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Numeri davvero impietosi quelli certificati dall’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, nei primi due mesi dell’anno appena iniziato sono aumentati gli incidenti, le patologie di origine professionale e i morti sul lavoro: 19 in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. E nonostante ciò il governo continua a non far nulla oltre le chiacchiere che ormai suonano stonate oltre che vuote. Il sindacato non ci sta e – se mai fosse possibile – aumentano le ragioni dello sciopero nazionale che Cgil e Uil hanno convocato per il prossimo 11 aprile.
Troppi gli incidenti
In soli due mesi, gennaio e febbraio, il numero di denunce di infortuni sul lavoro è aumentato del 7,2% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Erano 86.483 a fine febbraio 2023, oggi sono diventate 92.711, 8 mila in più in soli due mesi. Una cifra enorme se si pensa che molti degli infortunati avranno conseguenze permanenti, magari non potranno più avere una vita privata, sociale e lavorativa come quella di prima. Sì, perché c’è un prima e un dopo ogni incidente sul lavoro. Ed è bene ricordare, sempre, che non tutti gli incidenti che accadono sono denunciati all’Inail e quindi conteggiati, perché non tutti i lavoratori sono assicurati. Un esempio? Non lo sono i vigili del fuoco, per non parlare poi di quanti lavorando in nero scompaiono da ogni statistica.
E aumentano anche i morti
Solo poche settimane fa si sono registrati 5 morti in un cantiere fiorentino, quello per la costruzione di un grande magazzino targato Esselunga. La summa delle cause di incidenti, lavoro nero, subappalti a cascata, precarietà e quasi niente formazione e lo sfruttamento di manodopera straniera. Quante di queste cause sono state ridotte? Nessuna. Tant’è vero che tra il 1 gennaio e il 29 febbraio sono rimaste vittime del lavoro 119 persone, ben 19 in più rispetto allo scorso anno con un incremento del 24,7%. E a indagare chi sono si scopre che gli stranieri sono il doppio degli italiani e l’incidenza dell’età avanzata è netta e chiara: molte sono le vittime over 65.
Dove si rischia di più
Ad analizzare i dati dell’Inail dei primi due mesi del 2024, a finire in zona rossa a febbraio 2024 con un’incidenza superiore a +25% rispetto alla media nazionale (Im=Indice incidenza medio, pari a 3,9 morti sul lavoro ogni milione di lavoratori) sono: Valle d’Aosta, Trentino-Alto Adige e Calabria. In zona arancione: Puglia, Sicilia, Campania, Abruzzo e Piemonte. In zona gialla: Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Toscana, Sardegna, Emilia-Romagna, Lazio, Liguria e Marche. In zona bianca: Umbria, Veneto, Basilicata e Molise. Mentre per quanto riguarda i morti la maglia nera è la Lombardia in quella regione sono morte a causa del lavoro 17 uomini e donne. Seguono: Lazio con 8, Trentino-Alto Adige, Piemonte, Emilia-Romagna e Campania con 7, Sicilia, Puglia e Toscana con 6, Veneto e Calabria 4, Marche, Friuli-Venezia Giulia, Abruzzo, Liguria e Sardegna con 2, infine Valle d’Aosta e Umbria con 1.
Chi rischia di più
Uomini che hanno superato i 65 anni, ma anche quelli tra i 55 e i 65. E poi gli stranieri, quelli deceduti in occasione di lavoro nel mese di febbraio sono 21 su un totale di 91. Con un rischio di morte sul lavoro che risulta essere più che doppio rispetto agli italiani. Tra chi arriva da fuori i confini del nostro Paese, infatti e purtroppo, si registrano 8,8 morti ogni milione di occupati, contro i 3,3 degli italiani che perdono la vita durante il lavoro.
I lavori “pericolosi”
Sarà un caso? Il numero maggiore di vittime si conta nei cantieri edili: “All’inizio del 2024 è sempre il settore delle costruzioni a registrare il maggior numero di decessi in occasione di lavoro: sono 16. È seguito da trasporti e magazzinaggio (9), dal commercio e dalle attività manifatturiere (7). La fascia d’età numericamente più colpita dagli infortuni mortali sul lavoro è quella tra i 55 e i 64 anni (33 su un totale di 91)”. Mentre i settori dove si registra il maggior numero di incidenti per fortuna non mortali sono il manifatturiero (9.971) la sanità (4.869), le costruzioni (4.635), il trasporto e magazzinaggio (4.304) e, infine, il commercio (4.254)
E ci si ammala, sempre di più
Il lavoro non è solo causa di incidenti ma anche di malattie, anche gravi. E pure queste sono aumentate. È sempre l’Inail a registrare le denunce di malattie professionali, a fine febbraio il contatore si è fermato su 14.099, quasi 4.000 in più rispetto allo stesso periodo del 2023, sarà un caso che le prime classificate siano quelle che colpiscono il sistema muscolo scheletrico, seguono poi quelle del sistema nervoso e i tumori?
Sembra davvero che sull’altare del profitto si sacrifichi quasi senza batter ciglio salute e vita di donne e uomini. E senza che Meloni e i suoi ministri si prendano nemmeno il tempo di un confronto vero con i sindacati. Fiori e parole sui luoghi degli incidenti, quando va bene, e poi norme per non disturbare “chi fa”.