Il montacarichi di metallo blu si chiude con uno scatto, poi comincia a scendere lento. Fuori c'è il sole, il cielo è limpido, e in lontananza le statue bianche degli apostoli spiccano decise sulla cima della Basilica di San Giovanni. Il cantiere è un enorme groviglio di voci gridate, rumori meccanici, passerelle di legno e tubi d'acciaio. Dentro, invece, c'è il ventre di pietra di Roma. Quando il montacarichi si ferma, a 28 metri di profondità, è quasi buio, l'umidità s'incolla alla pelle in un attimo, il cielo è ridotto a uno squarcio turchese sul soffitto. Siamo nello scavo di quella che sarà la fermata Amba Aradam/Ipponio della Metro C, una delle ultime rimaste in costruzione. Entriamo in un lungo tunnel di cemento. Dentro due colossali talpe meccaniche continuano a scavare senza sosta in direzione di Via dei Fori Imperiali, obiettivo minimo del progetto. Ormai sono in funzione da quasi 12 anni. Hanno iniziato il loro lavorio dall'estrema periferia est della città nel lontano 2007, e oggi si ritrovano in pieno centro. Non è ancora chiaro, però, per quanto ancora potranno andare avanti.

ULTIMA FERMATA COLOSSEO
Tra i circa trecento lavoratori attualmente impiegati nella cosiddetta “Tratta T3” (quella che va da San Giovanni a Fori Imperiali, con 2 stazioni e 2 pozzi ancora in costruzione), infatti, regna l'incertezza più assoluta. I lavori di scavo dei tunnel, gli ultimi finanziati dal Cipe, sono iniziati il 21 marzo 2013 e dovrebbero concludersi a fine 2020. Poi ci saranno altre lavorazioni per finalizzare l'opera. Altro, per ora, non è dato sapere. Il consorzio, che nel 2006 ha dato vita a Metro C Spa, è composto da Astaldi, Vianini Lavori, Ansaldo STS, Cooperativa Muratori e Braccianti di Carpi e Consorzio cooperative costruzione. E sul suo sito ufficiale la “Tratta T2”, 5 stazioni di collegamento tra i Fori Imperiali e Piazzale Clodio, viene inserita nella sezione “Sviluppi futuri”. Il prolungamento fino alla Farnesina, invece, è considerato una semplice “opportunità”. Dal Campidoglio e da Palazzo Chigi, nel frattempo, arrivano notizie a dir poco contraddittorie.

L'ultima tratta in costruzione della Metro C di Roma

“Negli ultimi anni, nei cantieri Metro C, hanno lavorato migliaia di persone – ci racconta da sotto il suo caschetto giallo Teresa Corciulo, della Fillea Cgil Roma e Lazio –. Adesso i dipendenti diretti del consorzio sono circa 140, gli altri lavorano per aziende subaffidatarie specializzate in alcune lavorazioni. Ci sono anche molte ditte piccole, con pochi dipendenti, come quelle che si occupano di archeologia o di geologia”. Si tratta di un cantiere molto particolare, e non solo per le dimensioni: “Qui ci sono praticamente tutte le figure professionali dell'edilizia. Si va dal manovale senza specializzazione fino a quelli che manovrano la Tmb (la talpa meccanica, ndr), un lavoro altamente qualificato. Ma ci sono anche molti archeologi, geologi, ingegneri, esperti in sicurezza ecc.”.

«Si va dal manovale senza specializzazione a chi manovra la talpa meccanica»

Per tutti, però, il futuro è nebuloso allo stesso modo. Dopo la consegna ad Atac della fermata Colosseo, che creerà il collegamento con la linea B, infatti, e senza il finanziamento della nuova tratta, il progetto sarà arrivato al capolinea. “Se non si prende una decisione in fretta, moltissime professionalità andranno letteralmente perdute”, racconta ancora Teresa.

IL FUTURO APPESO A UN FILO
Gabriele ce lo conferma. Ha poco più di trent'anni e oggi aziona una delle talpe meccaniche. “Prima lavoravo in topografia, poi nel giro di un anno ho imparato un nuovo mestiere – racconta davanti a monitor e pulsanti luminosi che fanno pensare alla cabina di pilotaggio di un aereo –. È un lavoro che in Italia non è molto diffuso. Di cantieri come questo ce ne sono davvero pochi”. Se dovesse chiudere, probabilmente sarei costretto a emigrare”. È dello stesso avviso Simone, 42 anni, ex escavatorista di una ditta in subappalto, ora specializzato nel guidare i locomotori. “Tra sei mesi mi scade il contratto, e non so ancora cosa succederà”, dice alzando la voce per sovrastare il rumore del nastro che trasporta in superficie i materiali di risulta. Poi sospira: “Però sarebbe davvero un peccato, perché forse pure a me toccherebbe andare all'estero”.


Le voci dei lavoratori

La situazione si fa ancora più complicata per i lavoratori avanti con l'età. Sergio, 56 anni, lavorava per una società in subappalto che alla fine è fallita. Da tre anni e mezzo fa il gruista per Metro C. Di esperienza ne ha da vendere, ma è sempre stato in “ditte piccolette”, quindi qui ha scoperto cose nuove. “Se finisce, però, ce ne andiamo tutti a casa. E arrivare in pensione per me sarà un vero problema, perché trovare un lavoro alla mia età è davvero complicato. Ci sono un sacco di colleghi nella mia stessa situazione”.

