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Il fenomeno dello sfruttamento lavorativo non si limita alle piccole e medie imprese o alle regioni del Sud: è diffuso anche nel Nord Italia, in Veneto, dove coinvolge grandi aziende e multinazionali. Una piaga che “si manifesta con diverse gradazioni di gravità”, dal lavoro grigio ai part-time forzati, dai dumping contrattuali alle evasioni fiscali e contributive, fino alle violazioni delle norme di salute e sicurezza, al lavoro nero, allo sfruttamento e al caporalato, con situazioni di quasi schiavitù. Nella regione veneta i settori colpiti includono agricoltura, logistica, edilizia, manifatturiero e servizi, commercio, turismo.
Il rapporto annuale
Lo scenario viene disegnato dal rapporto annuale sullo sfruttamento lavorativo, curato per la Cgil Veneto da Ilario Simonaggio. Il testo raccoglie notizie dalle indagini della Guardia di Finanza, dell'Ispettorato del lavoro e da inchieste giornalistiche, confermate da rapporti ufficiali come il rapporto Placido Rizzotto e il report sui progetti anti-caporalato dell’Oim-Inl.
A commentare il rapporto è Silvana Fanelli, segretaria regionale Cgil Veneto: “Questi dati rendono evidente che in Veneto illegalità e caporalato stanno inquinando sempre di più alcuni settori e attivando fenomeni di dumping sociale e retributivo”.
Entrando nel particolare, i lavoratori sono sfruttati non solo sul lavoro, ma anche nella vita quotidiana: condizioni abitative degradate, mobilità limitata e difficoltà di accesso ai servizi. Spesso una retribuzione già bassa viene ulteriormente ridotta dall'obbligo di pagare alloggi fatiscenti e trasporti forniti dai caporali.
Caporalato e altre forme di illegalità
Il caporalato non è l'unica forma di illegalità: come spiega il rapporto, sono in crescita le imprese e le cooperative che aprono e chiudono rapidamente lasciando i lavoratori senza retribuzione né Tfr, con danni che ricadono sulla collettività. Allo stesso modo il sistema degli appalti e subappalti colpisce i lavoratori, compromettendo i loro diritti economici, normativi e di sicurezza. Una soluzione in realtà ci sarebbe: ai committenti va riconosciuta la responsabilità delle aziende subappaltatrici di cui si avvalgono.
A fronte di un piccolo risparmio immediato, infatti, c’è rischio di dover sopportare costi maggiori dovuti all’insolvenza nei confronti dei lavoratori, come dimostrano i casi – citati dalla Cgil Veneto – di inchieste che hanno coinvolti aziende della logistica (Brt, Dhl, Amazon) e della moda (Armani, Dior).
Il lavoro nero e l’evasione
Anche il lavoro nero risulta in aumento, con controlli che individuano contratti irregolari o inesistenti, privando le persone delle più elementari tutele. Tale contesto alimenta l'evasione fiscale e contributiva, con danni permanenti per i lavoratori e risorse sottratte allo stato sociale.
I numeri parlano chiaro: in Veneto il 76% delle 3.954 ispezioni dell'Ispettorato ha rilevato irregolarità, coinvolgendo 6.184 lavoratori. I dati mostrano che il settore con più lavoratori non regolari è quello dei servizi, mentre l'agricoltura ha il tasso di irregolarità più alto.
Migranti costretti ad accettare tutto
Spesso questi fenomeni riguardano lavoratori stranieri, costretti ad accettare qualsiasi condizione di lavoro a causa delle normative italiane. “L’obiettivo che vogliamo perseguire è cambiare il modello di sviluppo, per rimettere al centro il lavoro stabile, di qualità, sicuro, ben retribuito – conclude Silvana Fanelli -. Continuare a ritenere questi fenomeni ‘casi sporadici’ va nella direzione opposta rispetto a quello che serve per affrontare il nodo della legalità, della sicurezza, delle infiltrazioni criminali nel tessuto produttivo”.
L’unica strada per raggiungere risultati concreti, dunque, “è interpretare e far vivere una questione sociale del lavoro che va affrontata e risolta con estrema urgenza”.