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I calcoli sono presto fatti: in tutta Italia sono 200 mila le pratiche di emersione e regolarizzazione dei migranti rimaste sospese. 200 mila persone che hanno fatto domanda e che almeno per ora non riceveranno alcuna risposta, né sì né no, né resti né vai. L’enorme scoglio sono gli uffici immigrazione delle prefetture e delle questure della Penisola, rimasti sguarniti di impiegati, 1.200 lavoratori assunti in somministrazione nel 2021 dalle agenzie Manpower e GiGroup che dopo tre proroghe e 21 mesi di attività sono stati lasciati a casa, gli ultimi il 31 dicembre scorso.
Personale precario chiamato ad analizzare e verificare altre vite precarie per dare loro un po’ di stabilità, sempre che ci siano gli estremi. Il destino di questi operatori considerati essenziali per i compiti che hanno svolto, le loro storie, le rivendicazioni sono al centro dell’iniziativa “Respinti” organizzata da Nidil Cgil, Felsa Cisl e Uiltemp oggi pomeriggio (24 gennaio) a Roma, durante la quale intervengono lavoratori, associazioni, società civile, migranti. Reclamano il servizio, che adesso è sospeso, chiedono il posto di lavoro, per ora non assegnato a nessuno, vogliono una risposta, che non viene fornita.
Sebbene i soldi per il rinnovo dei contratti siano stati stanziati in legge di Bilancio, sebbene le gare verranno fatte e i bandi pubblicati (quello per le questure è già operativo), non è detto che quei 1.200 lavoratori, le loro competenze, le loro conoscenze siano salvate. Anzi, è molto probabile che andranno sprecate.
Perché secondo la Corte Costituzionale non è possibile garantire la clausola sociale, o almeno questo sostiene il ministero dell’Interno: si tratta di quella particolare disciplina prevista dal codice degli appalti che comporta l’obbligo per l’impresa aggiudicataria, che subentra nell’esecuzione del servizio, di assicurare i livelli occupazionali tramite l’assunzione del personale già alle dipendenze nell’impresa uscente.
Senza clausola sociale, l’agenzia che vincerà il bando sarà libera di assumere altri lavoratori, personale che avrà bisogno di formazione, istruzioni, pratica ed esperienza, proprio quel bagaglio che i somministrati uscenti hanno già e che rischia di perdersi nell’assurdità di questi meccanismi.
Senza contare che qui il datore è il ministero dell’Interno, che non solo ammette il precariato e il turn-over dei lavoratori (scaduto uno, ne prendo un altro) ma alimenta i fenomeni. Come fanno le multinazionali senza scrupoli, i colossi orientati al business, con la differenza che in questo caso lo Stato non risparmia niente, perché abbiamo tutti da perdere: gli uffici pubblici che vedranno arrivare personale nuovo da formare, il servizio che tra non viene erogato in attesa della gara e dell’assegnazione, i migranti che rimangono senza risposta, i lavoratori che dopo due anni sono disoccupati e dovranno reinventarsi.