climatica. Per questo è necessario e urgente mettere in campo politiche innovative, che rimettano lo Stato al centro delle scelte economiche. Per la Cgil l’obiettivo è la "piena e buona occupazione". Ma come si raggiunge? Se ne è parlato oggi (9 marzo) a Corso d’Italia con un seminario e una tavola rotonda ai quali sono stati invitati studiosi e politici. Dopo la presentazione di Riccardo Sanna, capo area delle Politiche per lo sviluppo della Cgil, che ha ripercorso le più importanti esperienze internazionali di intervento pubblico in economia, è stata Gianna Fracassi, vicesegretaria generale, a dare il via ai lavori, mentre il segretario generale Maurizio Landini ha partecipato alla tavola rotonda e ha sintetizzato gli obiettivi della Cgil.
“Questa discussione - ha detto Landini - segue altri momenti su vari temi, tra cui la transizione energetica e i trattati europei. Abbiamo sempre pensato che la funzione della Cgil sia generale, di chi ha in testa il destino del Paese, un progetto di società. La nostra ambizione è questa”. È evidente che la guerra sta cambiando tutto. E un primo effetto molto preoccupante è l’aumento in Germania delle spese in armamenti. Il rischio è che si rimetta al centro la guerra non solo come strumento di regolazione, ma anche come volano dell’economia. “Noi siamo contro la guerra anche per il modello sociale che presuppone”, ha detto Landini.
Siamo in una situazione straordinaria anche per la crisi climatica e la trasformazione digitale. C'è la necessità di fare scelte in campo energetico. Basti pensare alla dipendenza dell’Italia dal gas russo. "La contraddizione - spiega Landini - è che diamo i soldi alla Russia con cui poi Putin fa la guerra a causa dei nostri ritardi nelle scelte energetiche". Per il segretario generale assumere la questione della piena occupazione significa quindi anche mettere in campo un cambiamento delle politiche. “Il Pnrr di per sé non sarà sufficiente, anche per come vengono fatti e applicati i bandi e per quello che sta succedendo in settori strategici come le telecomunicazioni e l’automotive”. Con Telecom rischiamo di aumentare la privatizzazione e lo spezzatino. E su tutto questo non c’è un vero confronto con le parti sociali. “Stiamo rischiando di sprecare l’occasione storica e di regredire a politiche vecchie. Perciò è necessario rimettere al centro l’intervento pubblico”.
Per una occupazione di qualità ci vogliono leggi che invertano le tendenze verso la precarizzazione. Da qui a fine anno bisogna intervenire cancellando le forme precarie e introdurre un unico strumento per accedere al lavoro. Stesso discorso, per il leader Cgil, quello che riguarda le scelte in campo energetico. Si devono fare scelte chiare anche perché le aziende del settore sono sotto il controllo pubblico. Per questo ci vuole l’Agenzia nazionale per creare lavoro in tutti i settori fondamentali (salute, scuola, ecc.).
I nuovi scenari devono accelerare il processo verso il cambiamento dei paradigmi. “C’è voluta una pandemia per far uscire l’Europa da una logica di puro mercato”. I nazionalismi e i populismi sono esplosi anche perché si è delegato tutto al mercato. Oggi va ribaltata la tendenza ed è molto importante cosa si può fare da subito durante questa legislatura. Ovviamente in un contesto generale tragico dove si riparla addirittura di guerra nucleare. Dobbiamo ripartire dal lavoro e dalle persone che lavorano che non sono mai state così tante come adesso. “Dobbiamo rispondere – ha spiegato Landini – a una forte domanda di fondo”. Anche la scelta dello sciopero generale, in fondo, era legata proprio alla necessità vitale di rimettere al centro le ragioni del lavoro e l’idea di un nuovo modello di sviluppo. Quindi senza un ruolo del pubblico e un intervento dello Stato non sarà possibile alcuno sviluppo futuro. Intanto sono fondamentali interventi legislativi sulla rappresentanza e la battaglia contro i contratti pirata.
