Salari, salute, diritti, occupazione. Queste le parole d’ordine della manifestazione delle lavoratrici e dei lavoratori pubblici convocata, dalla Fp Cgil e da Uil Fpl e Uil Pa per il 19 ottobre ottobre il Piazza del Popolo a Roma. Parole d’ordine che si fanno ancora più forti dopo la lettura delle poche tabelle della manovra di bilancio rese pubbliche. La manovra infatti è stata approvata dal Consiglio dei ministri, ma ancora in Parlamento non è arrivata.

Salari

Proprio ieri l’Istat ha pubblicato il Rapporto sulla povertà attestando come il lavoro non sia più garanzia rispetto all’indigenza. Si registra, purtroppo, l’aumento della povertà tra le famiglie operaie o “lavoratori assimilati”, si passa dal 14,7% del 2022 al 16,5% del 2023. Certo, nella pubblica amministrazione di operai ce ne sono pochi, ma ci domandiamo mai quali siano i salari minimi in alcuni settori? Certo è che in manovra le risorse chieste dai sindacati per i rinnovi contrattuali non ci sono. Dice il ministro Zangrillo che i soldi sono stati messi. Falso: come si può affermare che lo 0,22% siano risorse tali da cambiare il segno della manovra, da avviare alla risoluzione la trattativa sul rinnovo contrattuale?

Spiega infatti Florindo Oliverio, segretario nazionale della Fp Cgil: “La perdita di potere di acquisto dei lavoratori e delle lavoratrici a causa dell’inflazione supera il 17%, lo 0,22 aggiunto al 5,78% messo sul tavolo della trattativa dall’Aran fa il 6%, manca ancora l’11%. E non stiamo parlando di aumenti di salario, ma di semplice recupero dell’inflazione”. Non solo, quel 0,22% corrisponde a mala pena a 20 euro lordi al mese. “Insomma – aggiunge il dirigente sindacale –, se consideriamo la busta paga di un funzionario – 1.958 euro al mese – nel corso degli ultimi tre anni ha perso 332 euro di potere di acquisto e il governo stanzia risorse per ridargliene 141”. Perché quello 0,22 non andrebbe sul salario tabellare. Ma non finisce qui, a rischio è l’ammodernamento della pubblica amministrazione. Conclude Oliverio: “Non solo non ci sono le risorse per rinnovare i contratti, ma mancano anche quelle per continuare il passaggio al nuovo ordinamento avviato con il Ccnl 2019; grazie alle risorse che ottenemmo dal governo Draghi per avviare il passaggio, ma l’esecutivo Meloni non stanzia quelle per proseguire il percorso. Insomma, con questa manovra non ci sono le risorse per il salario dei dipendenti, non ci sono le risorse per ammodernare il settore e così lo si rende assai poco attrattivo per i giovani”.

Salute

Meloni e Giorgetti continuano a raccontare che mai tante risorse sono state previste per la sanità. Falso: il sottofinanziamento del servizio sanitario nazionale prosegue, è previsto il calo di quanto destinato sul Pil sia per il 2025, che nel 2026 e 2027; si programma il calo, scrivendolo nero su bianco nel bilancio dello Stato, proprio quando dovrebbero essere terminate le case e gli ospedali di comunità e ci si domanda come si farà a farle funzionare, se mai vedranno la luce. Non solo: Meloni ha fatto un video per comunicare alle italiane e agli italiani che sono oltre tre i miliardi aggiuntivi che il suo governo destina alla salute dei cittadini. Falso: ce n’è solo uno vero in più per il 2025. Ed è bene ricordare che mentre da noi si sbandiera un miliardo aggiuntivo in Germania ce ne sono 80 in più rispetto a noi e in Francia, Olanda, Inghilterra e Svezia 40. Dice Michele Vannini, segretario nazionale della Fp Cgil: “Il governo ha messo a disposizione per il rinnovo dei contratti risorse utili a recuperare un terzo del potere di acquisto, che l’inflazione ha già eroso dalle nostre buste paga, e non dà risposte alla nostra richiesta di incrementare le risorse e finanziare fondi, indennità e sistema delle carriere. Nella prossima legge di bilancio  – aggiunge –  da quanto è dato di sapere, sarà finanziato un incremento del fondo del tutto insufficiente, neppure in grado di coprire i maggiori costi derivanti dall’aumento dei prezzi. Si programma così a tavolino un definanziamento della sanità pubblica, continuando a lavorare in maniera smaccata per favorire la privatizzazione del servizio sanitario nazionale, e non intervenendo per invertire una tendenza che vede aumentare i cittadini e le cittadine che rinunciano alle cure, che vede aumentare ancora la mobilità sanitaria, che crea un Paese più ingiusto e diseguale nell’esercizio del diritto alla salute”.

Diritti

Sono quelli delle cittadine e dei cittadini più fragili, quelli indicati dal Rapporto sulla povertà presentato ieri dall’Istat che conta oltre 14 milioni di residenti in Italia in condizione di povertà tra relativa e assoluta. Sono quelli a cui è stato tolto il Reddito di Cittadinanza e che non possono far altro che rivolgersi ai servizi sociali dei comuni. Peccato che proprio per i Comuni la manovra preveda tagli. “Ancora una volta nella manovra di bilancio sono assenti risorse per i più fragili, per i servizi educativi e in generale per tutte le attività che negli enti locali potrebbero garantire i servizi a cittadine e cittadini”. Così Tatiana Cazzaniga, segretaria nazionale della Fp Cgil che aggiunge: “Il welfare di prossimità è fondamentale per il benessere delle comunità, ma senza risorse le amministrazioni saranno costrette a tagliare ancora servizi. A questo si aggiunga la mancanza di risorse per il rinnovo del contratto. Il salario dei dipendenti degli enti locali è il più basso tra i comparti pubblici, le amministrazioni hanno sempre meno dipendenti e non sono più attrattive. Mancano le risorse per la valorizzazione del personale e questo non aiuta i Comuni a reperire nuovi dipendenti. Siamo alla desertificazione dei Comuni, Regioni, Province e Città metropolitane, Centri per l’impiego: serve un piano straordinario di assunzioni e la volontà di investire risorse per ridare vita a servizi di qualità pubblico per tutti”.

Occupazione

Mancano completamente le risorse per il piano straordinario di assunzioni di cui c’è necessità. È bene ricordare che già oggi mancano un milione e 200mila dipendenti pubblici e nel 2026 ne andranno in pensione 300mila e nel 2027 circa 700 mila. A meno lavoratrici e meno lavoratori corrisponde lentezza, in alcuni casi inefficienza della pubblica amministrazione. E potrebbe corrispondere anche non rispetto degli impegni presi. Un esempio? In manovra non ci sono le risorse per la stabilizzazione dei precari: solo nel ministro della Giustizia se ne contano 10.000, se non verranno stabilizzati a rischio è l’avvio dell’Ufficio del processo che, essendo una delle riforme del Pnrr, qualora non dovesse partire comporterà la restituzione dei fondi europei ricevuti.

La mobilitazione

Quello che appare evidente anche dalla manovra di bilancio, dunque, è la strisciante ma ormai conclamata privatizzazione di servizi e dello Stato: “In gioco è la dignità dei lavoratori e delle lavoratrici pubblici e i diritti costituzionalmente riconosciuti alle cittadine e ai cittadini”. Per questo la mobilitazione non si fermerà fino a quando il governo non darà le risposte giuste e adeguate che lavoratori e cittadini si aspettano.

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