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Natale è alle porte ma, sulla vicenda Pernigotti non arriva ancora nessun segnale dal governo. Da giorni i sindacati attendono infatti di essere convocati come promesso dal ministro del lavoro Di Maio, per aggiornamenti sulla difficile situazione dello stabilimento di Novi Ligure.
La Flai Cgil, tra l'atro, fa sapere di non aver avuto “alcun riscontro neanche sulla promessa individuazione dell’Advisor che dovrebbe trovare soluzioni per la reindustrializzazione del sito di Novi Ligure”. “Nulla di nulla”, quindi. Per questo il sindacato comunica al ministro del lavoro che i lavoratori della Pernigotti passeranno il Natale a presidiare la loro fabbrica, “simbolo del nostro made in Italy alimentare”, in attesa che “alle parole seguano i fatti”.
Il 30 novembre scorso l'esito dell'incontro presso il ministero del Lavoro per la procedura di attivazione della cassa integrazione straordinaria per cessazione era stato negativo. I sindacati, il sindaco di Novi Ligure e l’assessore regionale al lavoro avevano ribadito che l’unico percorso praticabile era quello della cassa interrogazione straordinaria per reindustrializzazione. L’azienda aveva quindi annunciato il conferimento a una società specializzata la ricerca di un soggetto imprenditoriale per terziarizzare la produzione. Al termine dell’incontro si è deciso di prorogare il rinvio della procedura di cassa integrazione all’8 gennaio. Da allora non c'è stata nessuna nuova notizia.
Trovare una soluzione per lo storico cioccolatificio appare piuttosto complicata. L'attuale proprietà turca (la famiglia Toksoz che ha acquisito nel 2013 dagli Averna) ha infatti deciso di chiudere, lasciando senza lavoro centinaia di persone, e insiste nel non voler vendere il marchio. Senza il brand Pernigotti, però, appare difficile trovare un player industriale in grado di continuare la produzione. A Novi Ligure, nel frattempo, c'è stata una grande manifestazione cittadina il 1° dicembre “per dire no alla chiusura, ai licenziamenti e alla rassegnazione”
In campo resterebbe ancora l’ipotesi di un intervento della Regione Piemonte che si è offerta di acquistare il marchio tramite una società partecipata per poi rimetterlo sul mercato e quindi legarlo al territorio. Ma ovviamente, per fare questo, la proprietà turca deve essere d’accordo e al momento nulla fa pensare che si possa andare in questa direzione. Le altre produzioni alimentari d’eccellenza in zona, tra l'altro, vanno a gonfie vele. Servirebbero però investimenti e saper usare tutte le conoscenze e l’esperienza dei lavoratori.