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La stagione dei rinnovi contrattuali inizia con un risultato importante. Tra i grandi settori batte un gran colpo l’industria alimentare, seconda manifattura italiana dopo la metalmeccanica e fiore all’occhiello del Made in Italy, nella quale sono impiegate oltre 450mila persone. Flai Fai e Uila, dopo una lunga e difficile trattativa, portano a casa un aumento nel quadriennio di oltre 10.300 euro, per una media di 280 euro al mese, con una serie di novità non secondarie rispetto alla parte economica. Grande soddisfazione da parte dei sindacati. I tre filoni principali di azione sono stati quelli del salario, del contrasto alla precarietà e della riduzione dell’orario di lavoro.
La contrattazione declina la linea della Cgil
Tre aspetti che non sono certo casuali, come ci spiega Giovanni Mininni, segretario generale della Flai Cgil. “Aumento del salario, lotta alla precarietà e riduzione dell’orario di lavoro erano gli elementi individuati dalla Cgil nel coordinamento delle categorie sulla contrattazione. Riteniamo che nella fase attuale l’impegno di una categoria nella trattativa per il rinnovo di un contratto nazionale debba riflettere le battaglie che la confederazione porta avanti con il governo. Quindi, la tutela dei salari che noi perseguiamo attraverso la contrattazione deve rispecchiare le richieste della Cgil per una riforma fiscale che redistribuisca la ricchezza. L’impegno per ridurre la precarietà è la declinazione al tavolo delle battaglie della confederazione per abolire le leggi che la precarietà l’hanno introdotta e resa sempre più diffusa nel nostro mercato del lavoro. Infine, sull’orario, Maurizio Landini ha parlato più volte dell’esigenza di andare verso la settimana corta e, nel settore dell’industria alimentare, l’ultima riduzione risale alla piattaforma del 2004: era tempo che anche su questo aspetto si facesse qualcosa di concreto”.
La contrattazione, dunque, non è soltanto un terreno sul quale migliorare concretamente le condizioni di vita e di lavoro delle persone, ma è anche la messa a terra di una linea politica precisa, dettata dalla confederazione dopo la sua elaborazione attraverso il confronto democratico con le categorie. “Questi tre temi che abbiamo messo al centro della trattativa – spiega Mininni – rispondono a un principio di coerenza che la Flai deve avere rispetto alla mobilitazione della Cgil. Perché è vero che la categoria deve esercitare la sua autonomia, ma l’autonomia delle categorie non dev’essere interpretata nel ‘faccio quello che mi pare’. Su temi così importanti e generali la categoria deve ascoltare le indicazioni della Cgil e deve metterle in campo, se vogliamo davvero essere un soggetto collettivo di cambiamento nella società”.
Un capolavoro di strategia: il sindacato è riuscito a portare allo stesso tavolo tutte e 14 le associazioni datoriali
L’iter che ha portato alla chiusura del contratto è stato molto complesso e ha richiesto tutta la sensibilità e l’abilità delle organizzazioni di rappresentanza. Partito lo scorso 25 luglio con la presentazione della piattaforma alle controparti, si è concluso alla fine di febbraio. Adesso la parola passa ai lavoratori che nelle assemblee dovranno esprimersi con votazioni certificate sul risultato ottenuto al tavolo dai sindacati. C’è sicuramente un passaggio che ha reso particolarmente soddisfatto Mininni e gli altri componenti della delegazione trattante. Essere riusciti, in un settore dove la parte datoriale è sempre stata divisa – basti ricordare che nell’ultimo rinnovo, quattro anni fa, tre associazioni non hanno mai firmato il contratto pur applicandolo di fatto – a “svolgere un ruolo federativo all’interno della stessa parte datoriale. Ce lo hanno riconosciuto per primi loro. Con un lento lavoro di confronto, tenendo con fermezza la nostra posizione, di fronte a tre associazioni che volevano il contratto separato e si erano federate, non abbiamo ceduto e alla fine, soprattutto per merito della sola Flai, le abbiamo riportate al tavolo principale. Il risultato è stato che per la prima volta da anni, 13 associazioni su 14 – per ora, ma la quattordicesima ha già detto che a breve firmerà – hanno sottoscritto il contratto. In questo modo non ci sarà dumping nel settore e a tutti i lavoratori sarà applicato lo stesso contratto”.
