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“Una giornata terribile, animata da sentimenti tristissimi. Il cordoglio e la pena per quelle persone che hanno gridato affinché i propri colleghi fossero soccorsi sotto le macerie. Una rabbia enorme. Non si può restare sepolti sotto le macerie di un palazzo in costruzione a quel modo. E poi lo sciopero immediato in città e nell’intera regione e il presidio qui a Firenze. La nostra voglia di rialzare la testa, di urlare ‘mai più morti sul lavoro’. Abbiamo provato una serie di sentimenti alla base dei quali c’è la nostra rivendicazione forte perché si affermi la dignità del lavoro e la dignità dei lavoratori”. Bernardo Marasco, segretario generale della Camera del Lavoro Metropolitana di Firenze, è un fiume in piena. Lo raggiungiamo al telefono alle sette di sera, alla fine di una giornata terribile che resterà nella storia di questa città, che pure ne ha viste tante nel corso dei secoli. E fa male immaginare Firenze, tanta arte e tanta bellezza e tanta umanità e cultura, violentata da una pagina così brutta, da una strage sul lavoro sulla quale in tarda serata non si può avere un bilancio definitivo, visto che due operai sono ancora ufficialmente dispersi”.
Impossibile ricostruire a poche ore dalla catastrofe la catena delle cause che hanno materialmente portato al crollo della struttura, ma la presenza di trenta ditte in subappalto ci dice sicuramente qualcosa di come venisse gestito il cantiere.
“Ovviamente non possiamo adesso fare ipotesi e dobbiamo capire l’esatta dinamica di questo dramma. Quello che colpisce però è che nei cantieri si possa vivere questa dimensione di incapacità di perimetrare cosa c’è dentro. È la logica dei subappalti successivi uno all’altro che produce questa condizione di indeterminatezza per cui oggi noi avevamo difficoltà a individuare il numero delle persone effettivamente e potenzialmente coinvolte e disperse. Perché nei cantieri noi non sappiamo chi e cosa ci sia dentro. Non entro nel merito di quale sia la ragione che ha portato materialmente a questo dramma. Se ci sia stato un cedimento strutturale, se ci siano stati errori nella progettazione, nella costruzione dei prefabbricati, responsabilità nella scelta dei materiali usati. Questo lo definiranno gli organismi competenti”.
“Quello che è ovvio è che, come in tutti i cantieri, anche stavolta ci troviamo nelle condizioni in cui, se non sappiamo nemmeno chi c’è sul cantiere, potete immaginare come sia possibile garantire la sicurezza. Quindi il tema del subappalto, al di là dello specifico di questa vicenda, si pone sempre perché dove hai spacchettato il lavoro, dove hai disconnesso il lavoro, dove hai disarticolato il lavoro, ovviamente il lavoro paga il pegno della sua dequalificazione e lo paga drammaticamente, a volte con la vita”.
C’è stata la reazione di cordoglio e rabbia. Immediata. Ma da domani come riparte il sindacato? Che armi ha?
“La prima battaglia resta sempre culturale. Rilanciare il tema della sicurezza vuol dire intanto affermare che non può essere il principio del profitto quello che regola i luoghi di lavoro. Perché devono essere il lavoro e la dignità del lavoro a governare i luoghi del lavoro. Poi ci sono delle battaglie specifiche, sia a livello territoriale che generale. Rilanciare il tema del subappalto a cascata, come ha fatto Landini, è un elemento decisivo. E poi, per quanto riguarda il livello territoriale, noi abbiamo la possibilità, attraverso i software, di introdurre la timbratura nei cantieri, così da poterli perimetrare e sapere in ogni momento chi ci sia dentro. Questo potrebbe rappresentare una garanzia di sicurezza. Il sindacato deve fare sia le cose grandi di politica e cultura del lavoro che quelle concrete, sul territorio, sulle quali battere, battere, battere e provare a portare a casa risultati”.