“Non dobbiamo mai dimenticare che la tragedia di Marcinelle aveva le sue radici nello sfruttamento, nell'avidità, nell'ingiustizia, nel trattamento disumano di lavoratori e migranti”. Così Esther Lynch, segretaria generale della Ces,  nel suo intervento a Marcinelle nel corso della commemorazione che ha ricordato i 262 lavoratori che persero la vita l'8 agosto 1956.

"Lavoratori provenienti da 12 paesi diversi, 136 - più della metà - dall'Italia. Anche nelle tragedie, il lavoro è per sua natura internazionale”, ha ricordato la sindacalista.

Il lavoro come merce, allora come oggi, perché “ingiustizia e sfruttamento erano alla base dei trattati e degli accordi di quel periodo che davano più valore al carbone che alle persone, che davano più valore allo sviluppo economico e ai profitti che alla salute e alla sicurezza dei lavoratori”.

Come ha ricordato la leader della Ces, il protocollo italo-belga del 1946 impegnava il governo belga a vendere all'Italia un minimo di 2.500 tonnellate di carbone al mese ogni 1.000 minatori immigrati dall’Italia.

Nonostante la propaganda e le promesse, “per i lavoratori immigrati che arrivavano in Belgio e lavoravano nelle miniere la realtà era miseria e sfruttamento”. Visto che “lavoravano sei giorni alla settimana per più di otto ore al giorno senza le più elementari tutele per la salute e la sicurezza. Oltre ai frequenti incidenti sul lavoro, c'erano le terribili malattie professionali causate dalla polvere della miniera, la silicosi polmonare che ha ucciso tanti minatori.
Lo sfruttamento era aggravato dall'impossibilità per i lavoratori di cercare un impiego migliore, poiché il contratto li obbligava a lavorare almeno un anno nelle miniere, pena l'arresto”.

Finita la giornata nel cuore della terra, le cose non andavano meglio: “I minatori dovevano affrontare condizioni di vita terribili: alloggiati spesso in baracche o capannoni privi della maggior parte dei servizi di base. Trovare un alloggio in affitto era per loro quasi impossibile all'epoca. Sulle porte degli appartamenti in affitto si trovava spesso il messaggio: 'né animali né stranieri'”. Insomma, né più né meno che "schiavitù moderna".

"Oggi – ha detto Lynch – rendiamo anche omaggio ai coraggiosi sindacalisti che hanno lottato contro l’ingiustizia e ottenuto miglioramenti a livello nazionale ed europeo per la salute e la sicurezza sul posto di lavoro, per la tutela dei diritti e delle condizioni dei lavoratori e dei lavoratori migranti”.

Una battaglia che non è finita, per questo, ha sottolineato la leader sindacale, “oggi rinnoviamo il nostro impegno a continuare questa lotta, perché lavoratori e lavoratori migranti in Europa ancora soffrono sfruttamento e miseria, ancora sono discriminati e costretti a vivere in alloggi non dignitosi”.

Lynch ha ricordato ancora oggi “stragi sul lavoro causate dalla stessa etica dello sfruttamento, dalla stessa mancanza di rispetto per le norme di salute e sicurezza, da subappalti non regolamentati, dallo sfruttamento dei lavoratori migranti, dal lavoro nero”.

Per questo la Ces ribadisce “l’impegno a proteggere ciò che coloro che ci hanno preceduto hanno conquistato, a contrastare gli attacchi alle normative per la sicurezza e la salute sul posto di lavoro, a domandare maggiori tutele per garantire che tutti i lavoratori tornino a casa sani e salvi e che non vi siano più morti e infortuni sul lavoro”.

"La solidarietà tra lavoratori di paesi diversi, tra sindacati di paesi diversi, uniti in mobilitazioni e lotte comuni è il modo in cui, insieme, vinceremo”, ha concluso.