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“Senza il blocco dei licenziamenti il colpo che subirebbe il Piemonte sarebbe mortale”. Non usa troppi giri di parole il segretario della Cgil regionale, Claudio Stacchini, per lanciare l’allarme su quello che potrebbe essere lo scenario del lavoro sul territorio nel prossimo futuro, nel caso in cui non venisse prorogata la misura che protegge gli occupati in questo momento di crisi. “Dall’inizio dell’anno qui sono andati persi 82mila posti di lavoro precari, tra tempi determinati e somministrati, di cui 63mila dipendenti e 19mila autonomi. A questi, nel caso in cui venisse cancellato il blocco dei licenziamenti, se ne aggiungerebbero altri 90-100mila”.
“Questo – ci ha spiegato Claudio Stacchini – sarebbe il risultato di un’applicazione delle ipotesi Istat, che prevedono, in media, un calo dell’occupazione del 9 per cento. In Piemonte questa percentuale sarebbe più alta, seppur di poco, in virtù delle caratteristiche dei settori tradizionali: siamo una regione molto votata al manifatturiero, i nostri lavoratori, mediamente, hanno una qualificazione più bassa rispetto alla media dei colleghi nel centro nord e veniamo da un periodo di crisi precovid profondissima, in particolare nel tessile e nell’automotive”.
Cosa temete? “Temiamo che con la liberalizzazione dei licenziamenti, così come chiede Confindustria spalleggiata ultimamente anche dalle dichiarazioni del ministro Patuanelli, il colpo sarebbe drammatico, dal punto di vista economico e sociale. Se in una fase di emergenza il governo non pensa a difendere la comunità – conclude il dirigente sindacale – ci troviamo di fronte a un errore grandissimo”.