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Non è tutto oro quello che luccica dentro il nuovo centro di smistamento Amazon di Casirate d’Adda, in provincia di Bergamo: la speranza di ottenere un posto di lavoro presso il colosso dell’e-commerce, condivisa da tantissimi lo scorso autunno all’apertura del polo in provincia, si è trasformata in delusione per centinaia di persone che pure avevano speso energie e tempo tra reclutamento, corsi e training durante l’estate per poi lavorare, alla fine, solo due mesi.
Oggi pomeriggio, 14 febbraio, Nidil e Filt Cgil hanno tenuto un’assemblea a Casirate sia per i (pochissimi) dipendenti diretti di Amazon sia per i numerosi che hanno un contratto di somministrazione e che operano nel polo di smistamento. Agli uffici Nidil di Bergamo nelle ultime settimane, infatti, si sono rivolti, individualmente o a gruppi, sempre più ex lavoratori Amazon delusi per aver riposto tante speranze in un’opportunità che si è chiusa dalla sera alla mattina: lo scorso maggio a centinaia avevano partecipato alle affollatissime giornate di reclutamento. Sulla stampa regionale erano apparsi titoloni pieni di aspettative e di riconoscenza per chi prometteva tanti posti di lavoro. Poi, dopo un primo colloquio, era stato svolto un secondo incontro a cui erano seguite tre giornate di formazione nel periodo tra luglio e settembre fino alla visita medica e alla firma del contratto a partire da ottobre.
“Tanti mesi di attesa in un crescendo di aspettative, per lavorare, alla fine, solo due mesi”, ci racconta un lavoratore di 51 anni, che in precedenza a lungo era stato impiegato in un’azienda occupandosi di customer service. “Io personalmente ho lavorato in Amazon dal 15 novembre al 12 gennaio come dipendente di un’agenzia interinale. Per quasi tutti è così, alle dipendenze di Adecco o di Gi Group. Dopo Natale abbiamo assistito a una prima scrematura, molte persone non sono state più rinnovate. Io e i miei colleghi più stretti, invece, abbiamo ottenuto un rinnovo: ci siamo detti, è fatta! Poi, un sabato pomeriggio, con una telefonata mi hanno avvisato che il rapporto di lavoro sarebbe finito lì. E così è stato per tanti di noi. Alcuni colleghi, addirittura, hanno scoperto la mancata proroga in piena notte, ai tornelli d'ingresso, perché i badge erano stati disattivati prima del tempo, senza alcuna comunicazione dall'agenzia”.
“Il criterio per cui qualcuno è stato tenuto e altri no? Non lo sappiamo”, racconta un’altra lavoratrice, 49 anni, in passato titolare di un’officina meccanica, poi chiusa. “Abbiamo vissuto giornate di ritmi serrati – addirittura un giorno abbiamo ottenuto il riconoscimento come ‘migliori d’Europa’, con trentamila pacchi lavorati in un’ora - ma poi ci sono state anche giornate di calo. Del gruppo di circa 100 colleghi con cui ho iniziato a lavorare credo se ne siano salvati appena dieci. Quello che dà più fastidio è che quando mi sono recata all’agenzia interinale per consegnare il badge e ritirare l’ultima busta paga dopo la fine del contratto, ho sentito che l’agenzia chiedeva a nuovi lavoratori se fossero interessati a lavorare per Amazon. Dunque le assunzioni proseguono”.
Per quale motivo Amazon tiene un ritmo di turn over così alto? Per tenere alta la produttività? Per formare un enorme esercito di sostituti? Queste sono le domande che Nidil si sta facendo, ascoltando una storia dopo l’altra, e passando in rassegna i numeri di questa vicenda: 721 contratti firmati nel solo periodo ottobre-dicembre 2018. Tutti a tempo determinato. Il 23% dei contratti è inferiore al mese, il 98% è inferiore ai 6 mesi.
“Abbiamo conosciuto alcuni di questi lavoratori prima dell'apertura del magazzino, nella fase di selezione che per molti è durata mesi. Li vediamo tornare, a contratto scaduto: ci chiedono quale possa essere il motivo della mancata proroga, ci raccontano di aver rinunciato ad altre opportunità lavorative perché il requisito per accedere al corso finanziato era essere disoccupati”, spiega Paola Redondi del Nidil Bergamo. “Altri ci hanno raccontato di essersi trasferiti da altre città o altre regioni. Alla delusione, in molti casi, si aggiunge la rabbia di vedere che il processo di selezione per nuove assunzioni non si è mai fermato. Alcune delle persone a cui il contratto non è stato rinnovato non hanno potuto nemmeno accedere all'indennità di disoccupazione perché il periodo di lavoro è stato troppo breve”.
Le storie di questi lavoratori sono molto diverse le une dalle altre: “Ci sono ragazzi di 20 anni con la sola esperienza in alternanza scuola-lavoro, poi c’è chi ricopriva ruoli di responsabilità in altre aziende o chi era titolare di piccole società poi fallite”, prosegue Paola Redondi. “Donne che si sono rimesse in gioco dopo anni di inattività”.
Rispetto alle retribuzioni, molti hanno avuto contratti con Monte Ore Garantito (MOG) che consente una riduzione dell'orario di lavoro garantito al 25% del full time. Significa che questi lavoratori hanno la certezza di sole 9,75 ore di lavoro a settimana. L'agenzia può chiamarli per un numero di ore supplementari secondo le sue esigenze, come è successo nei primi mesi di apertura.
“A novembre e dicembre molti lavoratori hanno avuto un numero di ore di lavoro che si avvicina a quello di un full time e si trovano ora a fare 40 ore... in un mese!”, spiega ancora la sindacalista di Nidil. “Senza la possibilità di organizzarsi per un secondo part time perché le chiamate dell'agenzia arrivano all'ultimo minuto e così i cambi di fascia. Questo avviene in violazione del Contratto nazionale che prevede che il preavviso sia di 24 ore per la comunicazione dei giorni di lavoro e di 7 giorni per il cambio di fascia oraria, che può avvenire solo con il consenso del lavoratore”.
“Oggi in assemblea alcuni lavoratori ci hanno detto di essere ben consapevoli, quando vedono arrivare facce nuove, di avere le ore contate. Ora, ad Amazon chiediamo: è questa l'idea di innovazione e responsabilità sociale con cui intende presentarsi al territorio. Dove sono i 400 posti di lavoro a tempo indeterminato promessi all'inaugurazione alla presenza delle istituzioni? Se, come ha dichiarato nel mese di dicembre, Amazon predilige nelle assunzioni chi ha già lavorato per la società, perché non garantire continuità a questi lavoratori?”.