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“Una farsa inaccettabile, che deve essere fermata prima che dilaghi come modello di politica industriale”. È netto il commento di Slc Cgil e Uilcom Uil sull’annunciata chiusura dell’ex Farmografica di Cervia (Ravenna) decisa dalla multinazionale austriaca Mayr-Melnhof, con il conseguente licenziamento dei 92 dipendenti.
Il colosso del settore della carta e imballaggi circa un anno fa aveva acquisito lo storico stabilimento di confezioni farmaceutiche, rilevando la divisione “packaging” della britannica Essentra. Da sei mesi l’attività produttiva è ferma per via dei catastrofici eventi alluvionali che lo scorso maggio si sono abbattuti sulla Romagna e, dopo un lungo tira e molla con i sindacati, la proprietà ha annunciato la chiusura.
La posizione dei sindacati
“Per mesi – spiegano il segretario generale Slc Cgil Ravenna Saverio Monno e il segretario generale Uilcom Uil Ravenna Ryan Paganelli – hanno lesinato informazioni sulle prospettive d’impresa, millantando di ‘valutazioni in corso’ sui necessari investimenti per una ripresa dell’attività che avrebbe dovuto avere luogo nella storica sede oppure in un nuovo stabilimento, di cui non si è mai avuto notizia, a pochi chilometri di distanza dall’attuale”.
Nel frattempo, proseguono i due esponenti sindacali, non solo “hanno sfruttato gli ammortizzatori sociali messi a disposizione dallo Stato e dai contribuenti italiani, ma hanno anche incassato rimborsi da un’assicurazione aziendale che ha garantito ristori a copertura dei danni subiti e del mancato fatturato”.
Monno e Paganelli rilevano che “in una situazione drammatica come quella che hanno vissuto e che ancora vivono i territori e i cittadini alluvionati, non avremmo mai pensato di poterci trovare di fronte a operazioni di sciacallaggio come questa. Sfruttano la tragedia per disinvestire in Italia e delocalizzare la produzione dove ritengono di poter trarre maggior profitto”.
I due segretari generali ritengono “innegabile che l’alluvione abbia irrimediabilmente danneggiato gli impianti produttivi, ma si trattava di macchinari obsoleti, in alcuni casi vecchi anche di trent’anni, che l’azienda ben prima dell’alluvione si era pure impegnata a valutare di sostituire. Valutazioni che con l’alluvione avrebbero dovuto subire un’accelerazione, ma, di fatto, dopo l’allagamento del plant e il fermo obbligato di maggio abbiamo registrato una battuta d’arresto anche nella pianificazione degli investimenti”.
Subito dopo l’alluvione le lavoratrici e i lavoratori hanno contribuito a ripristinare l’agibilità dello stabilimento. “Con la produzione ferma e i dipendenti in cassa integrazione ordinaria – proseguono i dirigenti Slc e Uilcom – gli uffici amministrativi hanno continuato a mantenere viva l’attività aziendale, ma di fatto è cominciata una fase di delocalizzazione presso altri stabilimenti del gruppo, in Polonia e Spagna, che da ‘provvisoria’ è diventata definitiva”.
Monno e Paganelli così concludono: “Per evitare di perdere clienti, per effetto di produzioni che in un primo momento non rispettavano il mantenimento dei tradizionali standard di qualità, le lavoratrici e i lavoratori, a rotazione, hanno effettuato cernite sui prodotti realizzati all’estero. Agevolata la delocalizzazione delle proprie competenze (nell’interesse esclusivo del gruppo) e rassicurati i clienti, hanno progressivamente perso di utilità e oggi sono ripagati con un ben servito”.
Il sostegno delle istituzioni
Istituzioni locali, Prefettura di Ravenna e Regione Emilia Romagna si sono subito attivate immediatamente per verificare la disponibilità aziendale a intraprendere tutte le iniziative necessarie alla ripartenza. “Abbiamo dovuto prendere atto – spiegano il sindaco di Cervia Massimo Medri, l’assessora comunale alle Attività produttive Michela Brunelli e il presidente della Provincia di Ravenna Michele de Pascale – della sostanziale indifferenza della multinazionale a ogni tentativo di dialogo, a ogni profferta di aiuto sia orale sia scritta, in italiano o in inglese”.
La proprietà, proseguono i tre esponenti istituzionali, non è sembrata prendere seriamente in considerazione “nemmeno l’attivazione di sinergie con la struttura commissariale che sta gestendo l’emergenza alluvione. Hanno continuato ad agitare dati e tabelle con tanto di previsioni pessimistiche per gli anni a venire. Abbiamo già chiesto un tavolo di crisi in Prefettura, lo stabilimento di Cervia non può chiudere. Come abbiamo fatto con l'attuale proprietà, siamo pronti a offrire ogni forma di sostegno a chiunque volesse dare continuità a questa storica unità produttiva”.