PHOTO
In Sartoria Eugubina eravamo già stati 5 anni fa, per raccontare la bella storia di un'azienda risorta dopo una chiusura e 33 licenziamenti, grazie all'intraprendenza e al coraggio delle sue lavoratrici, con la regia del sindacato e un consistente intervento pubblico. Oggi quell'azienda recuperata è ancora al suo posto, anzi, ha raddoppiato il numero di occupati e lavora per grandi marchi della moda come Cucinelli, Gucci, Dior e Ferragamo. Solo che, in piena emergenza coronavirus, cappotti e pantaloni eleganti non servono molto, quello che serve invece e sempre di più, sono le mascherine protettive, così difficili da reperire, ma così importanti per limitare il contagio.
Da qui nasce l'idea di convertire la produzione e di mettersi al servizio dell'emergenza. Attualmente – come ci racconta Federica Palazzari, lavoratrice e delegata sindacale della Filctem Cgil - le abili operaie tessili dello stabilimento di Padule di Gubbio, in provincia di Perugia, cuciono circa 7-8mila mascherine al giorno, utilizzando il tnt (tessuto non tessuto). “Fino a pochi giorni fa si lavorava mezza giornata, con il ricorso alla cassa integrazione, ma ora le richieste sono così forti che siamo tornate alle 8 ore”, spiega Federica. La Sartoria ha infatti risposto ad un'importante commessa di un'azienda marchigiana (130mila pezzi) e ora sta anche sperimentando un suo prototipo con filtro in tessuto.
“Abbiamo deciso di produrre mascherine prima di tutto perché in questo momento di emergenza volevamo fare la nostra parte – spiega Rudy Severini, direttore dello stabilimento tessile – Ma accanto a questo, naturalmente, c'è anche l'esigenza di lavorare, non dimenticando che da questa azienda dipendono, 70 famiglie”.
Le lavoratrici, da parte loro, hanno raccolto questa nuova sfida con entusiasmo: “È bello sentirsi coinvolte, fare la nostra piccola parte per cercare di sconfiggere questo virus”, dice Monica. “Siamo fiere di quello che stiamo facendo – le fa eco Daniela, un'altra operaia – e poi così manteniamo attiva l'azienda e lo facciamo per un causa importante”. “Io – conclude Nelide, seduta al sua banco di lavoro – quello che sto facendo in questi giorni lo faccio con più amore e sento di dover dare il massimo, sperando che queste mascherine possano servire a chi si batte ogni giorno per farci uscire dall'emergenza”.