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In Italia servono almeno 23 mila colf e badanti immigrati all’anno, circa 68 mila da qui al 2025. Lo dice la ricerca realizzata dal Centro studi Idos per l’associazione dei datori Assindatcolf, che sottolinea come quello del lavoro domestico sia un comparto a lungo trascurato nel nostro Paese.
Da 12 anni i decreti flussi governativi mantengono le quote di ingresso a livelli molto più bassi rispetto all’effettivo bisogno di manodopera, e in più non specificano mai quale porzione debba essere espressamente dedicata ai lavoratori domestici. E se si rivolge lo sguardo ancora più indietro, le programmazioni triennali fatte prima del 2011 si sono basate su una rilevazione delle esigenze delle aziende e mai delle famiglie, lasciando il settore in un totale oblio.
Risultato: in questi anni i nuovi avviamenti dall’estero sono stati tra le 20 e le 30 volte più bassi del reale fabbisogno. “Questa negligenza nella governance e nelle politiche di welfare trova una sponda speculare e complementare nelle lacune delle politiche migratorie – scrivono i ricercatori Idos Fabio Massimo Rottino e Luca Di Sciullo nel rapporto -, in particolare riguardanti la programmazione dei flussi di ingresso di lavoratori stranieri nel Paese e la corrispondente previa valutazione del fabbisogno di manodopera aggiuntiva dall’estero da parte del mercato del lavoro italiano”.
E dire che il nostro Paese sta invecchiando sempre di più, una tendenza che non è destinata a fermarsi. Dati Istat dalla mano, a gennaio 2022 gli anziani con oltre 65 anni erano 14.510.000, 3 milioni in più rispetto a venti anni fa e pari al 23,8 per cento della popolazione totale. Nel 2042 si prevede che saranno quasi 19 milioni, il 34 per cento della popolazione. Gli ultraottantenni superano i 4.500.000 mentre i centenari sfiorano le 20 mila unità, valore quadruplicato negli ultimi vent’anni. Nel 2042 gli ultraottantenni saranno quasi 2 milioni in più e gli ultracentenari triplicheranno, raggiungendo le 58.400 unità. Si tratta di persone che hanno bisogno di aiuto e assistenza, per i quali si farà ricorso sempre di più alla manodopera straniera.
“Questo è un settore importantissimo per le famiglie e per il funzionamento della nostra società, di cui i governi da vent’anni almeno non tengono conto: mancano le verifiche del fabbisogno sugli ingressi e sulle regolarizzazioni – afferma Emanuela Loretone, Filcams Cgil -. C’è una totale assenza di politiche migratorie in grado di dare risposte alle esigenze dei cittadini italiani e a quelle dei lavoratori stranieri. Mentre le famiglie che hanno bisogno non riescono a trovare un badante, dall’altra parte il mercato ha una forte presenza di lavoro irregolare, che tocca quota 55-56 per cento. Questo è dovuto al fatto che i decreti flussi non affrontano il tema, che la regolarizzazione ha paletti che complicano l’iter e che ci sono ritardi nelle risposte alle domande presentate”.
La vertenza dei somministrati degli uffici di questure e prefetture, assunti dal ministero dell’Interno per smaltire 220 mila pratiche di emersione dal nero degli immigrati, lasciati a casa il 31 dicembre scorso, sono la dimostrazione lampante della scarsa attenzione al problema: dopo 21 mesi di attività almeno un terzo delle domande sono rimaste inevase, in molte città gli sportelli sono stati chiusi per mancanza di personale.
“È per questo che come Cgil insieme alle parti sociali, compresa Assindatcolf, abbiamo promosso la proposta di legge di iniziativa popolare Ero straniero – conclude Loretone -, che prevede un approccio sistematico al settore, invertendo il meccanismo della regolarizzazione del lavoratore migrante. Abbiamo chiesto l’approvazione al governo Conte, poi a Draghi, adesso la inoltreremo anche all’esecutivo Meloni”.