Il salario, 280 euro di aumento. Il grosso arriverà subito
“280 euro al mese ci è sembrata la risposta giusta a tutta la sofferenza e la difficoltà che i lavoratori hanno attraversato in questi ultimi anni difficili di fiammate inflattive e perdita del potere d’acquisto”, ci ha detto Mininni. Per capire fino in fondo quanto è stato importante il lavoro compiuto sulla parte salariale bisogna entrare nelle tempistiche di erogazione delle tranche. “La fetta più grande di aumento sarà erogata entro i primi 10 mesi. Un obiettivo difficile visto che chiedevamo alla controparte un grosso esborso immediato rispetto al totale del montante. C’è una ragione. Intanto, se è vero che l’inflazione sta scendendo per effetto della riduzione del costo dell’energia, è vero anche che restano alti i prezzi dei prodotti alimentari della trasformazione, quelli che arrivano sugli scaffali dei supermercati. Quindi era giusto recuperare gli effetti di questo aumento per restituire subito ai lavoratori quanto perso negli ultimi anni. Si redistribuisce immediatamente la ricchezza che tutela già da ora il salario e si recupera il pregresso che resterà in busta paga anche in futuro. 214 euro sono di Ipca ma altri 66 euro saranno di crescita dei salari oltre l’Ipca. Non c’è “una tantum” e tutte le novità decorrono dal primo dicembre, gli arretrati arriveranno ad aprile, mese nel quale i lavoratori riceveranno la tranche più pesante”.
Dimezzata la soglia di tolleranza della precarietà in fabbrica
“Nella contrattazione tocchiamo con mano questi trent’anni di destrutturazione del mercato del lavoro. Gli effetti che, dal pacchetto Treu in poi, hanno partorito questa giungla di contratti in somministrazione, staff leasing e dintorni nelle fabbriche, non sono astratti, sono concreti, e hanno reso possibile, per legge, che il 50% dei lavoratori abbia un contratto precario. Succede davvero in molti stabilimenti. A questo aggiungiamoci la forte stagionalità di un settore che si lega comunque all’agricoltura, ma anche ai diversi momenti dell’anno. Pensate a chi produce il pandoro”.
Cosa avete fatto? “Abbiamo ricondotto al 25% quello che attualmente era permesso per il 50% della forza lavoro. Pattiziamente tutte e 14 le associazioni hanno acconsentito a limitare entro il 25% la somministrazione a tempo determinato e indeterminato, lo staff leasing e il tempo determinato, mantenendo per quest’ultimo un massimo del 25% e per gli altri i limiti di legge. In questo modo limitiamo il perimetro in cui le aziende possono redistribuire il precariato. Ma non ci fermiamo qui e già dai prossimi rinnovi degli integrativi vogliamo mettere mano alla somministrazione stagionale, un problema che dilaga sempre di più nelle fabbriche”.
Perché? “Perché la somministrazione applicata agli stagionali permette alle aziende di bypassare il diritto previsto per legge a riassumere gli stessi lavoratori, in quanto maturano immediatamente il diritto di precedenza. Scegliendo la somministrazione per gli stagionali le aziende possono scegliere di non riassumere un lavoratore. In questo modo il lavoratore è sotto ricatto”.
La riduzione dell’orario di lavoro come strumento di contrasto agli effetti della digitalizzazione
“Quella della riduzione dell’orario di lavoro ci sembrava una battaglia da fare. Abbiamo inserito anche una norma secondo cui, a fronte di processi di digitalizzazione e robotizzazione, di investimenti tecnologici per aumentare la produttività, le rappresentanze sindacali unitarie possono intervenire allo scopo di evitare esuberi del personale, contrattando orari più corti. In sostanza, a fronte di una richiesta di esuberi motivata da un potenziamento della digitalizzazione si può abbassare l’orario a tutta la fabbrica per tenere dentro anche i possibili esuberi. E anche per attivare leve di formazione, perché per difendere di più e meglio i lavoratori li devi formare affinché sappiano operare anche in un contesto di maggiore digitalizzazione. Sono tutte misure – spiega Giovanni Mininni – che servono ad attutire l’impatto del progresso e per evitare che ogni passaggio in più sulla strada della digitalizzazione si traduca nell’espulsione immediata della forza lavoro dal ciclo produttivo. In questo senso abbiamo incrementato le Rol e agito anche su di esse in modo da non considerarle esclusivamente come permessi individuali retribuiti, prevedendo che, su iniziativa della rsu, possano essere anche applicati a uso collettivo. Un primo passo verso la settimana corta”.
