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La presidente della Fondazione Basaglia Maria Grazia Giannichedda, il portavoce di Sbilanciamoci Giulio Marcon e il rappresentante di Fridays for Future Filippo Sotgiu, non solo si sono trovati al fianco della Confederazione nel chiedere che l’Italia e l’’Europa ascoltino il lavoro, ma alla Cgil assegnano una responsabilità, quella di “guidare” la mobilitazione per la difesa della Costituzione antifascista e il cambiamento del modello economico.
“La somma di scelte e di politiche sulla sanità degli ultimi vent’anni hanno distorto e smantellato il Servizio sanitario nazionale”, ha affermato Maria Grazia Giannichedda, sottolineando allarmata che “oggi è in questione l’articolo 32 della Costituzione, quello che afferma la salute come diritto fondamentale”. A minare questo diritto è l’aumento esponenziale delle diseguaglianze nella possibilità di accedere ai servizi seconda la regione dove si vive, nella possibilità di essere curati seconda la malattia che si ha. “Ma - ha ricordato la presidente della Fondazione Basaglia - l’articolo 3 della Carta dice che bisogna ridurre le diseguaglianze, e questo è stato il fondamento di leggi importanti come la 180, la 194. Poi sono arrivati i tagli delle risorse che hanno colpito prima di tutto i servizi di vicinanza e di territorio”.
Veniamo da due anni di pandemia "che hanno squadernato tutti i limiti del welfare pubblico, dicendo chiaro e tondo quanto solo un servizio pubblico e universale può garantire la seconda parte dell’’articolo 32, quello che afferma che la salute, oltre a essere un diritto fondamentale dell’individuo, è anche interesse collettivo. Eppure questa sembra una lezione già dimenticata e ulteriori riduzioni delle risorse per la sanità sono già previste nel Documento di programmazione economica approvato poche settimane fa dal Parlamento". La salute, ha concluso Giannichedda, "non è e non può essere una merce né fonte di profitto. La strada giusta è quella di metterci insieme per fare una grande battaglia contro chi vuole toglierci la Costituzione e il terreno su cui poggia”
La guerra non ha vincitori, la pace non ha vinti. “Occorre far vincere la pace”, ha detto Giulio Marcon, affermando con nettezza che “la guerra si fonda su un modello di sviluppo sbagliato che fa aumentare la povertà e concentra la ricchezza nelle mani di pochi”. Allora battersi per la pace significa promuovere un nuovo modello economico che abbia al centro il lavoro, la salute, l’istruzione, l’ambiente. “Perché – si è domandato - il Parlamento ha approvato l’aumento al 2% delle spese militari ma non l’aumento al 7% di quelle per la sanità e al 5% per la scuola? La guerra è nemica del nostro futuro. Allora ci associamo a tutte le voci di pace, innanzitutto a quella di Papa Francesco, chiaro nell’indicare la via da seguire: sospendere i combattimenti e aprire le vie del dialogo e dei negoziati. Per far sentire la nostra voce contro la guerra lanciamo dal 21 al 23 ottobre una mobilitazione in ogni piazza, in ogni città”.
Il fondamento di un nuovo modello economico sta in due carte fondamentali, tutt’e due del 1948, la Costituzione e la Dichiarazione dei diritti universali. “Quella Dichiarazione parla di giusta e uguale retribuzione per donne e uomini, di diritto all’istruzione gratuita, di cure mediche gratuite", dice il portavoce di Sbilanciamoci: "Chi in questi anni ha promosso la precarietà e privatizzato la sanità, ha tradito la Dichiarazione dei diritti umani. Chi dà un salario diverso a uomini e donne, tradisce la Dichiarazione dei diritti umani. Chi riduce gli stanziamenti per l’istruzione tradisce la Dichiarazione dei diritti umani. E chi manda i ragazzi a morire in fabbrica per fare gli stage per l’alternanza scuola lavoro, sappia una cosa: quella non è formazione, è sfruttamento”. Oggi, ha concluso Marcon, non solo siamo a un anno dall’assalto fascista alla sede della Cgil, siamo anche a quasi 50 dalla manifestazione operaia contro il fascismo a Reggio Calabria: “Saremo sempre insieme al sindacato e alla Cgil contro il fascismo, per la libertà e i diritti di tutte e tutte”. Per questo ha esortato il sindacato guidato da Landini a trasformare il patto di consultazione siglato con le associazioni in “patto di azione”.
La transizione per Filippo Sotgiu è certamente quella ambientale ed energetica, ma è quella che modifica la società e l’economia. A cominciare dalla riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario per liberare tempo: “Non serve produrre beni superflui per guadagnarsi da vivere” e il gas non “non è il combustibile della transizione, ma è il problema”. Allora occorre "aiutare la costruzione delle comunità energetiche in grado di auto-produrre energia dalle rinnovabile, ma chi lo sa? E chi meglio della Cgil può aiutare questo processo, anche attraverso informazione e formazione?".
“Dobbiamo cominciare a immaginare il mondo come lo vogliamo e lavorare per realizzarlo”, ha sostenuto l’esponente dei Fridays for Future facendo esempi concreti: "Certo, le macchine devono essere tutte elettriche, ma devono essere meno. E al posto delle fabbriche per la costruzione delle automobili destinate ai privati, bisogna realizzare poli per la costruzione della mobilità sostenibile e collettiva". Filippo Sotgiu ha così concluso: “I problemi sono chiari, le soluzioni sono chiare, la direzione da percorrere è chiara. Ciò che non è chiaro è chi prenderà le redini di questo processo, e se non sarà la Cgil a farlo, il rischio è che siano le persone sbagliate a farlo. Non possiamo permettercelo”.