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Marchigiani sempre più precari e con contratti intermittenti. “È una crescita che ci preoccupa, così non va. Ecco perché la Cgil ha promosso i referendum sul lavoro: sono uno strumento importante per cambiare il modello sociale ed economico della regione e del Paese”, è il commento di Giuseppe Santarelli, segretario generale Cgil Marche.
I dati
Secondo i dati dell’Osservatorio sul precariato dell’Inps, elaborati dall’Ires Cgil Marche, nei primi tre mesi del 2024 le aziende marchigiane hanno assunto 49.482 persone, lo 0,3% in più rispetto allo stesso periodo del 2023 e il 3,4% in meno rispetto al 2022. Rispetto allo scorso anno diminuiscono le assunzioni a tempo indeterminato che passano da 7501 a 7282 (-2,9%), così come subiscono una flessione anche l’apprendistato (-16%) e il lavoro in somministrazione (-13,9%). Risultano significativi gli incrementi delle assunzioni con contratto intermittente, che passano da 7532 del primo trimestre 2023 a 8447, con un aumento percentuale del 12,1% come pure le assunzioni stagionali da 2957 a 3715 (+25,6%). Pressoché stabile il contratto a termine.
Eleonora Fontana, segretaria Cgil Marche, sottolinea: “Le azioni messe in campo dalla Regione hanno determinato un’ulteriore precarizzazione del mercato del lavoro. Sono necessari interventi da parte della Giunta regionale. Da tempo denunciamo che le risorse europee sono state utilizzate solo per misure spot”.
Nel confronto 2024-2023, le assunzioni totali registrano nelle Marche una tendenza opposta rispetto al Centro Italia (-3,7%) e all’Italia nel complesso (-1,1%). Sul totale delle nuove assunzioni, quelle a tempo indeterminato sono una quota molto ridotta (14,7%) e in costante flessione; la tipologia contrattuale maggiormente presente è il contratto a termine (41,1%), seguita dal contratto intermittente (17,1%).
Nelle Marche, la quota di contratti a tempo indeterminato sul totale di quelli attivati è nettamente sotto la media del Paese (20,0%): la regione è penultima per incidenza di contratti a tempo indeterminato sui nuovi rapporti di lavoro. Anche l’incidenza dei contratti a termine sul totale è inferiore alla media nazionale (44,9%). In riferimento alle attivazioni di contratti di somministrazione, il valore regionale è superiore alla media nazionale (14,2% contro 12,2%). La regione risulta inoltre essere la prima in Italia per la più alta incidenza dei contratti intermittenti (17,1% contro la media nazionale del 9,2%), tipologia che evidenzia un aumento costante del suo peso. Prosegue Fontana: “Nelle Marche siamo sempre ai primi posti per l’utilizzo di contratti intermittenti. Essi sono un indicatore di precarietà e sfruttamento. Il piano triennale per l’occupazione aveva l’obiettivo di invertire anche questa piaga del mercato del lavoro regionale, ma è ovvio che va declinato in maniera più incisiva e a misura delle particolarità marchigiane”.
I rapporti part-time incidono per il 30,9% delle assunzioni. Si confermano, tuttavia, significative differenze di genere: tra gli uomini le assunzioni con contratti part-time sono il 20,1% del totale, mentre tra le donne la percentuale sale fino al 46,3%. Le trasformazioni di contratti precari in rapporti a tempo indeterminato sono state 5.814, 1.225 in meno rispetto allo stesso periodo del 2023 (-17,3) e oltre 500 in meno rispetto al 2022 (-8,6%).
L’analisi
“Le aziende piuttosto che assumere a tempo indeterminato o stabilizzare il personale precario tendono a rimpiazzarlo ricorrendo a nuove assunzioni di breve periodo. Le lavoratrici e i lavoratori marchigiani sono fortemente esposti al rischio di rimanere incastrati in una lunga precarietà”, evidenzia Fontana.
Giuseppe Santarelli, segretario generale Cgil Marche, conclude: “Il lavoro deve essere tutelato perché è un diritto costituzionale; sicuro perché di lavoro si deve vivere e non morire; dignitoso e perciò ben retribuito; stabile perché la precarietà è una perdita di libertà che taglia diritti e salari.”
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