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“Quando sono stato eletto rsu e responsabile della sicurezza è cambiato tutto”. Piero Canu lo dice con un orgoglio misto a amarezza, perché per tre anni hanno cercato di piegarlo, ammorbidirlo, provando a fiaccare il suo impegno sindacale. Non ci sono riusciti, però gli hanno tolto il lavoro, licenziandolo sotto Ferragosto, dopo l’ennesima contestazione e sette lunghi anni di attività nella logistica, a inscatolare porte e finestre prodotte dalla Nobento, azienda con 300 dipendenti distribuiti sui 25 mila metri quadri dello stabilimento nel Sassarese, Nord Sardegna.
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La testimonianza di Piero Canu, delegato Fiom
Il licenziamento del delegato Fiom Cgil “è un atto, violento, grave e intimidatorio”. I segretari Cgil e Fiom di Sassari, Massimiliano Muretti e Gavino Doppiu, non usano mezzi termini per definirlo: “È illegittimo, lo dimostreremo nelle sedi giudiziarie”. Il braccio di ferro tra la Cgil, unica sigla presente, e la Nobento, va avanti da tempo. I turni massacranti, l’utilizzo improprio di permessi e straordinari, le intimidazioni e l’invito a obbedire abdicando alle libertà personali e sindacali, sono la vera faccia di un’azienda che per anni ha catturato i riflettori, ammaliato le istituzioni, sedotto un intero territorio.
Sino a poche settimane fa, la Nobento ha mostrato in pubblico solo l’altra faccia, quella patinata, costruita su un’espansione ipertrofica esibita con inaugurazioni sfarzose, assunzioni massive, sponsorizzazioni calcistiche e cittadinanze onorarie, come quella di cui è stato insignito dal Comune di Alghero l’amministratore unico Andrea Alessandrini. Il 1 agosto, però, l’azienda ha formalizzato una richiesta di cassa integrazione straordinaria al ministero del Lavoro, e quella patina dorata ha iniziato a sgretolarsi.
Al tavolo romano hanno cercato di far capire con i fatti quello che qui in Sardegna si cercava di spiegare da tempo, ovvero che la Nobento non può permettersi di non dialogare con il sindacato, non può imporre i suoi diktat come tenta vergognosamente di fare a danno dei lavoratori. Intanto, c’è da dire che fino a luglio l’azienda sembrava veleggiare con il vento in poppa, assumeva nuovi lavoratori e appariva per nulla preoccupata dei prevedibili rallentamenti di un mercato esploso grazie ai bonus per le ristrutturazioni edili e l’efficientamento energetico.
In realtà il vento era cambiato da tempo per le restrizioni alla normativa sull’ecobonus 110 ma la Nobento, che se ne era infischiata per mesi, ha provato a tirar fuori il jolly soltanto in estate. “La richiesta di cassa integrazione straordinaria per dodici mesi all’80 per cento per tutto il personale è nella fase istruttoria - spiegano Massimiliano Muretti e Gavino Doppiu - ma il ministero del Lavoro, oltre a esortare l’azienda al confronto con le parti sociali, ha evidenziato le incongruenze con le assunzioni fatte a maggio, giugno e luglio, quando, con tutta probabilità, l’azienda avrebbe dovuto essere consapevole di un imminente stato di crisi”.
Le incongruenze sono tante, e non tutte arrivano sul tavolo ministeriale, a volte viaggiano su whatsapp ma non per questo sono meno importanti. Poco dopo le assunzioni di luglio e la richiesta al ministero, la Nobento comunica che non rinnoverà ottanta contratti a tempo determinato in scadenza. Poi però, il 12 agosto chiede via chat al personale in ferie di rientrare prima, il 21 anziché il 28, per smaltire il lavoro in eccesso. Nello stesso tempo, continua a rilanciare sul tavolo del ministero, affermando che se le richieste non verranno accolte, l’alternativa saranno i licenziamenti collettivi.
Lo ha fatto nel secondo incontro che si è svolto a Roma pochi giorni fa, annunciando che chiederà la cassa straordinaria non più per 12 ma per 24 mesi. “Una prospettiva assurda che potrebbe tradursi in una crisi definitiva le cui responsabilità sono chiarissime”, accusano Cgil e Fiom sottolineando che “si tratta del risultato delle scelte aziendali, del totale rifiuto al confronto sindacale, della politica dell’uomo solo al comando e dell’aspirazione all’auto-celebrazione, un risultato che però rischiano di pagare oltre trecento lavoratori e l’intero territorio del Sassarese, con Alghero in testa”.
Il ministero, reiterando il monito verso l’atteggiamento dell’azienda, ha fissato un nuovo incontro il 4 settembre. Nel frattempo, ora che quella patina dorata sta via via sbiadendo e le celebrazioni di un tempo lasciano il passo a una meno sfavillante storia di crisi, licenziamenti e cassa integrazione, le amministrazioni un tempo ammaliate e sedotte avranno qualcosa da dire in difesa del loro tessuto sociale e industriale?