PHOTO
Lasciati a casa senza lavoro per il cambio di appalto. Succede ai lavoratori e alle lavoratrici del bookshop del Mudec Museo delle culture di Milano, la cui vertenza non si è risolta neppure con il terzo incontro tra le organizzazioni sindacali, il Comune di Milano, 24oreCulture e l’azienda C2C. L’unica proposta emersa è stata quella di un contratto a chiamata solo per alcuni, il che vuol dire: nessuna garanzia di lavoro continuativo e nessuno stipendio certo. Alle richieste dei sindacati di assumere i lavoratori con contratto a tempo indeterminato, sia C2C che il committente Sole24ore hanno risposto negativamente, evidenziando come il contratto a chiamata sia per loro l’ideale perché consente di gestire le riduzioni o i blocchi di attività.
Tradotto: i contratti precari sono una chiara e consapevole scelta per scaricare sui lavoratori il rischio di impresa, non solo nella fase emergenziale ma anche sul lungo periodo e nell’auspicato ritorno alla normalità. “Siamo ancora fermi all’idea di lavoro ‘usa e getta’, funzionale a massimizzare i profitti senza preoccuparsi delle condizioni degli operatori – afferma Filcams Cgil Milano in una nota -. Lavorare per e nell’ambito culturale non è un ‘lavoretto’ come qualcuno sostiene, ma un percorso di impegno, studio e passione. Noi crediamo che un lavoro di qualità e stabile sia fondamentale per ripartire e dare prospettiva al settore culturale, così importante per la nostra città e il nostro Paese”. Per questo i lavoratori del bookshop del Mudec e la Filcams Cgil Milano saranno nuovamente in presidio davanti al museo il 2 giugno alle 16.