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Lo sciopero generale indetto da Cgil e Uil per il 29 novembre trova nuove ragioni e conferme col passare dei giorni. Lo ha spiegato il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, concludendo oggi l’Assemblea nazionale dei delegati e delle delegate che si è tenuta a Milano. Un intervento lungo, articolato (circa un’ora e un quarto), appassionato come sempre, quello di Landini, che ha chiarito sin dalle prime parole come sia in atto “una campagna di delegittimazione nei confronti della nostra organizzazione e delle altre organizzazioni sindacali che hanno proclamato lo sciopero”.
Il grave accordo separato sul pubblico impiego
Tra le nuove ragioni della mobilitazione contro le politiche economiche e sociali del Governo Meloni c’è senz’altro la pre-intesa separata sul rinnovo del contratto nelle Funzioni centrali della pubblica amministrazione (ministeri, Agenzia delle Entrate, Inps e Inail). Un accordo senza l’ok di Cgil e Uil, ma avallato dalla Cisl e da altre organizzazioni meno rappresentative.
“Una scelta pericolosa”
“Il governo – commenta Landini – sta facendo una scelta molto pericolosa: sta cercando di imporre la firma a quelle organizzazioni sindacali che accettano le sue posizioni. In sostanza, vuole stabilire che gli aumenti salariali saranno del 6%, come deciso nella legge di Bilancio. In questo modo il governo, in qualità di controparte, di fatto stabilisce che i contratti non sono più oggetto di una vera contrattazione, ma diventano una decisione imposta unilateralmente”.
Landini prosegue ricordando “che l'inflazione degli anni dal 2022 al 2024 è del 17%. Tuttavia, lo stesso governo, in qualità di datore di lavoro, propone oggi un rinnovo contrattuale con un aumento salariale del 6%. Una decisione del genere rappresenta una riduzione programmata del potere d'acquisto dei salari”.
Non vogliono governare, vogliono comandare
Il numero uno della Cgil è netto: “Abbiamo davanti un governo che, convinto di avere vinto le elezioni, sembra pensare di avere il diritto non solo di governare, ma di comandare il Paese”. E “la decisione di aprire la strada a intese separate è un segnale molto pericoloso. Noi chiediamo in modo esplicito, sia al governo che ai sindacati che hanno accettato tale approccio, di rispettare il diritto democratico: affinché un contratto nazionale di lavoro sia considerato valido, devono essere tutte le lavoratrici e i lavoratori a decidere, attraverso un voto o un referendum sui contratti che li riguardano”.
Manovra economica già decisa?
Quanto alla convocazione dei sindacati sulla manovra economica, slittata di una settimana, Landini precisa che “ci troviamo di fronte a un incontro che si svolge dopo che il governo ha già inviato la manovra in Parlamento e si sono già svolte le audizioni parlamentari”.
“Per questo motivo – aggiunge - in questo incontro intendo non solo esporre tutto ciò che pensiamo, ma anche chiarire un punto fondamentale. Ci troviamo di fronte a un confronto reale o a un incontro per esporci ciò che hanno già deciso? Oppure il governo intende lasciare spazi per modificare quella manovra?”
L’alibi dei vincoli europei
“Questa manovra – spiega il leader della Cgil ai delegati della Confederazione – è una conseguenza del Piano strutturale di bilancio che il governo ha presentato all’Europa. C’è una novità importante che tutti i lavoratori e il Paese dovrebbero conoscere: poiché l’Italia ha un debito pubblico molto elevato, è stata messa sotto osservazione insieme ad altri Paesi dall'Europa. Le nuove regole europee, stabilite nel nuovo patto di stabilità, hanno introdotto un vincolo per l’Italia, che ora deve specificare come intende ridurre il proprio debito pubblico nei prossimi anni”.
Il governo ha scelto di tagliare la spesa
Ma Landini ricorda anche che “la scelta del governo è stata quella di presentare un piano che vincola il Paese per i prossimi sette anni, impegnandosi a ridurre il deficit pubblico di circa 13-15 miliardi ogni anno. Facendo i calcoli, parliamo di oltre 90 miliardi di riduzione del debito pubblico in sette anni. Di conseguenza, anche la spesa pubblica sociale non potrà aumentare di più dell’1% all’anno”.
Tagli anche a industria e automotive
Ma nel piano presentato all'Europa dal Governo Meloni non ci sono solo tagli sociali: “Per far quadrare i conti – spiega Landini - hanno dovuto ridurre le risorse anche per le politiche di investimento e industriali. Quando è stata presentata la legge di Bilancio, è emerso, per esempio, che il contributo previsto per il settore dell'automotive, che in Italia coinvolge oltre 300mila persone ed è un elemento cruciale della nostra economia, è stato ridotto di 4,5 miliardi. Questo avviene proprio mentre il settore attraversa un’importante trasformazione”.
