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Puntata n. 10 - Più la crisi morde e più si tenta di farla pagare a lavoratori e pensionati, usati come bancomat. La Cgil non ci sta. Per questo, dall’inizio della settimana, ha indetto scioperi generali, regione per regione, insieme alla Uil, per protestare contro la finanziaria, nel metodo e nel merito
Manovra sbagliata
Manovra a rovescio. Più la crisi morde e più si tenta di farla pagare a lavoratori e pensionati, usati come bancomat. La Cgil non ci sta. Per questo, dall’inizio della settimana, ha indetto scioperi generali, regione per regione, insieme alla Uil, per protestare contro la finanziaria, nel metodo e nel merito. Lo ha detto Landini dal palco di Perugia e poi da quello di Bari: “il governo ci deve chiamare prima di prendere le decisioni”, non informare i sindacati a cose fatte. Dallo schiaffo della reintroduzione dei voucher, aboliti proprio grazie a una battaglia della Cgil di pochi anni fa, alla follia dell’eliminazione del reddito di cittadinanza in questi tempi difficili, la battaglia non si ferma qui. C’è un Paese sempre più povero e sempre più in crisi da tutelare.
Siamo alla mercificazione del lavoro
Così la Cgil giudica la reintroduzione dei voucher. Anziché contrattualizzare i lavoratori, si prospetta un ampliamento del ricorso al lavoro occasionale che penalizza le persone sia dal punto di vista previdenziale che da quello dei diritti. Proprio nel pieno di una crisi sociale nella quale ci sarebbe bisogno di rilanciare e affermare la dignità del lavoro, il lavoro buono come strumento di crescita economica.
Una fogna a cielo aperto
Appare questo, dalle prime ricostruzioni, tutto il marcio che esce fuori dal cosiddetto Qatargate. Un sistema di corruzione messo in piedi dallo stato del Golfo che ha distribuito mazzette e regali per ottenere un trattamento di favore dal Parlamento europeo. Per i protagonisti della vicenda, due in particolare, Antonio Panzeri, ex europarlamentare del Pd che nel 2019 ha fondato la ong Fight Impunity, ed Eva Kaili, socialista greca vicepresidente dell'Europarlamento ora destituita, l’inchiesta parla di un milione e mezzo di euro in banconote, sacchi di soldi sparsi nelle loro abitazioni. Cadute le accuse nei confronti di Luca Visentini, segretario generale del sindacato mondiale appena eletto, inizialmente coinvolto e interrogato. Il sassolino del direttore di Collettiva, Stefano Milani.
La primavera qatariota è esplosa all’improvviso, in pieno inverno europeo. Fuori dal condizionato microclima degli stadi di Doha, ma dentro i burocrati palazzi di Bruxelles. Dove al posto delle rose sono sbocciate banconote, affastellate in sacchi e valige.
Mazzette al posto del silenzio o del più becero servilismo. Nulla di nuovo sotto al sole rarefatto di questi mondiali di plastica. È il prezzo da pagare per soddisfare le voglie dello sceicco viziato che baratta gli occhi chiusi sui diritti con i passaggi no look di Messi. Oggi tutti bravi a sentenziare che per far rotolare quel pallone insanguinato è servito l’aiutino, ma ieri nessuno a chiedere l’aiuto vero, quello del Var. Altrimenti l’unica decisione sarebbe stata sospendere la partita per impraticabilità di etica.
Ed è lacerante scoprire che chi si è macchiato di crimini così abominevoli, abbia avuto un passato di lotta contro le ingiustizie. È un attimo partire dal rinascimento arabo e ritrovarsi nel bel mezzo del medioevo europeo.
Così può finire la vita di un corriere di Amazon
Franco D’Alessandro aveva 41 anni, era di Pescara. Per arrivare alla fine del mese faceva il rider. In inglese significa letteralmente corridore. Perché Franco, come migliaia di altri italiani, per lavoro correva. Sul furgone, per le scale, per la strada, trafelato, dietro agli algo-ritmi, per consegnare pacchi nel tempo prestabilito, per non dover rinunciare a qualche euro fondamentale per il bilancio di fine mese. E quando il veicolo si è fermato in località San Donato a Ortona, provincia di Chieti, ha provato a farlo ripartire per non perdere tempo. Si è messo a correre spingendolo con tutte le forze che aveva. Fino a sentirsi male. È riuscito pure a chiamare i soccorsi. Così sulla sua storia non ci sono dubbi. È morto per la fretta di rimettere in moto il furgone. Per il tentativo di non fermarsi. L’ambulanza non è arrivata in tempo. Franco è deceduto mentre cercava di sbloccare le ruote rimaste impantanate nel fango. Così può finire la vita di un corriere di Amazon.