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Nonostante le tante difficoltà, il 94% di chi lavora nell'istruzione ha fatto la sua scelta per passione. Una passione che però, appunto, si scontra con una realtà spesso complicata. Sono questi i risultati più significativi di una ricerca svolta da Tecné per la Flc Cgil.
I motivi dell’insoddisfazione sono intuibili. Al primo posto gli stipendi, che per il 76% del campione risultano inadeguati, così come è l’intero sistema scolastico a non essere adeguato alle esigenze degli studenti (66%). Quali sono dunque le priorità su per un governo dovrebbe impegnarsi se avesse davvero a cuore le sorti della scuola in Italia, al di là degli slogan e delle “sparate” disciplinari e sovraniste? Per il 34% la prima cosa da fare è la lotta al precariato, mentre il 29% ritiene urgente un adeguamento degli stipendi.
Il ruolo del sindacato
Il 92% si è rivolto a un sindacato per consulenza e assistenza. Il 75% giudica positivo il ruolo dei sindacati nel settore e il 61% si sente adeguatamente rappresentato. Il 75% dei lavoratori vede nello sciopero e nelle manifestazioni (il 72%) gli strumenti per ottenere cambiamenti concreti. Molto positivo anche il giudizio sulla Flc Cgil: per il 43% è il sindacato più riconosciuto e apprezzato per la capacità di difendere i diritti dei lavoratori. Una distanza significativa rispetto a Cisl (18%) e Uil (11%). Sicuramente un buon viatico per le elezioni per il rinnovo delle Rsu (voto previsto dal 14 al 16 aprile 2025) in occasione delle quali il sindacato della conoscenza della Cgil presenterà liste in ogni scuola, università, ente di ricerca con circa 8 mila sedi di votazioni. Abbiamo chiesto a due insegnanti di commentare questi risultati a partire dalla propria esperienza personale.
Passarelli: un lavoro per passione
Gaetano Passarelli insegna fisica all’istituto tecnico e professionale Belluzzi Fioravanti di Bologna ed è anche Rsu Flc Cgil. “Confesso di essere un po’ sorpreso da un dato così consistente sulla passione. Pensavo fosse una cosa di qualche tempo fa, naturalmente ne sono contento”. “D’altra parte - aggiunge - mi ci ritrovo pienamente. Io, dalla scuola sono stato folgorato sin dal primo giorno in cui sono entrato in una classe”. Una storia, quella di Passarelli, iniziata “un po’ per caso”. Finito l’istituto tecnico, mi ero iscritto a ingegneria, mio padre, senza dirmi nulla, aveva fatto per me domanda per una supplenza come assistente di laboratorio. All’inizio non volevo, poi alla fine ho accettato per fare un’esperienza. Da quel momento non ho più smesso, mi sono laureato ingegneria e poi ho ottenuto la cattedra di fisica”.
Molto spesso, aggiunge, “quando i miei studenti scoprono che sono ingegnere, mi chiedono come mai faccio l’insegnante e io rispondo che se facessi l’ingegnere nel corso della vita potrei al massimo progettare qualche opera, mentre come insegnante ho la fortuna di
avere a che fare con migliaia di ragazzi, ognuno dei quali potrebbe diventare qualcuno che nella vita fa cose importanti”.
Eppure, come si rileva anche nel sondaggio, le criticità non mancano. “Il nostro lavoro - commenta amaramente - si sta spostando troppo sul versante amministrativo, burocratico, piuttosto che didattico. Ci sono forzature continue per trasformare questo meraviglioso mestiere in un lavoro impiegatizio, mentre io l’ho sempre pensato come un lavoro artigiano”.
Poi naturalmente c’è il tema delle retribuzioni assolutamente inadeguate: “Il mio primo stipendio da tecnico di laboratorio, nel 1989, era di 1 milione e 800 mila lire, allora mi sembrava un’enormità. Oggi, a distanza di tanti anni, e dopo tanta anzianità di servizio arrivi a 1.800-2.000 euro: ma se si pensa a tutta la formazione che si è fatta, alla lunga trafila, all’importanza del lavoro che si svolge, la cifra è veramente inadeguata. Molto più bassa di quella che si guadagna, in analoga posizione, in aziende o enti diversi”.