La tavola rotonda
Durante la tavola rotonda che è partita subito dopo gli interventi dei relatori della mattinata, Nunzia Catalfo, coordinatrice del comitato Politiche del lavoro del Movimento Cinque Stelle, ha ricordato i dati molto preoccupanti dell’Osservatorio sul mercato del lavoro. Un dato da valutare tra tutti è quello che riguarda l’unico settore che si è contraddistinto, ovvero quello delle costruzioni dove si è fatto un grande investimento (bonus 110 per cento che ha raddoppiato le assunzioni). Siamo all’inizio di un percorso ed è necessario ripensare tutti gli strumenti di welfare. C’è un pacchetto di interventi da attivare. Per quanto riguarda i salari, è prima di tutto necessario eliminare i contratti pirata. Ci vuole un contratto leader che indichi il salario minimo. Definire una soglia minima e rinnovare i contratti. La proposta di Catalfo è una detassazione per favorire i rinnovi. Importante è anche affrontare gli effetti dell’inflazione. In generale sul lavoro stiamo curando il male con l’aspirina. Bisogna ripensare complessivamente le politiche.
Nicola Fratoianni di Sinistra italiana ha esordito con un ringraziamento alla Cgil per quello che sta facendo contro la guerra. Il lavoro – ha detto Fratoianni - è stato svalorizzato ed espulso dal dibattito pubblico. Nello stesso periodo si è marginalizzato il ruolo dello Stato pensando alla centralità del mercato. Tendenze che hanno prodotto un disastro su tutti i piani a partire dalla disoccupazione e dal lavoro povero. Il problema è oggi come si ricostruisce e con quali politiche. Come invertire la tendenza con sufficiente radicalità perché radicali sono i problemi in ballo. Un esempio è la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario. La gigantesca occasione del Pnrr segna un’insufficienza di base. Non si legano mai tra loro i problemi che dobbiamo risolvere: tendendo insieme transizione e occupazione. E le condizionalità si mettono in campo solo per le fasce più deboli e “sfigate”. Per le imprese no. Ci dobbiamo concentrare su questo per rilanciare una vera iniziativa politica per correggere l’impostazione che si è data al Pnrr.
Piero Latino, Articolo 1. Ringraziando la Cgil per la mobilitazione sulla pace, Latino ha parlato anche della qualità dell’informazione in Italia. Per quanto riguarda il lavoro, Latino ha detto che è bene rimettere al centro un obiettivo di chiaro stampo progressista “socialdemocratico”. Serve una nuova politica industriale e un nuovo ruolo dello Stato come promotore. C’è qualche piccolo passo avanti, ma il quadro di oggi ha congelato il processo. E invece va rilanciato lo Stato individuando i settori strategici. Creare un’Agenzia che sia in grado di coordinare le partecipazioni del pubblico nella politica industriale. Trasformare le società in società indipendenti al servizio della crescita del Paese. Lo Stato deve avere una presenza diretta sia nel settore dell’acciaio, sia nel settore strategico dell’automotive, dove si rischia di mollare tutto ai francesi. Analogo discorso per i servizi pubblici locali, dove la presenza dello Stato deve tornare a essere centrale. Ci vuole poi la legge sulla rappresentanza e sul salario minimo. Altro obiettivo è la riduzione dell’orario di lavoro anche legandola all’uso dello smart working.
Giuseppe Provenzano, vicesegretario del partito Democratico, ha detto che il merito della discussione organizzata dalla Cgil è proprio quello di aver rimesso al centro dell’attenzione la piena e buona occupazione. Oggi è però complicato rilanciare la discussione senza rimettere in comunicazione tutti i vari elementi. Noi stiamo ancora seguendo la linea di aumentare la crescita senza lanciare l’occupazione. In ogni caso è fondamentale valorizzare la svolta di Next Generation Ue, che è stata frutto di una battaglia politica, che ha messo al centro l’Italia e l’occupazione. Quindi qualche passo (sul lavoro) è stato fatto, anche grazie al sindacato. Ma il Pnrr è sufficiente? Dobbiamo dirci che forse non è così all’altezza della sfida sull’occupazione. Stesso discorso sulla politica degli incentivi che comunque non vanno bocciati in toto. Questione fondamentale è poi la qualità del lavoro. I problemi sono la specializzazione produttiva e la governance degli investimenti pubblici. È evidente che servirà fare dei correttivi al Pnrr facendo i conti con un quadro sconvolto dalla guerra. Dobbiamo affrontare il problema dei salari e della qualità del lavoro. Anche la riforma fiscale è insufficiente per i redditi medio bassi. C’è poi da aggredire anche il bacino del lavoro povero che è il vero dramma del nostro Paese. Forse non ci sono le condizioni per una legge sul salario minimo, ma si può mettere a punto una proposta che abbia il consenso anche delle parti sociali. Insomma, distinguiamo quello che vorremmo da quello che si può fare adesso, in questa legislatura. Provenzano ha parlato anche dei correttivi necessari per rendere efficaci le politiche industriali (vedi per esempio il caso Stellantis). Per rilanciare davvero gli investimenti pubblici serve una grande mobilitazione sociale e politica come ai tempi di Di Vittorio.
