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“Nell’odierno incontro al ministero del Lavoro i rappresentanti dell’azienda hanno continuato a tenere un atteggiamento di chiusura su qualsiasi ipotesi di vendita del marchio, in spregio alle posizioni del governo, delle organizzazioni sindacali, delle istituzioni locali e soprattutto dei lavoratori di Pernigotti di Novi Ligure, proponendo contratti di fornitura a terzi e la vendita dei macchinari dello stabilimento senza nessun patto sociale di accompagno con ammortizzatori sociali”. Lo dichiara Mauro Macchiesi, segretario nazionale della Flai Cgil.
Nella sostanza rimane in piedi la volontà di utilizzare il marchio Pernigotti per le produzioni che già si fanno in Turchia e proposte per le produzioni in Italia di scarso valore. "In questi mesi - prosegue - abbiamo avuto dichiarazioni roboanti dal ministro Di Maio e dal presidente della Commissione del Parlamento europeo, ma i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Al termine dell’incontro le parti, su proposta del ministero del Lavoro, si sono aggiornate al 5 febbraio ma rimane sul tavolo del confronto la proposta di cassa integrazione per cessazione".
"Ci auguriamo - conclude Macchiesi - che in questo mese possano maturare condizioni diverse per l’affido delle produzioni italiane a un soggetto che abbia un profilo industriale”.
La manifestazione d’interesse più concreta, confermata dal management aziendale, è quella della cremonese Sperlari, altro storico brand di caramelle e torroni, dal settembre 2017 di proprietà della tedesca Katjes International Gmbh. Un interesse avrebbe manifestato, stando alle indiscrezioni, anche un fondo indiano, che avrebbe affidato l'incarico di sondare il terreno a una società svizzera. Il gruppo turco ha però negato qualsiasi contatto con i “pretendenti”, ribadendo di non voler vendere il marchio (anche perché ormai la produzione di Pernigotti avviene per oltre il 60 per cento in Turchia) e di puntare invece all’esternalizzazione delle lavorazioni di cioccolato presso altre imprese del settore, dedicandosi interamente alla sola commercializzazione dei prodotti.
Una soluzione che non piace neanche alla Flai Cgil di Alessandria. L'azienda, proprietà dei fratelli Ahmed e Zafer Toksöz (a capo di una multinazionale attiva su più comparti, in primis quelli farmaceutico e vinicolo), “non ha cambiato la propria posizione rispetto all'inizio della vertenza”, spiega il segretario Marco Malpassi: “Ha aperto la procedura, ha annunciato di voler chiudere lo stabilimento, nel frattempo ha nominato un advisor e ha promesso un piano di reindustrializzazione, verso il quale però abbiamo molti dubbi”. Per i sindacati, dunque, la strada preferibile sarebbe quella della cessione dell’azienda, piuttosto che l’esternalizzazione delle lavorazioni.