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La vertenza del porto canale di Cagliari, e l’uscita di scena della Cagliari international container terminal (Cict), società del gruppo Contship, con il conseguente licenziamento dei 210 dipendenti, annunciato all'inizio di giugno e ratificato dall'assemblea dei soci a metà mese, approda a Roma. Se ne parlerà mercoledì 26 giugno al ministero dello Sviluppo economico: al tavolo, cui partecipa anche il dicastero dei Trasporti, non sono però stati invitati i sindacati Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti e Ugl Mare, che hanno indetto per la medesima giornata uno sciopero e un presidio dei lavoratori sotto la sede di via Molise.
La procedura di licenziamento collettivo “è una presa in giro per tutto il personale dipendente di Cict sempre richiamato al senso di responsabilità, mentre irresponsabilmente si è partorito il licenziamento di tutti”. Così il segretario nazionale della Filt Cgil Natale Colombo, che aggiunge: “A fronte delle interlocuzioni di questi ultimi giorni, è un risultato prodotto dal ministro dei Trasporti e dalle istituzioni, che non hanno coinvolto il sindacato, in totale dispregio dello stesso contratto nazionale e quindi della precisa volontà di superare i soggetti deputati a rappresentare i lavoratori”.
Il dirigente nazionale della Filt Cgil evidenzia che “dopo Gioia Tauro, Contship Italia abbandona anche Cagliari e nessun ministro interviene, nonostante le nostre grida di allarme lanciate già da un anno. Ancora una volta si dà uno schiaffo violento al lavoro e ai lavoratori dopo aver utilizzato fondi pubblici e incentivi a vario titolo”. Per l’esponente sindacale i dicasteri dei Trasporti e dello Sviluppo economico “non possono continuare a sfuggire alle proprie responsabilità, ed è su queste priorità che si misura la loro capacità di azione”. Alla base della decisione di Cict ci sarebbero non solo il calo del 90 per cento sul traffico registrato negli ultimi tre anni, ma anche le perdite economiche del bilancio 2018, che ammontano a oltre 3,3 milioni di euro. Il “rosso” ha inciso, secondo quanto spiega la società, in modo negativo anche sulla situazione patrimoniale, che ora si attesta a poco meno di 670 mila euro.
I 210 dipendenti, già posti in ferie forzate, sono quasi tutti operai specializzati e gruisti di banchina, con età compresa tra 35 e 55 anni. Natale Colombo ritiene “urgente una specifica sede di confronto che, al di fuori della procedura, analizzi nel merito le vere criticità di Cagliari che stanno soprattutto dentro la strategia del gruppo Contship per il nostro Paese, piuttosto che nell'esclusiva carenza infrastrutturale”. E conclude affermando che “il porto di Cagliari va calato all'interno di una progettualità del Paese per il sistema portuale nel suo insieme, affinché si possano governare sotto un'unica guida le singole specificità della portualità italiana”.
Giovedì 20 giugno, intanto, i sindacati territoriali hanno incontrato il presidente del Consiglio regionale della Sardegna e l'assessore regionale del Lavoro. In quell'occasione hanno lamentato “il ritardo con cui le istituzioni regionali sono intervenute, perché i primi segnali della crisi e del calo progressivo del traffico dei container si erano manifestati fin dal 2017”. Per Cgil, Cisl Uil e Ugl “il porto ha tutti i requisiti per tornare a essere competitivo, e per questo chiediamo due cose: che il governo nazionale se ne faccia carico al massimo livello e che la Regione attivi una ‘regia’ unitaria per mettere a disposizione dell'infrastruttura strumenti nuovi, come la Zona franca doganale e la Zona economica speciale, in grado attrarre nuovi imprenditori e nuovi investimenti”. I sindacati, infine, hanno ribadito di non volersi “accontentare di soluzioni difensive come quella del ricorso agli ammortizzatori sociali, che possono essere utili in una breve fase di transizione, ma poi devono essere superati dai progetti per il rilancio del porto”.