L’introduzione di Gianna Fracassi
I lavori della mattinata erano stati introdotti dalla vicesegretaria generale Gianna Fracassi. “La piena occupazione non è un’utopia, ma serve un cambiamento del paradigma. Il nostro è un obiettivo programmatico”, ha detto Fracassi, che ha rilanciato l’attualità del Piano del Lavoro della Cgil. Si tratta di obiettivi che non solo sono stati praticati con successo in vari Paesi, ma che ora sono al centro dell’attenzione anche dell’Europa. Il mercato lasciato libero non fa che aumentare le differenze sociali. Nel frattempo si diffondono in Italia solo il lavoro precario e le nuove povertà. Le emergenze sono tre: qualità del lavoro, modello quantitativo e straordinaria questione salariale. Ma le politiche praticate sono state finora tutte poco lungimiranti. E oggi la crisi attuale ci pone a un bivio mai visto prima: trasformazioni insieme a crisi climatica che rimette in discussione tutto.
In Italia c’è anche una crisi sociale, ha proseguito Fracassi. Siamo quindi nel pieno della “tempesta perfetta”. Si impone oggi una radicalità del cambiamento e le ricette del passato ormai non servono più e hanno fallito. Oggi quindi cerchiamo di mettere in campo risposte ai problemi complessi. Il cambiamento è necessario. Allungare le misure di sostegno fino al 2030, una revisione della governance economica, forte investimenti europeo su scienza e ricerca; queste le priorità. Si deve passare dallo Stato osservatore allo Stato protagonista delle politiche dell’occupazione. Abbiamo l’obbligo della condizionalità dell’erogazione delle risorse pubbliche alle imprese. Spesso le risorse pubbliche sono state usate fuori dal Paese (imprese che hanno trasferito all’estero le produzioni). Il Pnrr deve essere accompagnato da risorse nazionali ordinarie. Il terzo punto: inversione della retorica sul lavoro pubblico sempre denigrato. Oggi abbiamo la necessità di un Piano di occupazione pubblica in diversi settori. Ma non basta un lavoro purchessia, come vediamo nelle proposte su rilancio dei voucher. Per creare lavoro ci vogliono risorse. Il lavoro è un tema politico e di politiche. Per questo la Cgil si aspetta un vasto coinvolgimento delle forze sociali, ha detto Fracassi.
Gli interventi
Laura Pennacchi, coordinatrice del Forum economia della Cgil. Ripercorrendo la storia delle teorie economiche, ha detto che c’è bisogno di una grandissima progettualità dell’operatore pubblico. Inadeguati gli approcci neoliberisti, ma anche quelli mainstream. Stato solo regolatore? No, oggi ci vuole uno Stato protagonista. Ci vuole un insieme strutturale di interventi.
Massimo Luciani, docente di diritto pubblico a Roma, ha analizzato la centralità del lavoro nella Costituzione. Luciani ha citato varie sentenze della Corte nelle quali il riferimento centrale è sempre il lavoro, criticando anche il limite del ricorso al solo principio di ragionevolezza nella garanzia dei diritti.
Simone Gasperini, economista che lavora con Mariana Mazzucato, ha ripercorso le teorie economiche del Novecento partendo dalle elaborazioni di Keynes a partire dalla sottoccupazione che caratterizza il sistema capitalistico. Politica fiscale come strumento fondamentale delle politiche. Ci vuole poi un soggetto pubblico che si occupi delle crisi industriali. Inoltre investimenti in aree depresse.
Annamaria Simonazzi, economista, ha detto che oggi è necessario ripensare il funzionamento del mercato del lavoro. Ci vuole una nuova flexsecurity. Simonazzi ha anche analizzato le ragioni che determinano l’aumento della povertà. Ma bisogna ripensare anche le politiche sociali che continuano a essere spezzettate e non coordinate tra loro. E ripensarle in un’ottica di lungo periodo superando la logica degli interventi basati solo sugli incentivi e sulla decontribuzione.
Nicolò Giangrande, ricercatore della Fondazione Di Vittorio e docente, ha analizzato la situazione che riguarda salari, inflazione e occupazione. L’inflazione ha effetti sulla finanza pubblica e sui lavoratori che vedono indebolito il loro potere d’acquisto.È necessario adeguare subito i salari. Con oltre sei milioni di lavoratori in attesa di rinnovo contrattuale.