L’Europa non chiedeva tagli
Ma “non siamo di fronte a un vincolo imposto dall'Europa – prosegue Maurizio Landini – perché l'Europa non ha stabilito che fosse necessario solo tagliare la spesa, ma ha lasciato la possibilità di aumentare le entrate. Il governo, tuttavia, ha scelto di non intervenire sull’aumento delle entrate, in particolare attraverso il sistema fiscale, per motivazioni che rispondono a un preciso blocco sociale e a interessi specifici”.
Azionisti e profitti premiati, lavoratori tartassati
Il segretario generale della Cgil ricorda che “tra il 2022 e il 2023, le 200 maggiori aziende per fatturato in Italia hanno visto un aumento medio del fatturato del 33%. Questo incremento ha comportato anche un aumento del valore aggiunto, portando a un incremento degli utili del 14%, mentre si è registrata una diminuzione dell'incidenza del costo del lavoro del 12%. Inoltre, queste prime 200 aziende hanno generato oltre 70 miliardi di utili in due anni, a cui si aggiungono i profitti delle banche, stimati tra i 40 e i 50 miliardi. In totale, parliamo di circa 130 miliardi di utili".
E prosegue: “Se analizziamo come questi utili sono stati utilizzati, scopriamo che l’80% è stato distribuito come dividendi agli azionisti, mentre solo il 20% è stato reinvestito nelle imprese stesse. Questo significa che gran parte degli utili generati attraverso il lavoro in Italia è stata destinata a remunerare gli azionisti piuttosto che a investimenti nel Paese”.
Un fisco sempre più ingiusto
E questo, per Landini, “porta anche al tema del fisco”. “A proposito di dove reperire le risorse, scopriamo che nel 2024, se si analizzano le fonti di aumento delle entrate fiscali, si stima che entro la fine dell'anno ci saranno almeno 17 miliardi di entrate aggiuntive derivanti dall’Irpef, di cui il 90% pagato da lavoratori dipendenti e pensionati. Inoltre, si registra un aumento delle entrate dell’Iva, nonostante un’evasione fiscale significativa, come rilevato dall’Agenzia delle Entrate, che coinvolge alcune categorie ben definite”.
È il tempo dell’ingiustizia sociale
Questo quadro per il numero uno della Cgil “evidenzia livelli di ingiustizia sociale e una redistribuzione della ricchezza a scapito di chi lavora, come non si vedevano da anni”. E “in un contesto del genere, ci troviamo di fronte a una manovra che, invece di tassare rendite finanziarie, redditi immobiliari e profitti, continua ad aumentare la pressione fiscale sui lavoratori dipendenti e sui pensionati”.
“Abbiamo di fronte un dato molto preciso: la tassazione sui profitti è al 24%, quella sui dividendi degli azionisti è al 26%, la tassazione sul lavoro autonomo con la flat tax è al 15%, mentre la tassazione sul lavoro dipendente e sulle pensioni può arrivare fino al 43%”, chiarisce Landini.
L’importanza dello sciopero generale
Allora la mobilitazione di Cgil e Uil del prossimo 29 novembre ha sempre più ragione di esserci, per Landini: “La decisione di indire lo sciopero generale si basa su obiettivi chiari: l’aumento dei salari, una riforma fiscale degna di questo nome, un incremento della spesa sanitaria, interventi sul fabbisogno formativo, sulla scuola e sul diritto alla formazione permanente. Puntiamo inoltre a combattere l’evasione fiscale. Ma si tratta di avviare una trasformazione del modello sociale ed economico, in cui il lavoro e la giustizia sociale tornino a essere centrali”.
Impegnarsi a fondo per la riuscita dello sciopero
“Da qui al 29 novembre è necessario che ognuno di noi, a partire dai delegati nei luoghi di lavoro, si impegni a fondo. Dobbiamo organizzare assemblee, parlare con le persone nei luoghi di lavoro e fuori, utilizzare tutti gli strumenti di comunicazione a nostra disposizione”: queste le parole con cui Landini esorta la sua organizzazione a mobilitarsi.
“Non solo oggi siamo la più grande organizzazione sindacale del Paese, ma siamo anche nella posizione di avere la forza e la ragione per cambiare le cose. Dobbiamo essere consapevoli della sfida che ci aspetta e investire nella fiducia nel rapporto con lavoratrici e lavoratori”.
Il coraggio di osare
Infine un appello ad avere coraggio: “Ci sono momenti in cui è necessario avere il coraggio di osare. Forse non si sa come andrà a finire una battaglia, ma si sa che, se quella battaglia non la si combatte, è già persa in partenza. Ci troviamo in una situazione di questo tipo. Per vincere questa sfida – conclude Maurizio Landini –, abbiamo bisogno del consenso e della partecipazione di lavoratrici e lavoratori. Il lavoro che possiamo fare, e che potete fare voi nei luoghi di lavoro, è cruciale. Nessun altro ha il nostro livello di presenza e diffusione. Questo è il momento di sfruttarlo, tutti insieme, e di mostrare la forza di un’organizzazione come la Cgil”.