Aumento del salario, lotta alla precarietà e riduzione dell’orario di lavoro sono tre temi che rispondono a un principio di coerenza che la Flai deve avere rispetto alla mobilitazione della Cgil. Perché è vero che la categoria deve esercitare la sua autonomia, ma l’autonomia delle categorie non dev’essere interpretata nel ‘faccio quello che mi pare’. Su temi così importanti e generali la categoria deve ascoltare le indicazioni della Cgil e deve metterle in campo, se vogliamo davvero essere un soggetto collettivo di cambiamento nella società
Il contrasto alla violenza di genere
Il nuovo contratto presenta degli elementi profondamente innovativi anche sul tema della violenza di genere. “Abbiamo introdotto un nuovo articolo dedicato alle pari opportunità e all’inclusione nel quale abbiamo affrontato i temi della tutela delle lavoratrici nei casi di mobbing e violenza di genere, citando la convenzione internazionale sul lavoro dell’Ilo – ci racconta con soddisfazione Giovanni Mininni –. Richiamando i datori di lavoro alla responsabilità di promuovere ambienti di lavoro dove non si verifichino molestie e discriminazioni e demandando all’EBS, l’ente bilaterale di settore cui sono destinate delle risorse a questo scopo, l’attuazione di un sistema di protezione su cui stiamo ragionando proprio in queste ore. L’obiettivo ambizioso è quello di dare un aiuto concreto alle vittime di molestie o violenze, sostenerle laddove vogliano cambiare città, anche nel caso in cui l’azienda nella quale lavorino non ha altre sedi e quindi vogliano cambiare azienda, dar loro un aiuto economico per eventuali trasferimenti e nuovi contratti di affitto, attivando una protezione immediata, fin dalla denuncia al centro anti-violenza”.
Il contratto nello scenario di guerra attuale
Un grande risultato, ottenuto in uno scenario molto preoccupante, nel quale le conquiste dei sindacati purtroppo devono fare i conti con tutto quello che si muove intorno. Ce lo hanno insegnato questi ultimi due anni di crisi economica e inflazione alle stelle. “La Flai Cgil è sempre stata una categoria internazionalista, sensibile al contesto più generale e impegnata nella lotta per la pace e la giustizia – ci dice Giovanni Mininni –. La Cgil fa bene a manifestare ogni volta che può per la pace. Quello che sta accadendo nel mondo non ha alcun senso. L’Europa avrebbe potuto portare al tavolo la Russia fin dalle prime ore dell’invasione dell’Ucraina e invece, armando gli ucraini per compiacere le strategie geopolitiche degli Stati Uniti, ha solo contribuito a causare la morte di decine di migliaia di persone e ci ha trascinato tutti in una situazione di instabilità economica, perseguendo una escalation i cui effetti peggiori si potrebbero verificare nei prossimi mesi se, come si sente da più parti e da più dichiarazioni ufficiali, oltre alle armi dovessero decidere di mandare anche soldati. E invece di imparare qualcosa da quella lezione, adesso ci siamo gettati in un nuovo conflitto nel Mar Rosso, un’azione nella quale, per altro, l’Italia ha assunto un ruolo di guida, esponendo tutti a una situazione di pericolo”.
“Come se non bastasse, l’Unione europea e l’Italia non stanno condannando come avrebbero dovuto l’azione di Israele nella Striscia di Gaza che è ormai un vero e proprio massacro, perpetrato dall’esercito di uno stato occupante contro un popolo. Anzi, il governo manganella gli studenti che esprimono dissenso”.
“Di fronte a questo scenario – dice con amarezza il segretario generale della Flai Cgil – soltanto un grande movimento popolare come fu ai tempi della guerra in Viet Nam può riuscire, forse, a far ragionare i governi. Noi ci saremo, come sempre, e continueremo a batterci per la pace, con l’obiettivo di proteggere le conquiste delle lavoratrici e dei lavoratori”.