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Accordo nella notte sul salario minimo nella Ue. Il Consiglio europeo parla di una "intesa preliminare" fra i tre soggetti politici interessati, il cosiddetto “trilogo”: la Commissione, il Parlamento e, appunto, il Consiglio stesso. È stata infatti approvata la bozza di direttiva che stabilisce tetti minimi per le retribuzioni e crea forti incentivi allo sviluppo della contrattazione. “Abbiamo rispettato gli impegni", scrive su Twitter la presidente della Commissione europea Ursula Von Der Leyen: "Dobbiamo portare i salari dei 27 Paesi a un livello di adeguatezza e, nello stesso tempo, incentivare lo sviluppo della contrattazione, soprattutto laddove il grado di copertura è ancora troppo basso".
Nelle linee guida politiche, continua Von Der Leyen, avevamo "promesso una legge per assicurare il salario minimo nell'Unione. Con l'accordo politico sulle nostre proposte abbiamo rispettato le promesse”. La presidente rimarca che "le nuove regole proteggeranno la dignità del lavoro e faranno in modo che il lavoro sia pagato. Pur rispettando la diversità dei modelli nazionali, questo testo promuove l'adeguatezza dei salari minimi nella Ue, anche attraverso lo sviluppo della contrattazione collettiva. Un passo importante verso un'Europa più sociale".
La Confederazione dei sindacati europei (Ces) ha fatto circolare un primo giudizio sostanzialmente positivo dell’intesa raggiunta a livello politico. Alle ore 12 ci sarà una riunione dei rappresentanti di tutti i sindacati dei Paesi coinvolti. Avremo in giornata, quindi, il commento politico finale.
Per la Cgil – come spiegato nell'intervista al Corriere della Sera dalla segretaria confederale Cgil Francesca Re David – si tratta di un passo importante. In ogni caso per la Confederazione è necessario fare presto perché, come ribadisce il segretario generale Maurizio Landini, la "situazione si è fatta ormai esplosiva". I salari bassi, il lavoro povero e la precarietà rischiano di essere una miscela sociale sempre più drammatica. Il segretario ne aveva già parlato domenica 5 giugno durante la trasmissione Mezz’ora in più condotta da Lucia Annunziata e lo ha ribadito da Torino: oltre alla necessità d'introdurre il salario minimo e sviluppare e allargare la contrattazione, Landini chiede di "di ridurre le tasse ai lavoratori e ai pensionati, non alle imprese. I soldi pubblici devono andare da una parte sola, a quelli che finora le tasse le hanno sempre pagate".
Il segretario Landini rileva che "i salari nel nostro Paese sono bassissimi: dobbiamo garantire che ci siano diritti comuni e che le persone che lavorano non vengano messe in competizione tra loro. C'è un livello di precarietà nel lavoro e nella vita che non c'è mai stato, una situazione d'incertezza, d'insicurezza. In questi anni sono stati tagliati anche i soldi pubblici per garantire servizi sociali, dal diritto alla salute alla scuola, all'integrazione".
Sul salario minimo anche l’Italia deve dunque stare a sentire l’Europa: "Non si può ascoltare solo quando ci dice di tagliare le pensioni o cancellare I' articolo 18 o tagliare la spesa sociale. Se finalmente tutta I'Europa si rende conto che salari bassi e lavoratori precari senza diritti mettono in discussione la tenuta sociale, allora bisogna ascoltarla. La questione va affrontata in modo intelligente: dal salario minimo si può arrivare in Italia a una legge sulla rappresentanza che consenta ai lavoratori di eleggere i loro delegati e di votare sugli accordi che li riguardino".
La direttiva non ha carattere impositivo, ma ha una grande rilevanza dal punto di vista dello stimolo a garantire retribuzioni decenti e, soprattutto, a sviluppare la contrattazione anche nei Paesi in cui il grado di copertura dei contratti è ancora troppo basso. La novità del testo che sta per essere varato definitivamente dall’Europa sta proprio nel riconoscimento della centralità della contrattazione e del ruolo delle organizzazioni sindacali, che devono essere riconosciute ed essere rappresentative dei lavoratori. Sul testo della direttiva Ue si sono fatti vari interventi e il sindacato europeo ha chiesto anche alcune modifiche. I sindacati hanno chiesto, ad esempio, l’abrogazione dell’articolo 6 sulle detrazioni fiscali e in generale sulle misure che riguardano il fisco. Per la Ces la versione iniziale della Direttiva rischiava di essere ambigua e controproducente.