Retribuzioni basse significano anche un mancato riconoscimento professionale che si riflette all’esterno, anche per questo, aggiunge l’insegnante, “trovo molto importante che invece nel sondaggio l’81% degli intervistati percepisce la grande importanza che viene riconosciuta al proprio lavoro. Questo, nonostante la pessima campagna stampa di cui godiamo: un bel segnale”.
Lichene: sindacato fondamentale
“Ho iniziato a lavorare in ambito educativo come, appunto, educatrice in ludoteche, centri estivi, mentre studiavo a Torino. La mia passione è nata lì: per questo mi riconosco in pieno nelle risposte fornite dal sondaggio. Mia madre poi era insegnante e da piccola quando frequentavo la scuola erano cominciate sperimentazioni importanti, come quelle sul tempo pieno. Tutte cose a cui poi ho ripensato una volta diventata insegnante a mia volta, quando mi sono trovata ‘sul campo’”. È come un cerchio che si chiude quello di Claudia Lichene, per 20 anni maestra nella scuola dell’infanzia e da quest’anno alla primaria di Carcare, in provincia di Savona.
Rispetto alle criticità rilevate nel sondaggio per la docente non c’è solo quella evidente del salario troppo basso: “Quello che mi colpisce molto è che il 66% degli intervistati ritiene il sistema non adeguato alle esigenze degli studenti. È un dato grave, e sarebbe interessante indagare a fondo su quali siano questi elementi”. Sono risposte non facili da trovare, si rischia la superficialità. Per Lichene da segnalare c’è senz’altro la “difficoltà di individuare le esigenze e i bisogni formativi dei ragazzi e delle ragazze. C’è infatti una forte pressione delle famiglie e del sistema scolastico ad andare di fretta, una pressione che spesso noi insegnanti subiamo e che rende difficile capire quali sono i reali bisogni educativi”.
Per quanto infatti rispetto ai vecchi programmi le Indicazioni nazionali (almeno finché rimangono queste: Valditara ci sta mettendo le mani pesantemente) indichino orizzonti ampi di apprendimento, traguardi da raggiungere nel tempo, “non è sempre facile individuarli collegialmente, dandosi tempo per lavorarci, perché ci si ritrova sempre a rincorrere, a subire il controllo e la pressione delle famiglie”.
Il che per l’insegnante si vede soprattutto sul tema della valutazione che “si traduce ad esempio in questa sorta di addestramento per le prove Invalsi che poi tra i docenti genera un senso di inadeguatezza, con la paura di essere giudicati non capaci di preparare le classi come si dovrebbe”. Ovviamente si tratta di una questione che nella secondaria superiore si fa ancora più pressante, dove inoltre, sottolinea, “c’è spesso una rincorsa a quei programmi che ormai da tempo non dovrebbero più occupare la mente degli studenti”.
Pesa anche il tema della precarietà, come indicato pure dal sondaggio: “Avere ogni anno nuovi colleghi precari rende tutto molto più difficile, si ha la sensazione di dover ricominciare ogni volta tutto da capo”.
In questo contesto, il ruolo del sindacato è fondamentale, innanzitutto per promuovere un sempre maggiore riconoscimento professionale “che per me non può non passare da una formazione adeguata che invece oggi viene spesso proposta a prescindere dai reali bisogni formativi della comunità scolastica”.
Nel sondaggio al sindacato, e alla Flc Cgil in particolare, viene riconosciuto un ruolo importante (il 92% del campione) in materia di consulenza e assistenza, il che, commenta l’insegnante, “è assolutamente positivo. Ma non dobbiamo dimenticare che stare accanto al lavoratore soprattutto nel nostro settore significa anche farlo da un punto di vista più vasto, culturale, promuovere cioè un’azione di conoscenza fondamentale per chi opera nell’istruzione”.
Insomma, serve un sindacato che guardi a orizzonti ampi e qui, conclude, “mi ricollego alla conclusione dell’indagine, quella in cui si dice che ‘la Flc Cgil non è solo un sindacato, ma un ponte tra i lavoratori e il cambiamento’. Ecco, io qui ci voglio leggere un’intenzionalità, qualcosa che mi dice che il mio sindacato non è fermo: molte conquiste sono state fatte, ma bisogna sempre andare avanti”.
Ed è questo motivo per cui Claudia Lichene, come tante e tanti altri, ha deciso di ricandidarsi alle prossime elezioni delle Rsu, “anche con la consapevolezza della fatica che questo compito oggi richiede”.