«Se il cantiere chiude, si va tutti a casa. E per me andare in pensione sarà un problema»

Uno di questi è sicuramente Mauro, che ha 58 anni e fa il ‘navicellista’: “Io vengo già da un'esperienza di 16 mesi tra disoccupazione e cassa integrazione – dice mentre un sorriso raggrinzito gli si allarga lento sul volto –. La ditta per cui lavoravo è andata a rotoli, quindi sono rimasto senza lavoro per un bel po'. Ora non vorrei rivivere la stessa storia, pure perché dove lo trovo un altro impiego?”. Lo stesso vale per i lavoratori dell'indotto. Marco, 40 anni, geologo, è una partita Iva sostanzialmente in monocommittenza. Lavora nei servizi di monitoraggio da 10 anni: “Prima venivo in cantiere tutti i giorni, ora solo un paio di volte la settimana. Una volta concluso lo scavo, non so proprio cosa aspettarmi”.  

DOMANDE SENZA RISPOSTA
Le speranze di tutte queste persone, insomma, restano appese alle parole di Virginia Raggi. Nel maggio 2018, al taglio del nastro della monumentale stazione di San Giovanni (completata con oltre 7 anni di ritardo), la sindaca di Roma ha infatti annunciato che l'opera “proseguirà fino a farla attraversare tutta la città, con capolinea a Clodio o Farnesina”. Raggi però ha anche parlato di un nuovo contratto e di “presupposti diversi”. Una vera e propria metamorfosi dalle nette posizioni “no metro” di inizio mandato, confermata anche l'11 febbraio scorso nel corso di un sopralluogo proprio in questo cantiere. “Ci fa piacere che la sindaca abbia cambiato idea – commenta Teresa Corciulo –, ma ci piacerebbe anche capire in che modo intende portare avanti l'opera. Perché, se vuole una revisione sostanziale degli affidamenti precedenti, vuol dire che servirà un nuovo bando. Ma chi potrebbe essere interessato? Quali saranno i tempi? E nel frattempo cosa succederà ai lavoratori?”.


Le richieste del sindacato

Tutte domande che per ora non hanno risposta. Anche perché nel frattempo la normativa nazionale è cambiata con l'approvazione del nuovo Codice degli appalti. Mentre la maggioranza di governo gioalloverde ha annunciato a breve il via libera al cosiddetto decreto “sblocca cantieri”, che dovrebbe avere in pancia anche un nuovo codice. Bloccando alcune norme, a quanto si dice, la legge dovrebbe consentire l’uso a tappeto di commissari ad acta in tutti i casi in cui si presentino ostacoli con l’iter dell’opera.

FERMI AL PALO
Quelli della Metro C, tra l'altro, non sono certo gli unici cantieri in Italia in cui regna l'incertezza. L'Ance (Associazione nazionale costruttori edili) ha censito 600 opere ferme al palo lungo tutto lo stivale, un lunghissimo elenco che, oltre alla famigerata Tav Torino-Lione, va dalla Gronda di Genova all’autostrada Tirrenica, dalla terza corsia della Firenze-Pistoia a delle opere cosiddette minori come gli ospedali Morelli di Reggio Calabria e il Nuovo di La Spezia, ma anche strade, ponti, tunnel e scuole. Il valore stimato dai costruttori è di 100 opere sopra i 100 milioni di euro, e almeno altre 500 di valore inferiore, fino ad arrivare a quelle piccolissime da decine o centinaia di migliaia di euro. Il danno totale per l'economia italiana è di 36 miliardi di euro che salgono a 125 se si tiene conto delle ricadute sull’intero sistema nazionale.


Anche per questo, per chiedere che le risorse stanziate vengano spese “presto e bene, per tutte le grandi e piccole opere necessarie a creare occupazione e rilanciare il Paese”, Fillea Cgil, Filca Cisl e Feneal Uil hanno proclamato lo sciopero generale di tutti i comparti delle costruzioni per il 15 marzo, con una manifestazione a Roma in Piazza del Popolo.

«Il 15 marzo andremo in piazza per far sentire la nostra voce. Basta con l'incertezza»

“Anche i lavoratori di Metro C saranno in piazza – afferma Corciulo, togliendosi finalmente il caschetto giallo e sfilandosi dalle spalle il gilet catarifrangente –. Se gli operai dovessero uscire da questo cantiere senza lo sblocco delle altre opere, le professionalità che hanno acquisito in questi anni non potrebbero essere ricollocate in alcun modo”. “Per ora ci sono solo degli annunci, ma noi vogliamo essere ascoltati – conclude –. Vogliamo aprire un tavolo generale che permetta di affrontare tutti questi problemi insieme, con una visione globale dell'intero settore. Questi lavoratori stanno già affrontando una crisi terribile che ha devastato l'edilizia italiana, e nessuno ci sa dire quale sarà il loro futuro. Ora basta, non possono essere lasciati nell'incertezza ancora una volta”.

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Il fotoreportage di Marco Merlini