PHOTO
Il terzo anniversario della strage allo stabilimento padovano delle Acciaierie Venete, dove due operai, Sergiu Todita e Marian Bratu, persero la vita tra atroci sofferenze, e altri due, dipendenti di una ditta in appalto, restarono gravemente feriti, cade in un momento in cui il tema della salute e della sicurezza sul lavoro è quanto mai attuale. La scorsa settimana è stata funestata da una lunga scia di vittime, iniziata con la giovanissima operaia tessile a Prato e proseguita con l'esplosione e il rogo del laboratorio di produzione di cannabis light di Gubbio, dove una delle due vittime aveva appena 19 anni. Questa settimana è stata scandita dagli scioperi a Prato, Varese, Bergamo e in Umbria, i teatri degli ultimi decessi sul lavoro. Ed è culminata nell'iniziativa unitaria di ieri, nella quale Cgil, Cisl e Uil hanno convocato un'assemblea di delegati e rappresentanti per la sicurezza nella quale sono intervenuti anche i segretari generali delle confederazioni.
Oggi, a conferma del fatto che in Italia da anni si muore ogni giorno sul lavoro senza che nulla cambi, i metalmeccanici di Padova si mobilitano per ricordare quel terribile 13 maggio del 2018 che falciò per sempre la vita di due operai delle Acciaierie Venete e la cambiò per sempre ai loro due colleghi dell'appalto feriti.
Con lo slogan "Lavorare per vivere con dignità e non per morire", Fim, Fiom e Uilm, insieme alle Rsu, alle lavoratrici e ai lavoratori, riaffermano la volontà di non dimenticare tutti coloro che sono morti sul lavoro. Due i presidi convocati in mattinata.
Luoghi della protesta e della memoria sono la sede dell’Inail, "l’ente - scrivono i sindacati nel comunicato - che si dovrebbe occupare della prevenzione, della cura e delle tutele legate agli infortuni sul lavoro e alle malattie professionali e la facoltà di Ingegneria dell’Università di Padova, il luogo dove si studia cosa, come e dove produrre, luogo d’origine dei processi produttivi, dove si possono prevedere gli effetti sulla salute e sicurezza dei lavoratori e dell’inquinamento ambientale. Il profitto, pertanto, non può essere l’unico punto di vista che determina le condizioni della vita lavorativa delle persone e dell’ambiente".
Per le tre sigle sindacali le condizioni e le modalità di lavoro devono cambiare e la sicurezza sul lavoro dev’essere la priorità per tutti: lavoratori, aziende, enti di controllo e governo.
"Innovazione, ricerca e sviluppo hanno bisogno di risorse nuove e non di finanziamenti a fondo perduto alle aziende in cui non viene verificata l’attuazione e l’adozione di misure adeguate per la sicurezza delle persone. L’uso delle tecnologie più avanzate e una nuova organizzazione del lavoro possono migliorare le condizioni di salubrità e sicurezza degli ambienti di lavoro. Inoltre, non vanno messe in discussione le norme del codice degli appalti che con la logica della semplificazione e liberalizzazione intervengono sul costo del lavoro smantellando regole e diritti e mettono in competizione i lavoratori fra loro"
"Gli organismi di controllo e di ispezione come lo Spisal - continua la nota - vanno rafforzati aumentando l’organico e formandolo rispetto alle diversità delle tipologie produttive dei vari settori industriali. La sorveglianza sanitaria nei luoghi di lavoro non può più essere affidata ad un sistema privato sovvenzionato direttamente dalle singole imprese, ma dev’essere pubblica e indipendente. Va rimossa la precarietà come condizione di ricatto dei lavoratori che devono essere coscienti dei propri diritti e che non devono essere costretti ad accettare qualsiasi compromesso pur di lavorare. Proprio perché i lavori non sono tutti uguali e non possono essere svolti a qualsiasi età e in qualsiasi condizione, è necessario rivedere la normativa dei lavori usuranti e gravosi e il diritto di accesso alla pensione abbassando l’età e la quantità di anni necessari per accedervi".
"Le lavoratrici e i lavoratori - concludono Fim, FIom e Uilm di Padova - non possono essere sacrificabili in nome del profitto. Essi sono il cuore, il motore e il futuro del nostro Paese com’è stato dimostrato anche durante la pandemia tutt’ora in atto. I metalmeccanici padovani, il 28 marzo 2019, con l’urlo “O ti fermi o muori” ribadirono la centralità e il valore dei lavoratori e, oggi come allora, confermano il proprio impegno a non accettare la morte come un’eventualità possibile del lavoro".